Archivio dei tag FVG

Un mio breve commento sul DDL “Sviluppimpresa”

“La legge è sicuramente una legge importante ma si tratta di una pura legge di manutenzione: dalla relazione programmatica del Presidente Fedriga ad oggi sono sconosciuti gli obiettivi che si vogliono perseguire. La legge poi non prevede azioni integrate con altre direzioni. Manca quindi di una visione complessiva” afferma Honsell, consigliere regionale di Open-Sinistra FVG.

Prosegue Honsell: “Già negli strumenti forniti ai consiglieri si riscontra un cortocircuito: la legge va infatti a modificare delle misure in atto ma non ci sono indicatori per capire perché sono necessarie.

Certamente alcuni provvedimenti sono positivi ma si tratta di misure di dettaglio in confronto alle necessità del territorio, che ha dovuto affrontare negli ultimi anni importanti crisi aziendali mai risolte: in questo disegno di legge non si trova nemmeno un’idea su come poter risolvere le crisi in atto e prevenirne di nuove.

Il tema dell’internazionalizzazione profondamente correlato a quello delle crisi aziendali è affrontato superficialmente, non viene attuata alcuna misura affinché le aziende evitino di delocalizzare: c’è una mancanza di ragionamento su larga scala, manca un raccordo con la pianificazione europea, non vi è apertura verso il mondo dell’Università, anzi le Università non vengono minimamente prese in considerazione in questa legge.”

“Ritengo positivo che sia data importanza al tema dell’innovazione e della digitalizzazione: ma perché demandare a singoli intermediari tali azioni?

Il 5G non è preso in considerazione: la Regione dovrebbe invece adoperarsi per favorire il suo uso aziendale.

Molto “vecchia” e superficiale è la visione sull’economia circolare, la sostenibilità ambientale e l’efficientamento energetico nonché la decarbonizzazione.

Dare importanza ai giovani e alle imprese femminili è sicuramente una buona cosa ma allo stesso tempo non si può dimenticare che la nostra è una Regione dall’età media particolarmente alta. Dunque perché non basare lo sviluppo della nostra Regione anche sotto questo punto di vista, magari sviluppando una sperimentazione sulla silver economy?”

“Anche sui Cluster doveva essere svolto un ragionamento più puntuale e approfondito, procedendo con delle modifiche alla legge in modo da definirli meglio ed in modo più coerente.”

In conclusione Honsell: “Il peccato originale di questa legislatura è la poverissima relazione programma fatta dal Presidente Fedriga all’atto del suo insediamento. Deficit di idee non ancora colmato.”

Relazione minoranza su Ddl “Semplifica FVG 2020”

Non farò facili ironie su questa legge di “semplificazione” che prevedeva oltre 60 articoli fino a poche settimane fa e oggi ci viene presentata con solamente 9 articoli, vuoti peraltro, ma con lo stesso ambizioso titolo.

Non farò nemmeno ironie altrettanto ovvie, richiamando il ben noto e cinico detto gestionale “se vuoi insabbiare qualcosa, fai un comitato”, facendo notare che i primi 3 articoli istituiscono proprio un “comitato per la semplificazione”.

Non farò nemmeno sarcasmo sull’art. 4, l’articolo centrale di questa legge, che in due righe dice che si farà una legge annuale in tema di semplificazione, quando esiste già la legge di manutenzione e se non bastasse questa Giunta ci ha abituati a leggi omnibus bimestrali. Al riguardo mi chiedo solamente cosa sia previsto se tale articolo non venga rispettato.

Non farò infine ironie sull’articolo 8 che recita verbatim “…tali da garantire una celere ed immediata consultazione dello stesso, da parte degli utenti autorizzati”. Da un lato i portali dovrebbero già esserci, ma come fa un accesso ad essere “celere” senza essere “immediato”? Chi sono poi gli “utenti autorizzati”?

Mi pongo invece alcune domande e ne fornisco la triste e avvilente risposta.

