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Relazione Honsell su DDL 148 “Famiglia, giovani e pari opportunità”

Questo disegno di legge presenta alcuni aspetti di pregio, dalla struttura redazionale alle risorse economiche che permette di attivare, ma è gravato da alcune pastoie ideologiche che purtroppo gli impediscono di diventare il Testo Unico regionale delle politiche a favore dei minori e dei giovani, nel quale tutte le forze politiche possano riconoscere quello strumento di emancipazione etico-sociale di cui la nostra comunità avrebbe profondo bisogno.

Nel corso delle preziose audizioni delle associazioni sindacali, della Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI, e dell’ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, vi sono state numerose sollecitazioni a rimuovere tali gravami. Molte di queste sono state riportate anche nelle osservazioni scritte pervenute ai membri della VI Commissione, che raccomanderei a tutti di leggere, e meritano una rispettosa considerazione in sede di approvazione dell’articolato. Alcune osservazioni potrebbero essere scambiate per meri ritocchi linguistici, quali l’uso di plurali: famiglie, uomini, donne, povertà educative, oppure l’enfasi sull’utilizzo della genitorialità in luogo di paternità e maternità, e soprattutto la proposta di utilizzare espressioni quali un più ampio contrasto alle discriminazioni per sesso e identità di genere in luogo della, linguisticamente più limitativa, parità tra uomo e donna.

In realtà queste osservazioni non sono mere riformulazioni lessicali. Qualora accolte offrirebbero l’opportunità di conferire alla legislazione regionale un respiro più ampio, dato dall’esplicitare la consapevolezza della pluralità di modalità nelle quali, sia il minore che i suoi genitori, possono sviluppare ed esprimere la pienezza della propria personalità, nel senso dell’Art. 3 della Costituzione. Questa consapevolezza, senza pregiudizi, è una delle cifre della Contemporaneità e si è venuta delineando negli ultimi decenni attraverso processi spesso molto dolorosi e difficili di emancipazione, di promozione dell’inclusione, di contrasto alle discriminazioni e di tutela delle diversità. Sono conquiste ottenute a seguito di battaglie di civiltà, non ancora pienamente affermate. Si pensi alla legge contro l’omotransfobia che la legislazione UE chiede che l’Italia recepisca già da un decennio.  Accogliere questo spirito non sarebbe un aspetto secondario per questa Amministrazione Regionale che si caratterizzò con una svolta oscurantista appena insediata, decretando come proprio primo atto amministrativo, nel maggio del 2018, l’uscita della Regione dalla Rete Re.a.dy- la Rete nazionale delle Regioni, Province Autonome ed Enti Locali impegnati per prevenire, contrastare e superare le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, anche in chiave intersezionale con gli altri fattori di discriminazione.

Il senso della presente relazione di minoranza, e quello di numerosi emendamenti che intendiamo proporre, è proprio quello di evidenziare e di indicare, in un contesto normativo, come la Regione possa assumere quel ruolo di advocacy del contrasto ad ogni emarginazione, a cui una comunità emancipata e non abbruttita da ideologie dovrebbe aspirare. Non ritrovando ancora nel testo questo spirito, come Open Sinistra FVG, in commissione non siamo stati favorevoli a molti articoli nell’auspicio però che queste istanze vengano riconosciute attraverso il dibattito in Consiglio.

Questa legge presenta essenzialmente due elementi di pregio. Il primo è quello di proporsi come Legge Quadro/Testo Unico e dunque non costringendo a quelle acrobazie e corto circuiti normativi fatte di rincorse a tappe lungo intarsi e rimandi legislativi per comprendere cosa davvero intenda l’estensore. Va dato atto all’Assessore dello sforzo stilistico compiuto, anche perché non è certo pratica molto frequentata dalla Giunta in questa legislatura.

Purtroppo il corposo Art.39 delle Abrogazioni non è stato sufficientemente analizzato e c’è il rischio concreto che siano state abrogate inconsapevolmente situazioni che, ancorché residuali in termini numerici, non diventano certamente poco importanti nei casi specifici, soprattutto quando trattasi di minori.

