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Relazione di minoranza Honsell su DDL 173 “Interventi a favore persone con disabilità”

Gli articoli del Titolo I della presente legge, che riprendono quelli della Convenzione delle Nazioni Unite del 13/12/2006 sui diritti delle persone con disabilità, enunciano i principi etici di solidarietà, rispetto e non discriminazione più alti che l’Umanità abbia sinora saputo esprimere nei confronti delle persone più fragili. Sono quindi agli antipodi della narrazione di Plutarco sulla sorte, presso il Monte Taigeto, dei bambini spartani nati imperfetti, narrazione peraltro ormai ritenuta storicamente non attendibile ma ancora ben presente nell’immaginario collettivo. Il registro di queste enunciazioni è intenso e commovente. Purtroppo lo stigma nei confronti dell’assenza di piena funzionalità nelle persone è ancora presente nella nostra società. Basti considerare la ridenominazione del Ministero della Pubblica Istruzione voluta dal governo di destra profonda che si è insediato qualche giorno fa, il 21/10/2022, che così recita: “Ministero dell’istruzione e del merito”. Ovvero se non si viene giudicati meritevoli si è considerati un rifiuto per tale nuovo ministero. Non sarebbe stato meglio denominarlo “Ministero dell’istruzione e del contrasto alla povertà educativa” se si fosse voluto interpretare davvero lo spirito della convenzione dell’ONU?

Nel Titolo II del DDL 173, le spiritualmente nobilissime enunciazioni del Titolo vengono ulteriormente declinate, e con altrettanta ambizione etica, in varie aree di intervento: salute, abitare e vita indipendente, cultura sport e turismo, istruzione e formazione, lavoro, trasporti, accessibilità allo spazio aperto e costruito e barriere architettoniche, diritto all’informazione e alla comunicazione. Come non condividere pienamente uno solo di questi articoli, che sono soprattutto degli auspici alla luce della situazione attuale che, anche se presenta aree di eccellenza, è molto disomogenea? Noi di Open Sinistra FVG abbiamo sempre invocato una rivoluzione copernicana nel considerare la disabilità: è l’ambiente e il contesto quando sono mal strutturati o inospitali a renderci tutti disabili e non la persona con disabilità singola a essere disfunzionale nell’ambiente! Abbiamo sempre ritenuto che l’inclusione della diversità fosse un arricchimento per tutti, e non solo per i diversi, in quanto siamo tutti diversi per qualche diversità. Si pensi ad esempio alla figura emblematica di Wanda Díaz-Merced l’astronoma cieca che sta fornendo nuovi strumenti di sonificazione[1] dei dati, che supererà alcuni limiti della più comune visualizzazione, indicando come non esiste un unico modo di esplorare e comprendere la realtà intorno a noi. E ricordiamo che inclusione è cosa ben diversa da omologazione, perché l’esclusione o ancor peggio la selezione meritocratica, secondo un concetto astratto di merito, è il vero orrore di ogni fascismo.

Gli articoli di questo Titolo II, ancorché encomiabili, lasciano però insoddisfatti per il loro carattere poco operativo. Risultano troppo generici, cercano di blandire il bisogno di inclusione con mere parole e promesse, hanno un sapore anòdino. Una legge, ancorché una legge quadro e di principio come questa, non può limitarsi alle enunciazioni. Ecco degli esempi.