Perché c’è stato bisogno di una legge di questo tipo, quando per esempio, esiste già una Commissione consiliare, il “Comitato per la legislazione, il controllo e la valutazione”, e tutto, ma proprio tutto ciò che prevede di vagamente concretabile, già si poteva fare senza una legge?

Perché non viene detto che cosa si intenda per “semplificazione” e quali metodologie si intendano applicare?

Si sarebbe potuto esplicitare o perlomeno chiarire la differenza tra “semplificazione” e “delegificazione”. Quest’ultima è stata paurosamente applicata nelle ultime leggi in materia sanitaria. Forse andrebbe disciplinata.

 Si sarebbe potuto definire una procedura per definire e introdurre “punti unici di accesso” ai servizi per cittadini e utenti, che tanto si lamentano nel dover duplicare i contatti con l’amministrazione per una stessa pratica.

Si sarebbe potuto fare un osservatorio per misurare quantitativamente alcuni indicatori che esplicitassero le ridondanze amministrative, i cortocircuiti, le circolarità. Ma questa legge non vuole o non sa misurare niente, sembra tutto scontato.

Infine si sarebbe potuto prendere un impegno forte per l’emanazione di “testi unici” in varie materie. La cattiva pratica legislativa degli ultimi anni che ha fatto largo uso della tecnica cosiddetta di intarsio normativo ha ormai reso quasi illeggibili i testi di legge, non essendo mai chiaro, soprattutto a causa dell’abbondanza di leggi omnibus, quale sia lo status di una normativa di settore.

Ma nulla di concreto è stato proposto. Come Open-Sinistra FVG presenteremo, con spirito collaborativo, alcuni emendamenti in aula in questo senso.

Quindi perché è stata fatta questa legge? La tragica e avvilente risposta sta tutta nel nome: “semplifica”. In una stagione come quella inaugurata da questa Giunta fatta di annunci, di dirette facebook, di tweet, di propaganda insistente ciò che conta è dire che si fa quello che chiedono i tanti cittadini soffocati da una burocrazia confusa. I cittadini chiedono semplificazione. Questa giunta potrà dire di avere addirittura fatto, ripeto FATTO, una legge sulla semplificazione. I tempi superficiali e ignoranti che viviamo quelli dei social media, dei titoli dei giornali, favoriscono l’amplificazione di messaggi brevi. Questa legge è emblematica della peggiore pratica di governo, quella che inganna i cittadini con le parole. In questa legge, cari Consiglieri, c’è solamente un titolo, il contenuto manca assolutamente. Ma non ha importanza, l’effetto mediatico verrà assicurato. Mi sembra già di sentirli i membri della giunta e i loro cortigiani riempirsi la bocca di semplificazione! Nessuno darà altre risposte, oltre alla mia, a queste mie domande. Forse nessuno nemmeno le farà.

Sarà quindi un trionfo, caro Presidente, con una sola parola Lei risolve uno dei mali atavici dell’amministrazione! Complimenti. Mi domando però fino a quando i cittadini non chiederanno conto delle sue parole e dei suoi tweet?

Qui il testo approvato in Commissione

Relazione minoranza strumenti stabilità

Premessa a questa relazione di minoranza è la relazione di minoranza al Documento di Economia e Finanza 2020 da me presentata. A tale DEFR è andato il mio voto negativo a nome di OPEN-Sinistra FVG.