Il secondo aspetto positivo di questa legge è l’Art. 6 (Dote famiglia) che, aldilà di un sottotitolo a nostro avviso infelice perché rimanda ad un vocabolo che caratterizzò la mercificazione delle relazioni umani, istituzionalizza da parte della Regione la possibilità di garantire ai minori appartenenti a famiglie, ovvero nuclei familiari, disagiate e a rischio di povertà, l’opportunità di accedere a contesti educativi, ludici, ricreativi, musicali, culturali importanti per realizzare il loro progetto di vita.  L’assessore ha parlato di una potenziale platea di quasi 100,000 minori nella nostra regione alla cui crescita socio-culturale attribuirebbe quest’anno ben 23 milioni. Non vi è dubbio che ci troviamo di fronte ad una scelta tutt’altro che scontata e che va apprezzata. Ricordo che, in scala minore, progetti simili non sono nuovi da parte dei comuni. Il Comune di Udine quando ero Sindaco, all’indomani della crisi economica del 2008, allorquando le famiglie precipitate repentinamente nella povertà furono costrette a far interrompere qualsiasi attività sportiva dei figli perché impossibilitate a pagare le quote, varò il progetto, tutt’ora operativo a Udine, denominato FAR SPORT oltre la crisi. Sono a conoscenza di progetti analoghi a Grado e presso altri comuni.

Alle modalità di sostegno attraverso la carta e la dote famiglia (Artt.5-6) il DDL 148 ne aggiunge altre, alcune anche piuttosto sofisticate e interessanti come la previdenza complementare all’Art.8, nonché il sistema integrato dalla nascita a sei anni Art.7 e ulteriori misure fiscali. Nei capi successivi della norma vengono poi delineati vari servizi, molti dei quali già operativi sulla base di normative preesistenti, ma qui inquadrati nel conteso di un Testo Unico/Legge quadro. Molteplici e opportune sono infatti le misure e azioni definite a favore dei giovani e volte alle pari opportunità, all’educazione alla genitorialità, e al sostegno sociale e socio-sanitario d’intesa con i Comuni.

Discuto quindi ulteriori aspetti specifici che richiedono a nostro avviso un affinamento.

Il primo è quello che relativo al requisito di 24 mesi di residenza continuativa nella nostra regione per l’accesso alla Carta Famiglia e a tutte le altre misure ad essa legate. Questo criterio numericamente arbitrario e discriminante non può che avere un riflesso estremamente pesante sui minori che ne verrebbero colpiti e pertanto emarginati rispetto ai propri coetanei. Immaginate come debba sentirsi un minore che partecipi alle attività sportive, anche come occasione di inclusione sociale, quando viene discriminato già all’iscrizione perché i suoi genitori si sono trasferiti da poco in regione! Questo prerequisito penalizzerebbe anche simbolicamente una regione che è al crocevia delle principali culture europee e anche storicamente è stata regione di frontiera accogliente, e che per giunta soffre oggi di un fenomeno di denatalità.

Il secondo aspetto critico riguarda il concetto di famiglia. Questa legge si riferisce molto frequentemente a tale concetto senza definirlo, però. A ben vedere non ne ha mai veramente bisogno rivolgendosi di volta in volta a nuclei anagrafici, anche monoparentali, all’interno dei quali vivono uno o più minori, o giovani. La parola famiglia spesso appare come ingombrante affermazione ideologica e si sarebbe potuta espungere senza che tante norme mutassero di valenza. Proprio per questo riterremmo opportuno dare una definizione di famiglia nel senso inteso proprio da molti articoli del DDL 148, ovvero quello più ampio definito dal DPR 223/1989, come precisato anche dalla L. 76/2016, ovvero come famiglia anagrafica, ovvero come insieme di persone legate da vincoli di: matrimonio, unione civile, parentela, affinità, adozione, tutela o vincoli affettivi, o convivenza di fatto. L’aggiunta di questa definizione non altererebbe il senso di nessuna delle norme ma amplierebbe il respiro sociale del concetto di famiglia. Famiglia è quel contesto che giustamente permette ai minori, ai giovani, ai genitori e indistintamente a tutti i propri membri di ampliare le possibilità di sviluppo di un proprio adeguato progetto di vita.