All’articolo 5 si dichiara che la Regione fornisce un’adeguata risposta ai bisogni di salute lungo tutto l’arco della vita … forse si dovrebbe dire quali siano i servizi e come vengono implementati in termini di risorse sia finanziarie che professionali. All’articolo 6, comma 2, si parla di criteri premianti nelle politiche dell’abitare e si promettono priorità di selezione su linee di finanziamento esistenti o di futura introduzione, forse sarebbe opportuno dire quali siano e per quale importo, e indicare chi siano gli attori dell’ultimo miglio responsabili dell’abitare inclusivo. Sono le ATER? Hanno molta strada da compiere però. All’articolo 8 la Regione in accordo con i Comuni e i soggetti coinvolti, promuove tramite appositi atti di intesa, il coordinamento tra le politiche relative all’istruzione, alla formazione e al lavoro … nulla viene detto su tempi, impegni, risorse, professionalità disponibili. Si sarebbe almeno potuto imporre un criterio stringente per l’accesso ai contributi Regionali da parte di scuole o enti privati. Nulla si dice all’articolo 9 su come potenziare le assunzioni di categorie protette, o quali azioni porre per contrastare lo stigma che spesso subiscono tali lavoratori. Anche qui si sarebbe dovuto indicare quali saranno i criteri da rispettare per accedere a qualsiasi forma di contributo da parte delle aziende, comprese quelle da loro coinvolte in subappalto. Ci si limita invece a parlare ancora di atti di intesa da elaborare in un tempo futuribile. L’articolo 11 sulle barriere architettoniche si limita a promettere l’emanazione di un regolamento. Ma non c’è già una norma la 13/1989 al riguardo? Encomiabile all’articolo 12 la volontà di abbattere le barriere di comunicazione e tecnologiche, ma come si intende operare concretamente? Forse la prima barriera comunicativa sarebbe riformulare l’articolo 12 stesso.

L’articolo 13 definisce il ruolo fondamentale di raccordo che dovrà svolgere la Consulta regionale delle associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Ovviamente anche qui tutto è condivisibile, ma l’esperienza insegna quanto importante sia l’individuazione di strumenti di partecipazione più capillari da parte dei portatori di interesse e delle loro famiglie, soprattutto quando i servizi per la disabilità sono gestiti attraverso strutture sanitarie, che soffrono di un cronico deficit di ascolto e sono soggette ad un’organizzazione gerarchica e dirigistica. Il ruolo anche terapeutico del dialogo, come previsto anche dalla Legge 2197/2017, è ben lontano dall’informare profondamente la prassi medica.

In conclusione il Titolo II è un documento certamente da apprezzare negli auspici, ma rischia di avere un carattere troppo speculativo, decisamente metafisico. E infatti, solamente nel Titolo III emerge la vera sostanza di questa norma. Dopo l’introduzione, piuttosto generica, nel suo Capo I, di un osservatorio (ma non era forse Riccardi l’Assessore a non volere gli osservatori? Sono lieto che abbia finalmente cambiato idea!) e la promessa che verrà redatto un piano regionale della disabilità, in un futuro lontano in quanto dovrà recepire anche i contributi dei progetti obiettivo previsti all’articolo 16, si arriva finalmente al Capo II, articolo 17, che è il vero cuore del DDL 173!

Ebbene, ci è stato detto in Commissione, che al fine di rispettare il DPCM 12/01/17, che impone l’omogeneità dei Livelli Essenziali di Assistenza sociosanitaria, già richiamato all’articolo 5, comma 2, si attribuisce in questo articolo a partire dal 01/01/2024 alle Aziende Sanitarie regionali la titolarità dei servizi e degli interventi relativi alle persone con disabilità! In sostanza si dà il via libera alla sanitarizzazione della disabilità! Ma come si trasformeranno le aziende sanitarie (alcune addirittura ospedaliero-universitarie) anche in aziende socio-sanitarie? In molte aree della nostra regione ciò sarà tutt’altro che scontato e certamente anche laddove esisteva già la delega, i nuovi meccanismi di finanziamento e di partecipazione, comporteranno un netto ridimensionamento della capacità di guida e di orientamento dei Comuni e l’intero sistema subirà un forte sconquasso. Che la cosa faccia tremare le vene e i polsi, se mi è concessa quest’endiadi dantesca, anche ad un Assessore così sicuro di sé è evidente. Viene infatti concesso un anno di sperimentazione, il 2023, nel quale non è chiarissimo che cosa dovrà avvenire anche perché essendo un anno elettorale, è prevedibile che l’azione amministrativa vera e propria non inizi tanto presto. E come purtroppo avviene tutte le volte che si traguarda l’obiettivo in un futuro abbastanza remoto, questa scelta permette a tutti di non prendersi impegni precisi e mette al riparo da ogni responsabilità se non sarà raggiunto quanto delineato. In verità, ci si chiede se ciò sarà davvero un male!