La presente, articolata, collezione di strumenti di pianificazione economico-finanziaria regionale, infatti, soffre di tutti i difetti del DEFR 2020. In primo luogo si rileva l’assenza di una strategia organica degna di un traguardo temporale quale meriterebbe il 2020 e che solamente una leadership, ispirata al non lasciare nessuno indietro e alla tutela delle generazioni future, potrebbe fornire. Appare una scoraggiante mancanza di idee innovative concrete nei settori cruciali del lavoro e della formazione. Il rapporto con il territorio e i suoi enti esponenziali è improntato ad un approccio frammentario e frammentato a causa della polverizzazione provocata dalla visione della Legge 71/2019 relativa agli Enti Locali, costruita non sulla messa a fattore comune di progetti, ma all’insegna di un divide et impera territoriale. Permane una pluralità irritante di interventi ideologici in ultima analisi utili solamente a veicolare paura tra i cittadini e a venire citati per alimentare quella narrativa mediatica che si è dimostrata vincente in campagna elettorale (steward privati per la sicurezza urbana e sistemi di videosorveglianza). Insomma, per il prossimo triennio si pianifica un pericoloso business as usual, una colpevole ordinaria amministrazione, quando invece sia a livello globale che soprattutto regionale si stanno profilando criticità gravissime. A livello locale sono drammatici l’esodo di popolazione attiva e qualificata dal FVG, la perdita di competitività industriale a fronte di un numero sempre crescente di crisi industriali, lo sgretolamento di un ruolo internazionale della nostra regione che sembrava consolidato, un rischio idrogeologico sempre più reale e incombente, la debolezza dei sistemi infrastrutturali da quello telematico a quello ferroviario (non si pianificano né il FTTH in tutte le zone, né quel 5G fondamentale per l’industria 4.0, né reti di metropolitane leggere per la mobilità sostenibile), e permane un’arretratezza nel sistema energetico regionale privo di qualsiasi impegno sul phasing-out del carbone e di altri combustibili fossili pesantemente climalteranti, come il BTZ. Le criticità globali legate ai mutamenti climatici antropogenici obbligherebbero invece a sviluppare con coraggio e autonomia politiche di transizione energetica ambiziose.

Questa Regione, a causa di atteggiamenti politici molto discutibili, oggi non ha più un ruolo significativo a livello europeo in nessun settore, sebbene disponga di assets immateriali straordinari. Anche la sua reputazione nazionale ormai è miseramente ridotta a quella di flebile cassa di risonanza di certi slogan e di certe battaglie ideologiche leghiste, relegata ad un patetico ruolo di comparsa su un palcoscenico più grande di lei, come abbiamo visto in occasione della micro-manifestazione in occasione della discussione del DDL n. 70 sul MES. Ben altro era il ruolo del FVG durante la Presidenza Illy oppure quelle successive. Ciò che più turba è l’assenza di segnali politici che stimolino un risveglio, un Rinascimento del Friuli Venezia Giulia. Registriamo solamente segnali di regresso. Niente più manifestazioni quali Innovaction ma solamente kermesse enogastronomiche. Le piccole dimensioni del Friuli Venezia Giulia, compensate però da una diversità culturale e ambientale straordinaria, sono il nostro patrimonio di maggiore valore, e pretenderebbero invece, come ebbi modo di sottolineare esattamente un anno fa, che la guida politica del FVG si adoperasse perché questa regione diventi un laboratorio di politiche ambientali, di politiche di partecipazione, di politiche di multilevel governance, di politiche di salute-in-tutta-la-società, di prevenzione e resilienza. Si vorrebbe vedere, per così dire, uno slancio politico per guidarla a diventare una Regione del Sole, nel segno di Campanella, di una Nuova Atlantide nello spirito di Tommaso Moro. La chiusura culturale promossa da questa maggioranza invece, conduce all’isolamento, e il volare basso, radente, che interpreta, conduce solamente a replicare comportamenti stereotipati che ci porteranno come sleepwalkers, ovvero come sonnambuli, al precipizio.

Clamoroso è che l’unico luogo in tutta questa massa di strumenti di programmazione politico-finanziaria nel quale si faccia menzione degli epocali 17 obiettivi dello Sviluppo Sostenibile dell’ONU, sia all’Art. 2 del DDL 73 commi 3 e 4 sotto forma di un progetto di promozione turistico-artistica decentrata, dal titolo infelice ai limiti del grottesco “I favolosi ONU 17”. Signori qui non c’è da ammiccare a Kurosawa, il tempo per decidere di agire è scaduto!