Il terzo punto riguarda la valutazione, come andiamo ormai predicando ad ogni DDL. Anche in questo caso, poiché molte delle misure si inquadrano all’interno di un opportuno programma regionale triennale di politiche integrate della famiglia (Art.3), è importante non limitarsi a cesellare chi fa parte del Tavolo regionale per le politiche familiari (Art. 4) ed è chiamato a elaborare o convalidare tale programma. Forse, ancora più importante, è prevedere che siano valutati gli esiti di tale programma, secondo modalità evidence-based. Per questo motivo proponiamo che ci sia un momento di valutazione nella rielaborazione triennale del programma, nonché proponiamo che sia inclusa anche una clausola valutativa nel DDL 148.

Nel giugno del 2021 abbiamo presentato come Open Sinistra FVG il PDL 139 <<Provvedimenti per la promozione, la valorizzazione e lo sviluppo della produzione musicale nel Friuli Venezia Giulia>>. Riteniamo infatti che la musica e la produzione musicale siano un momento indispensabile nella vita dei cittadini e, come scriveva nel 2007 Il Ministero della Pubblica Istruzione relativamente alla musica nella scuola, “La musica è componente fondamentale dell’esperienza e intelligenza umana, offre uno spazio simbolico e relazionale indispensabile all’acquisizione di strumenti di conoscenza, cooperazione e socializzazione (…) allo sviluppo del senso di appartenenza di una comunità ma al tempo stesso all’interazione di culture diverse”. Non solamente la nostra regione ha una tradizione e una cultura musicale particolarmente ricca, ma la musica è linguaggio di emancipazione e la produzione musicale è opportunità imprenditoriale. Questa visione ci spinge ad enfatizzare in molti articoli accanto alle attività sportive anche quelle musicali, avanzando alcune proposte.

Un altro aspetto che riteniamo importante è includere nella presente legge l’impegno alla piena realizzazione nella nostra regione del traguardo 16.9 degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile 2030 dell’ONU, ovvero fornire l’identità giuridica per tutti, compresa la registrazione delle nascite. In Italia a seguito della L. 40/1998 come modificata dalla L. 94/2009 si prevede ancora che debba essere presentato il permesso di soggiorno alla richiesta di registrazione della nascita di un figlio, ancorché esista una circolare che ne dà un’interpretazione diversa. Questo Consiglio in data 01 ottobre 2019 approvò all’unanimità la mozione n. 92 “Sull’ottenimento del certificato di nascita per figli nati in Itala da persone non comunitarie irregolari” e nella successiva legge di stabilità la Giunta prese l’impegno con un ordine del giorno di “dare evidenza alla circolare interpretativa n. 19 del 2009 del Ministero dell’Interno al fine di assicurare un’integrale esistenza giuridica di ogni soggetto nato nel territorio”. Riteniamo pertanto qualificante per questo DDL/Testo Unico sui minori, riconoscere questo impegno alla luce del fatto che la nostra normativa nazionale è ancora gravata da questa aperta violazione della Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC) che l’Italia ha ratificato con Legge n. 176 del 27 maggio 1991.

Infine, proprio per la ricchezza e complessità delle misure regionali di sostegno introdotte dal presente DDL che si aggiungeranno a quelle comunali preesistenti e ad ulteriori e, per certi versi, analoghe misure nazionali, ma con valori e parametri diversi, si suggerisce di potenziare la rete di sportelli informativi e di counselling per le famiglie, in modo che tutti possano trarre il massimo beneficio da questo spettro di opportunità. Potrebbe addirittura contribuire a creare una giungla normativa, con effetti paradosso, se non sufficientemente sostenuto da una rete informativa e di assistenza. A nostro avviso è insufficiente delegare solamente agli assistenti sociali o ad alcuni sportelli dei centri per l’impego tali compiti, senza prevedere un coordinamento di tutti questi soggetti erogatori. Diversamente il sistema complessivo potrebbe non dare i frutti che tutti noi auspichiamo, c’è sempre un rischio che il sistema sia dispersivo. Ricordiamo la formula sometimes less is more dell’architetto Ludwig Mies van der Rohe.