L’aspetto più critico di questa legge è che, pur essendo prevista la compartecipazione finanziaria dei Comuni, che è ribadita sin dall’inizio, all’articolo 5 comma 3, il loro ruolo sembra davvero indebolito, se non addirittura subordinato a quello dell’Azienda Sanitaria di riferimento. Fino ad oggi buona parte dei finanziamenti per i servizi e le prestazioni per la disabilità erano in mano ai Comuni, in quanto erano direttamente assegnati a loro, e quindi passavano attraverso il filtro delle deliberazioni comunali. Il DDL 173, invece, assicura ai Comuni solamente la pianificazione condivisa, ai sensi dell’articolo 22 comma 1. Come avevo già ribadito, esistono difficoltà strutturali nello stabilire un dialogo paritetico con una struttura così verticalizzata come un’Azienda Sanitaria. E queste, soprattutto negli ultimi anni nei quali hanno dimostrato più attenzione ai bilanci che alle liste di attesa, sembrano essere guidate da una fredda logica aziendalistica, che mal si concilia con la modalità operative di un Comune che è essenzialmente ente esponenziale di una comunità e della sua voce collettiva.

Nel dibattito in Commissione non sono rimasto assolutamente convinto che l’attribuzione della titolarità di servizi e interventi per la disabilità alle Aziende Sanitarie fosse l’unico modo di dare corso al DPCM del 2017. Cercheremo dunque, con degli emendamenti di irrobustire il ruolo dei Comuni nel raggiungere l’intesa con le Aziende Sanitarie.

La norma si chiude con ulteriori enunciazioni di principio assolutamente condivisibili, ancorché piuttosto general-generiche sui Sevizi di integrazione lavorativa, sulla collaborazione con il Terzo Settore e sul concetto di integrazione socio-sanitaria, limitandosi circa quest’ultima però a parlare solo di momenti di confronto e di coordinamento. Il DDL ribadisce infine il concetto di progetto di vita individuale e conferma lo strumento del budget di salute. Ancora una volta però l’altitudine dalla quale si contempla questo fèrvere di previste attività non permette allo stato attuale della norma di assicurarne l’efficacia.

Le norme finanziarie a volte, cozzano nella loro esattezza per il 2024 con la genericità degli articoli ai quali si riferiscono, come ad esempio all’articolo 10 e i relativi 475 milioni per i trasporti. Se ne può intuire l’origine, ma allora se ne deduce anche la scarsa ampiezza di orizzonte.

La clausola valutativa è posta all’articolo 27 per illudere o tranquillizzare i Consiglieri che ci sarà comunque un controllo da parte del Consiglio.

Dopo questa breve anatomia della norma si rileva con preoccupazione la pletora di atti di intesa, atti di indirizzo, accordi, regolamenti di attuazione, piani attuativi, piani di sviluppo strategico, piani regionali che dovranno discendere da questa norma e darle sostanza, oltre ai processi di condivisione e accordo, tutt’altro che scontati, che dovrebbero portare a tali atti. Se tutto deve ancora essere precisato a cosa serve questa norma? Solamente a dire a chi spetterà l’ultima parola?

In questo testo difficilmente non si trova una parola chiave che abbia illuminato il dibattito nazionale e internazionale più progressista in tema di disabilità, tanto questo DDL è a livello alto nei suoi princìpi. Al tempo stesso però è talmente concreto e brutale nell’attribuzione delle titolarità della gestione dei servizi e prestazioni per la disabilità alle Aziende Sanitarie, che siamo preoccupati che tali principi possano non essere realizzati. Dopo la riforma imperialista del 2019, le Aziende Sanitarie sono ancora boccheggianti nel cercare di definire e di porre in essere persino il loro piano aziendale ospedaliero, pertanto si dubita che possano davvero riuscire in questo demiurgico compito universale.