Con gli obiettivi sopra elencati proporremo emendamenti e ordini del giorno nel rispetto del ruolo costruttivo di consiglieri di opposizione che abbiamo sempre interpretato. Auspichiamo che possano esserne accolti alcuni in modo da poter sostenere questa legge quadro con pieno convincimento.

Qui il testo del DDL fuoriuscito dalla Commissione 

Sulla discussione in CR della mozione censura nei confronti della condotta dell’Ass. Gibelli

“Oggi in Consiglio Regionale, per la prima volta nella storia di oltre 60 anni di questa Regione si è discussa una “mozione di censura” ai sensi dell’Art. 145 del Regolamento Regionale. Lo si è fatto nei confronti del comportamento tenuto dall’Assessore Gibelli quando ha discriminato la casa editrice Kappa Vu”: queste le dichiarazioni del primo firmatario della mozione Furio Honsell.
“L’importanza di questo atto sottoscritto da tutti i Consiglieri di opposizione è giustificata dalla gravità della discriminazione” continua il Consigliere di Open Sinistra FVG.
“Sulla base di valutazioni soggettive dell’Assessore Gibelli la casa editrice Kappa Vu non ha potuto esporre i propri libri, nello stand finanziato dalla Regione, al Salone del Libro di Torino. La Kappa Vu è un’eccellenza editoriale riconosciuta in Europa in svariati settori trai quali quello delle lingue minoritarie”.
“Purtroppo l’Assessore ha scelto di non partecipare al dibattito, nel corso del quale i consiglieri di maggioranza sono stati in difficoltà nel giustificare il comportamento dell’Assessore ma, in forza dei numeri hanno respinto la mozione”.
“Molti hanno però riconosciuto che il comportamento tenuto da Gibelli, anche durante l’interrogazione avvenuta la settimana scorsa, sia stato “ingenuo” o “uno scivolone”.
“L’auspicio comunque – conclude Honsell – è che non si ripetano situazioni incresciose come quelle avvenute nei confronti di una casa editrice che è un patrimonio della nostra Regione”.

Relazione Honsell DDL 144 di modifiche legge sui Parchi e aree naturali

Ecco un altro DDL che, sotto la veste apparentemente innocua di una legge di manutenzione, nasconde alcune pericolose insidie che voglio evidenziare con questa relazione di minoranza. Lo scopo di questo DDL, dichiarato quasi minimizzandone la portata, è l’intenzione di inserire all’interno delle disposizioni della pre-esistente L.R. 42/1996 le aree della rete ecologica europea Natura 2000, e semplificare la governance e le modalità operative degli attuali organi gestori di parchi, riserve e biotopi. Ricordo che fu la L.R. 7/2008 all’Art. 6 a recepire la direttiva europea 92/43/CEE realizzando la Rete Natura 2000, ma ancora nel NaDEFR 2021 si dichiarava “Sono avanzate sia le attività relative alla misura 7, sottomisura 7.1, sotto intervento 7.1.1. “Stesura e aggiornamento dei Piani di gestione dei Siti Natura 2000””, giocando sull’ambiguità della parola “avanzate”.