Questa legge è certamente un egregio esercizio di stile nella parte iniziale, e su tale parte esprimiamo parere favorevole. Ma nella seconda parte la genericità delle promesse ci spaventa. Preoccupa che il ruolo del privato sociale, e del terzo settore, che è così significativo per la sua capacità di sperimentazione, di innovazione e di prossimità – tutte  caratteristiche che hanno fatto di questa regione un punto di riferimento nazionale in tema di inclusione si pensi solo alla Comunità Piergiorgio o ad Infohandicap che comparivano esplicitamente nella Legge Regionale n. 41 del 1996 – sia  relegato solamente a qualche menzione nei tavoli di confronto e ad un generico articolo 20 nel quale si parla di futuribili “adeguate forme di regolazione dei rapporti”.

Preoccupa che gli strumenti di partecipazione non siano definiti e garantiti con maggiore precisione.  E infine preoccupa che l’intersettorialità di questa legge, che non riguarda solamente la sanità e il sociale ma anche la scuola, la formazione, il lavoro, la mobilità, l’abitare non preveda momenti di coordinamento inter-assessorile come momento di coordinamento. Né preveda che vengano assicurate risorse di personale adeguatamente formato, magari d’intesa con le università, attraverso nuovi corsi di laurea socio-sanitari, o altri corsi di formazione. L’inclusione, che è cosa ben diversa, è ben più etica e nobile dell’integrazione e dell’omologazione, si raggiunge solamente attraverso il rapporto umano. Si dubita che una delega ad una mastodontica azienda possa permettere di realizzare quel benessere relazionale che poi è l’unica vera declinazione del concetto di salute.

Per questi motivi, a seconda di come si svolgerà il dibattito in aula e verranno ripresi e valorizzati i contributi specifici che proporremo, ci riserviamo di esprimere parare favorevole alla presente legge come Open sinistra FVG.

[1] https://youtu.be/L04ZeJKG_Iw

Qui il testo del DDL 173 fuoriuscito dalla Commissione 

Un ricordo di Pierluigi Di Piazza

“La scomparsa di Pierluigi Di Piazza lascia un vuoto profondo. È stato un interprete straordinario dell’impegno a difesa dei diritti civili e umani.
È stato tra i primi a comprendere la tragedia delle migrazioni dal Sud del Mondo e a insegnare a tutti il dovere dell’accoglienza e di non voltarsi dall’altra parte. Ha fatto del Centro Balducci di Zugliano un modello universale di accoglienza, pur nelle eccezionali difficoltà economiche.
Ebbi il privilegio, quando ero Rettore nel 2006, di conferirgli con queste motivazioni la laurea Honoris Causa in Economia della Solidarietà.
A noi che rimaniamo il compito di far crescere il suo insegnamento”. Così si è espresso il consigliere regionale Furio Honsell di Open Sinistra Fvg.

Unanimità per nostra mozione su Istituzione psicologo delle cure primarie

“Oggi in Consiglio Regionale è stata approvata all’unanimità, la mozione a prima firma Honsell, Cosolini, presentata il 1 febbraio scorso, che, nel corso di queste ultime settimane, è stata emendata d’intesa con la Direzione Salute e il Vice Presidente Riccardi. La mozione riguarda l’impegno a istituire lo psicologo delle cure primarie e ambulatori psicologici presso tutte le “case di comunità ” previste dal PNRR”: Queste le dichiarazioni del Consigliere di Open Sinistra FVG Furio Honsell.

“È una mozione molto importante perché riconosce la gravità del disagio psicologico e mentale che caratterizza questa epoca, e pone le basi per un’assunzione di responsabilità forte del sistema pubblico nel dare risposte ai bisogni espressi e ad aiutare a far emergere quelli ancora inespressi. È prevista la costituzione di una cinquantina di case di comunità, quindi uno psicologo ogni 20.000-25000 cittadini.”

“La pandemia, la crisi ambientale, le disparità sempre maggiori nella nostra società – conclude Honsell – stanno incidendo negativamente presso tutte le fasce d’età. Ansia, depressione, disagio devono essere contrastate con competenze e attenzioni per garantire la salute mentale.”

Relazione Honsell su DDL 148 “Famiglia, giovani e pari opportunità”

Questo disegno di legge presenta alcuni aspetti di pregio, dalla struttura redazionale alle risorse economiche che permette di attivare, ma è gravato da alcune pastoie ideologiche che purtroppo gli impediscono di diventare il Testo Unico regionale delle politiche a favore dei minori e dei giovani, nel quale tutte le forze politiche possano riconoscere quello strumento di emancipazione etico-sociale di cui la nostra comunità avrebbe profondo bisogno.