Nessuno di questi passaggi è però scontato! Non a caso il Comitato Tecnico Scientifico previsto dalla stessa L.R. 42/1996, nonché tutte le principali associazioni ambientaliste WWF, LIPU, LAV, LAC e in buona sostanza anche LegAmbiente, invitano il legislatore, nelle memorie che ci sono state inviate, a non affrettarsi a portare in approvazione questa norma ma a “continuare il processo di consultazione con tutti i portatori di interesse”, al fine di “varare una riforma condivisa, di più ampio respiro e con obiettivi chiari alla luce anche dell’emergenza climatica”. Non mettiamo certamente in discussione la buona fede di chi propone queste norma, e dicendo questo non vogliamo suonare come Antony, nel Julius Caesar di Shakespeare. “Here under leave of Brutus and the rest – For Brutus is an honourable man; So are they all, all honourable men – Come  I to speak in Caesar’s funeral.”, ma la complessità della tematica, lo scarso approfondimento di alcuni concetti e di alcuni passaggi manifestato nelle audizioni ed emerso nel dibattito, suggerirebbero maggiore prudenza. C’è il dubbio legittimo che queste norme possano avere impatti piuttosto negativi e certamente imprevedibili, dei quali nemmeno gli estensori della norma sono forse ancora consapevoli.

La formula stessa scelta dalla Giunta per questo DDL non è quella di una “legge quadro” come sarebbe stato necessario per un passaggio così importante in questo momento storico, ma quella della consueta “alluvione” di emendamenti ad una serie di norme pre-esisenti. Costringe chi la legge a una “caccia ai rimandi”, all’inseguimento di norme, per capire l’effetto che fa aldilà dell’intarsio normativo, rendendo il DDL 144 spesso opaco, se non addirittura confuso. Sconcerta davvero rilevare che tutti, ma proprio tutti, i sottotitoli degli articoli del DDL 144 non parlano mai del merito della norma, ma solo del riferimento normativo che vanno a modificare, quasi l’estensore volesse spendere poco nel mandare un telegramma o preferisse scrivere il suo algoritmo in linguaggio Assembler piuttosto che in un linguaggio ad alto livello, se si vuole usare una metafora informatica. Questo tipo di formulazioni generano colpevoli confusioni, come è puntualmente avvenuto in commissione, in coloro che pensano più alle conseguenze delle norme che alla loro collocazione nel corpus normativo. In verità, dovrebbero essere proibiti gli articoli che si limitano a sostituire delle parole di un altro articolo senza riportarlo in toto. Si ha quindi la sensazione che questo DDL sia stato preparato sotto questa forma, per fare più in fretta, forse per rispettare le previsioni di un qualche piano esecutivo di gestione per poter valorizzare la legge nei meccanismi di premialità del 2021.

In questo contesto procedo ad illustrare gli aspetti potenzialmente più critici lasciando alla presentazione degli emendamenti ulteriori osservazioni.

Già all’Art. 1 che modifica l’Art. 1 della L.R. 42/1996 si delinea il primo grave rischio. Si introduce <<l’uso sostenibile delle risorse naturali e del territorio per scopi ricreativi e turistici eco-compatibili>>. Ma non si chiarisce cosa si intenda con ciò. Un articolo recante le definizioni, come raccomanderebbe il principio della “better regulation” tanto presente sulla bocca di tanti in questo Consiglio, sarebbe stato qui indispensabile, anche alla luce delle recenti previsioni di strutture ricettive ecocompatibili in aree naturali, come adesso previsto dall’Art. 31 bis della L.R.21/2016 in quanto è stato modificato dalla L.R.6/2019.  C’è sempre un rischio che le note prodotte dalle canne d’organo urbanistiche e ambientali stonino!

L’Art. 5, che modifica l’Art. 6 della L.R. 42/1996 è esemplare nella difficoltà di coglierne l’impatto, anche per la sua curiosa formulazione che sostituisce la frase “costituisce variante” con “ha valore di variante” e che rimuove il riferimento politico al Presidente della Giunta, introducendo un parere vincolante di un “servizio competente”.

L’Art. 6, che modifica l’Art. 8 della L.R. 42/1996 vede poi la riduzione della componente scientifica nel CTS con una conseguente predominanza di dirigenti regionali. La complessità delle tematiche e la specializzazione ormai in tutti i settori, suggerirebbe l’opposto, ovvero l’aumento del numero di gli scienziati e tecnici. Troppo semplicistico e deresponsabilizzante ci sembra la previsione di chiamare di volta in volta esperti esterni. Inoltre si sarebbe dovuto rendere “vincolanti” oltreché “obbligatori” i pareri del CTS. Garantire un pluralismo di vedute è indispensabile quando si trattano sistemi complessi.