Nel corso delle preziose audizioni delle associazioni sindacali, della Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI, e dell’ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, vi sono state numerose sollecitazioni a rimuovere tali gravami. Molte di queste sono state riportate anche nelle osservazioni scritte pervenute ai membri della VI Commissione, che raccomanderei a tutti di leggere, e meritano una rispettosa considerazione in sede di approvazione dell’articolato. Alcune osservazioni potrebbero essere scambiate per meri ritocchi linguistici, quali l’uso di plurali: famiglie, uomini, donne, povertà educative, oppure l’enfasi sull’utilizzo della genitorialità in luogo di paternità e maternità, e soprattutto la proposta di utilizzare espressioni quali un più ampio contrasto alle discriminazioni per sesso e identità di genere in luogo della, linguisticamente più limitativa, parità tra uomo e donna.

In realtà queste osservazioni non sono mere riformulazioni lessicali. Qualora accolte offrirebbero l’opportunità di conferire alla legislazione regionale un respiro più ampio, dato dall’esplicitare la consapevolezza della pluralità di modalità nelle quali, sia il minore che i suoi genitori, possono sviluppare ed esprimere la pienezza della propria personalità, nel senso dell’Art. 3 della Costituzione. Questa consapevolezza, senza pregiudizi, è una delle cifre della Contemporaneità e si è venuta delineando negli ultimi decenni attraverso processi spesso molto dolorosi e difficili di emancipazione, di promozione dell’inclusione, di contrasto alle discriminazioni e di tutela delle diversità. Sono conquiste ottenute a seguito di battaglie di civiltà, non ancora pienamente affermate. Si pensi alla legge contro l’omotransfobia che la legislazione UE chiede che l’Italia recepisca già da un decennio.  Accogliere questo spirito non sarebbe un aspetto secondario per questa Amministrazione Regionale che si caratterizzò con una svolta oscurantista appena insediata, decretando come proprio primo atto amministrativo, nel maggio del 2018, l’uscita della Regione dalla Rete Re.a.dy- la Rete nazionale delle Regioni, Province Autonome ed Enti Locali impegnati per prevenire, contrastare e superare le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, anche in chiave intersezionale con gli altri fattori di discriminazione.

Il senso della presente relazione di minoranza, e quello di numerosi emendamenti che intendiamo proporre, è proprio quello di evidenziare e di indicare, in un contesto normativo, come la Regione possa assumere quel ruolo di advocacy del contrasto ad ogni emarginazione, a cui una comunità emancipata e non abbruttita da ideologie dovrebbe aspirare. Non ritrovando ancora nel testo questo spirito, come Open Sinistra FVG, in commissione non siamo stati favorevoli a molti articoli nell’auspicio però che queste istanze vengano riconosciute attraverso il dibattito in Consiglio.

Questa legge presenta essenzialmente due elementi di pregio. Il primo è quello di proporsi come Legge Quadro/Testo Unico e dunque non costringendo a quelle acrobazie e corto circuiti normativi fatte di rincorse a tappe lungo intarsi e rimandi legislativi per comprendere cosa davvero intenda l’estensore. Va dato atto all’Assessore dello sforzo stilistico compiuto, anche perché non è certo pratica molto frequentata dalla Giunta in questa legislatura.

Purtroppo il corposo Art.39 delle Abrogazioni non è stato sufficientemente analizzato e c’è il rischio concreto che siano state abrogate inconsapevolmente situazioni che, ancorché residuali in termini numerici, non diventano certamente poco importanti nei casi specifici, soprattutto quando trattasi di minori.