Riferendomi anche a quanto segnalato sopra, ma sempre in tema di deficit di collegialità e pluralismo nella gestione, sembra clamoroso l’Art. 18, che porta lo, straordinariamente espressivo, sottotitolo: “Inserimento dell’Art. 22 bis nella L.R.42/1996”. Ebbene riguarda i compiti della costituenda Giunta nell’amministrazione dei parchi. Penso sia pericoloso semplificare troppo la governance degli enti gestori dei parchi, delegando tante scelte ad un ristretto numero di soggetti (3). Con questo ed altri articoli si riduce infatti ulteriormente la rappresentanza dei portatori di interesse. Penso qui, soprattutto a quelle tante aree nella nostra regione, come il Carso, che presentano forme di “usi civici”, “vicinie”, “jus srenje”, “comunelle” ovvero forme di proprietà collettiva ai sensi della L. 168/2017 (Norme in materia di domini collettivi). Queste sono forme alternative alla proprietà privata o demanio pubblico, e introducono un concetto di proprietà collettiva i cui valori sono gli unici che possono combattere la cosiddetta “Tragedy of the Commons” (la tragedia dei beni comuni) che è la principale causa dell’emergenza climatica e ambientale che stiamo vivendo. Siamo riusciti, come Open Sinistra FVG in Commissione, a convincere l’Assessore a non abrogare l’Art. 55 e poi anche l’Art. 56 della L.R. 42/1996. Ritenevamo tali abrogazioni pericolose proprio a causa della ipersemplificazione unilaterale che avrebbero introdotto nella gestione di tali patrimoni ambientali. Trattate alla stregua delle altre aree Natura 2000, queste aree non avrebbero avuto nel loro sistema di gestione alcune rappresentanza dei legittimi proprietari dei domini collettivi. In questi contesti andrebbe garantita una governance diversa, plurale, che possa essere modello anche per altre aree che non possono vantare questa importante tradizione storica.

Sono molti gli articoli cosiddetti di semplificazione, ma dubito che gli ecosistemi complessi possano essere gestiti efficacemente cortocircuitando il momento dell’ascolto.

Come si è detto, l’incorporamento dei siti Natura 2000 ha lasciato molti vuoti amministrativi. Lo stesso CTS fa notare come il Piano di Conservazione e Sviluppo regionale potrebbe non essere coerente con le modalità di gestione delle aree Natura 2000. “I documenti e i piani di gestione delle nostre aree protette presentano un mosaico di situazioni critiche: chi deve prevalere? Secondo quali modalità?” scrivono. La gestione di aree costiere e lagunari, della foce dell’Isonzo, del Carso, di svariate aree montane interessate da attività militari, attività agricole impattanti, attività motoristiche di fatto illegali, sono tutte in qualche misura coinvolte in questi passaggi normativi, ma le conseguenze non sembrano essere state valutate appieno. “I comuni di piccola dimensione difficilmente hanno capacità amministrativa e di proposizione, competenza e capacità di filtro con i portatori di interesse,” dichiarano le associazioni e noi condividiamo la preoccupazione.

L’Art. 61, che modifica l’Art. 6 della 7/2008, introduce ulteriori previsioni stabilite con deliberazioni della Giunta Regionale nella gestione delle aree Natura 2000. Ci sarebbe davvero bisogno di una legge quadro, altrimenti diventa un rompicapo capire l’iter delle varie procedure. Ci si chiede se il rompicapo sia stato risolto da qualcuno?