Il secondo aspetto positivo di questa legge è l’Art. 6 (Dote famiglia) che, aldilà di un sottotitolo a nostro avviso infelice perché rimanda ad un vocabolo che caratterizzò la mercificazione delle relazioni umani, istituzionalizza da parte della Regione la possibilità di garantire ai minori appartenenti a famiglie, ovvero nuclei familiari, disagiate e a rischio di povertà, l’opportunità di accedere a contesti educativi, ludici, ricreativi, musicali, culturali importanti per realizzare il loro progetto di vita.  L’assessore ha parlato di una potenziale platea di quasi 100,000 minori nella nostra regione alla cui crescita socio-culturale attribuirebbe quest’anno ben 23 milioni. Non vi è dubbio che ci troviamo di fronte ad una scelta tutt’altro che scontata e che va apprezzata. Ricordo che, in scala minore, progetti simili non sono nuovi da parte dei comuni. Il Comune di Udine quando ero Sindaco, all’indomani della crisi economica del 2008, allorquando le famiglie precipitate repentinamente nella povertà furono costrette a far interrompere qualsiasi attività sportiva dei figli perché impossibilitate a pagare le quote, varò il progetto, tutt’ora operativo a Udine, denominato FAR SPORT oltre la crisi. Sono a conoscenza di progetti analoghi a Grado e presso altri comuni.

Alle modalità di sostegno attraverso la carta e la dote famiglia (Artt.5-6) il DDL 148 ne aggiunge altre, alcune anche piuttosto sofisticate e interessanti come la previdenza complementare all’Art.8, nonché il sistema integrato dalla nascita a sei anni Art.7 e ulteriori misure fiscali. Nei capi successivi della norma vengono poi delineati vari servizi, molti dei quali già operativi sulla base di normative preesistenti, ma qui inquadrati nel conteso di un Testo Unico/Legge quadro. Molteplici e opportune sono infatti le misure e azioni definite a favore dei giovani e volte alle pari opportunità, all’educazione alla genitorialità, e al sostegno sociale e socio-sanitario d’intesa con i Comuni.

Discuto quindi ulteriori aspetti specifici che richiedono a nostro avviso un affinamento.

Il primo è quello che relativo al requisito di 24 mesi di residenza continuativa nella nostra regione per l’accesso alla Carta Famiglia e a tutte le altre misure ad essa legate. Questo criterio numericamente arbitrario e discriminante non può che avere un riflesso estremamente pesante sui minori che ne verrebbero colpiti e pertanto emarginati rispetto ai propri coetanei. Immaginate come debba sentirsi un minore che partecipi alle attività sportive, anche come occasione di inclusione sociale, quando viene discriminato già all’iscrizione perché i suoi genitori si sono trasferiti da poco in regione! Questo prerequisito penalizzerebbe anche simbolicamente una regione che è al crocevia delle principali culture europee e anche storicamente è stata regione di frontiera accogliente, e che per giunta soffre oggi di un fenomeno di denatalità.

Il secondo aspetto critico riguarda il concetto di famiglia. Questa legge si riferisce molto frequentemente a tale concetto senza definirlo, però. A ben vedere non ne ha mai veramente bisogno rivolgendosi di volta in volta a nuclei anagrafici, anche monoparentali, all’interno dei quali vivono uno o più minori, o giovani. La parola famiglia spesso appare come ingombrante affermazione ideologica e si sarebbe potuta espungere senza che tante norme mutassero di valenza. Proprio per questo riterremmo opportuno dare una definizione di famiglia nel senso inteso proprio da molti articoli del DDL 148, ovvero quello più ampio definito dal DPR 223/1989, come precisato anche dalla L. 76/2016, ovvero come famiglia anagrafica, ovvero come insieme di persone legate da vincoli di: matrimonio, unione civile, parentela, affinità, adozione, tutela o vincoli affettivi, o convivenza di fatto. L’aggiunta di questa definizione non altererebbe il senso di nessuna delle norme ma amplierebbe il respiro sociale del concetto di famiglia. Famiglia è quel contesto che giustamente permette ai minori, ai giovani, ai genitori e indistintamente a tutti i propri membri di ampliare le possibilità di sviluppo di un proprio adeguato progetto di vita.