Più esponenti delle associazioni audite sottolineano la necessità, alla luce dei rapidi mutamenti di ecosistemi a cui andremo tragicamente incontro (per l’ostinazione nel non limitare l’uso di combustibili fossili, anzi incentivandoli come sciaguratamente fa la nostra Regione), di non porre vincoli troppo rigidi sui perimetri delle aree Natura 2000. Inoltre se si intende davvero tutelare qualcosa non va solamente incrementata la connessione amministrativo-burocratica tra aree protette e aree Natura 2000. La connessione appropriata sarebbe quella ambientale che possa istituire dei corridoi ecologici a salvaguardia della biodiversità. “Non solo una rete di organi di gestione, ma una vera rete ecologica”.

Stupisce infine che in questa legge non si tratti mai delle tematiche ambientali che sono diventate così urgenti in questi ultimi anni. Non è mai nominata la Tempesta Vaia o l’emergenza bostrico. Entrambi sono dovuti al riscaldamento globale. Ma in questa norma non se ne parla. Questo è il difetto delle leggi di manutenzione: sono provvedimenti a traino di decisioni prese altrove e non ricomprendono proposte attente e rispettose delle specificità locali. La gestione del patrimonio ambientale deve essere fatta invece con un’attenzione particolare alle specificità e all’attualità. Tutto ciò è reso ancora più pericoloso dal fatto che in questa legge manchi un’azione di monitoraggio e di miglioramento continuo. Gli ecosistemi non sono rigidi ma sono processi che si evolvono. Stupisce infatti che nell’art. 3 del DDL 144, che porta l’eloquente sottotitolo (Modifiche all’art. 3 della L.R. 42/1996) sia abrogato proprio il comma 3 che prevede un monitoraggio evidence-based delle azioni di conservazione e sviluppo. Queste attività avrebbero dovuto essere incrementate e non cancellate. L’approccio sperimentale è essenziale nella gestione. Come già evidenziato, questo DDL anche in questo caso rivela una visione troppo rigida.

Infine ha destato molta delusione il voto contrario della maggioranza sull’introduzione dell’Art. 52 bis proposto dai Consiglieri Santoro e Moretti, che ho chiesto di sottoscrivere, che prevede l’istituzione della Riserva naturale della Val D’Arzino. Quell’emendamento non solamente risponderebbe ad una imponente raccolta di firme per la tutela di una delle ultime aree di mountain wilderness italiane, ma darebbe forti strumenti di gestione agli amministratori locali per valorizzare tale area in chiave turistica senza i rischi che possa venire surrettiziamente distrutta proprio dall’ambiguo concetto di turismo eco-compatibile della presente legge.

Come Open Sinistra FVG ci siamo astenuti in Commissione, apprezzando la disponibilità dell’Assessore al dialogo, come in relazione all’emendamento che ha permesso di conservare l’Art. 55 della L.R. 42/1996. Con spirito costruttivo proporremo emendamenti e ordini del giorno per esplicitare i quattro temi che questa legge sembra aver sottovalutato: complessità del mosaico territoriale della nostra regione, partecipazione di tutti i portatori di interesse, flessibilità nel gestire in modo dinamico il patrimonio ambientale attraverso monitoraggi, predisposizione di interventi per mitigare gli effetti del riscaldamento globale e della modifica del regime pluviometrico. Qualora non venissero recepiti questi punti, saremo costretti a non votare favorevolmente al presente DDL.

Qui il testo approvato della Commissione 

Sullo stop in Senato al DDL Zan

“Riteniamo molto grave che il Senato abbia votato l’arresto dell’iter del Ddl Zan contro l’omotransfobia. Non soltanto il nostro Paese non riuscirà ad approvare una norma di cui dispongono già molti paesi in Europa e che da anni l’UE chiede di varare. Ma il voto che congela la discussione per almeno sei mesi, che rischiano di diventare molto di più, dimostra che non c’è sensibilità in Italia, verso temi quali l’orientamento sessuale e l’identità di genere e l’indifferenza verso la sofferenza che l’odio nei confronti della diversità ha procurato in passato e quindi continuerà a procurare. È con grande dolore e non solamente delusione che protestiamo contro questa votazione”: così sostiene Furio Honsell di Open Sinistra FVG.