Il terzo punto riguarda la valutazione, come andiamo ormai predicando ad ogni DDL. Anche in questo caso, poiché molte delle misure si inquadrano all’interno di un opportuno programma regionale triennale di politiche integrate della famiglia (Art.3), è importante non limitarsi a cesellare chi fa parte del Tavolo regionale per le politiche familiari (Art. 4) ed è chiamato a elaborare o convalidare tale programma. Forse, ancora più importante, è prevedere che siano valutati gli esiti di tale programma, secondo modalità evidence-based. Per questo motivo proponiamo che ci sia un momento di valutazione nella rielaborazione triennale del programma, nonché proponiamo che sia inclusa anche una clausola valutativa nel DDL 148.

Nel giugno del 2021 abbiamo presentato come Open Sinistra FVG il PDL 139 <<Provvedimenti per la promozione, la valorizzazione e lo sviluppo della produzione musicale nel Friuli Venezia Giulia>>. Riteniamo infatti che la musica e la produzione musicale siano un momento indispensabile nella vita dei cittadini e, come scriveva nel 2007 Il Ministero della Pubblica Istruzione relativamente alla musica nella scuola, “La musica è componente fondamentale dell’esperienza e intelligenza umana, offre uno spazio simbolico e relazionale indispensabile all’acquisizione di strumenti di conoscenza, cooperazione e socializzazione (…) allo sviluppo del senso di appartenenza di una comunità ma al tempo stesso all’interazione di culture diverse”. Non solamente la nostra regione ha una tradizione e una cultura musicale particolarmente ricca, ma la musica è linguaggio di emancipazione e la produzione musicale è opportunità imprenditoriale. Questa visione ci spinge ad enfatizzare in molti articoli accanto alle attività sportive anche quelle musicali, avanzando alcune proposte.

Un altro aspetto che riteniamo importante è includere nella presente legge l’impegno alla piena realizzazione nella nostra regione del traguardo 16.9 degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile 2030 dell’ONU, ovvero fornire l’identità giuridica per tutti, compresa la registrazione delle nascite. In Italia a seguito della L. 40/1998 come modificata dalla L. 94/2009 si prevede ancora che debba essere presentato il permesso di soggiorno alla richiesta di registrazione della nascita di un figlio, ancorché esista una circolare che ne dà un’interpretazione diversa. Questo Consiglio in data 01 ottobre 2019 approvò all’unanimità la mozione n. 92 “Sull’ottenimento del certificato di nascita per figli nati in Itala da persone non comunitarie irregolari” e nella successiva legge di stabilità la Giunta prese l’impegno con un ordine del giorno di “dare evidenza alla circolare interpretativa n. 19 del 2009 del Ministero dell’Interno al fine di assicurare un’integrale esistenza giuridica di ogni soggetto nato nel territorio”. Riteniamo pertanto qualificante per questo DDL/Testo Unico sui minori, riconoscere questo impegno alla luce del fatto che la nostra normativa nazionale è ancora gravata da questa aperta violazione della Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC) che l’Italia ha ratificato con Legge n. 176 del 27 maggio 1991.

Infine, proprio per la ricchezza e complessità delle misure regionali di sostegno introdotte dal presente DDL che si aggiungeranno a quelle comunali preesistenti e ad ulteriori e, per certi versi, analoghe misure nazionali, ma con valori e parametri diversi, si suggerisce di potenziare la rete di sportelli informativi e di counselling per le famiglie, in modo che tutti possano trarre il massimo beneficio da questo spettro di opportunità. Potrebbe addirittura contribuire a creare una giungla normativa, con effetti paradosso, se non sufficientemente sostenuto da una rete informativa e di assistenza. A nostro avviso è insufficiente delegare solamente agli assistenti sociali o ad alcuni sportelli dei centri per l’impego tali compiti, senza prevedere un coordinamento di tutti questi soggetti erogatori. Diversamente il sistema complessivo potrebbe non dare i frutti che tutti noi auspichiamo, c’è sempre un rischio che il sistema sia dispersivo. Ricordiamo la formula sometimes less is more dell’architetto Ludwig Mies van der Rohe.

Con gli obiettivi sopra elencati proporremo emendamenti e ordini del giorno nel rispetto del ruolo costruttivo di consiglieri di opposizione che abbiamo sempre interpretato. Auspichiamo che possano esserne accolti alcuni in modo da poter sostenere questa legge quadro con pieno convincimento.

Qui il testo del DDL fuoriuscito dalla Commissione