E dire che la Regione gode di un periodo florido, di benessere finanziario, se paragoniamo la situazione delle entrate a quella di qualche anno fa. Certamente le cosiddette risorse manovrabili si aggirano ancora solamente intorno al 3-4%, ovvero qualche centinaia di milioni, essendo il bilancio piuttosto rigido, ma l’aumento del PIL regionale, il contributo della compartecipazione con lo Stato leggermente migliorato e le disponibilità ulteriori derivanti dalla chiusura di mutui che non sono stati rinnovati negli anni scorsi, permetterebbero di fare scelte innovative significative. Invece, solo per citare tre voci che reputo inaccettabili, ecco:

  1. parecchie decine di milioni investite in telecamere, e sistemi di video sorveglianza che finirebbero per coprire in modo voyeristico una pluralità di luoghi dagli asili-nido alle strutture per anziani,
  2. ecco milioni assegnati per le ronde urbane, concetto per il quale si preferisce usare l’ipocrita eufemismo anglofilo di steward (si veda il DDL n. 73 Art. 9), estese financo al Comune di Monfalcone,
  3. nonché il solito miope fiume di denaro (DDL n. 73 Art. 5) erogato per la “benzina agevolata”, il cui meccanismo di rendicontazione viene addirittura agevolato ulteriormente (comma 12). Quest’ultimo intervento rappresenta il più esecrabile contributo all’incentivazione dell’uso di combustibili fossili che si possa pianificare, e a livello di organismi internazionali appartiene a quel tipo di contributi che si raccomanda di abbandonare per primi.

Il complesso di strumenti pianificatori in discussione presenta poi dei gravi difetti che potrebbero apparire meramente metodologici, ma in realtà nascondono una grave abdicazione da parte dell’attuale Giunta di alcuni principi di leadership politica e quindi di responsabilità amministrativa.

Ne segnalo anche qui 3. Il primo riguarda l’inserimento nella collegata alla finanziaria, ovvero nel DDL n. 72 Art. 4 ai Commi 13-19, di una modifica alle procedure di VIA. Questo è l’ennesimo esempio della rinuncia di questa Giunta regionale a guidare concretamente i processi pianificatori, e quindi parallelamente, a esporsi nel promuovere autentiche consultazioni con il territorio. Nella legge sugli enti locali, in quella sulla sanità e oggi con questi articoli, la politica regionale mostra di non volersi assumere nessuna responsabilità amministrativa, delega invece questa ad altri soggetti, per lo più amministrativo-gestionali, per mettersi al riparo da scelte che possono essere scomode, ma che è suo preciso dovere guidare. Come più volte si è detto, questo comportamento non corrisponde allo spirito della Bassanini, perché qui oltre a non gestire l’esecutività, la giunta non predispone momenti qualificanti di indirizzo e soprattutto di controllo. La politica anche se non gestisce l’esecutività deve comunque assumere responsabilità nell’amministrazione. La politica a costo di svolgere alle volte controlli routinari, non deve mai abbandonare il timone. Un intervento normativo sulle procedure di VIA avrebbe dovuto essere condotto non, quasi di rapina, in una collegata alla finanziaria, ma attraverso una legge specifica, che permettesse di svolgere audizioni, approfondimenti, e favorisse un’elaborazione consiliare. Avrebbe dovuto andare nella direzione esattamente opposta a quella che viene sancita da questi commi. Già oggi la politica è esautorata dalla scelta dello screening,ovvero di quali progetti assoggettare al VIA e quali no. Semmai si sarebbe dovuto riassumere questa responsabilità e invece, nei commi (18 e 19), addirittura si dispone l’esclusione automatica di certe campagne di recupero rifiuti alla verifica di assoggettabilità a VIA. Sarebbe opportuno, invece, prevedere In tutti i casi un momento di controllo, o per lo meno di presa d’atto politico, nella gestione del territorio. Oggi anche l’ultimo baluardo, che era ormai ridotto all’approvazione del mero atto finale del procedimento, viene abbattuto e non vi è più nessuna assunzione di responsabilità politica. Certamente la trasparenza è data dalla pubblicità di tutte le fasi e alla possibilità di fare osservazioni, ma è davvero sufficiente mettere su un sito i documenti per assicurare la partecipazione e il controllo? Non era forse il caso di ridiscutere tutto il percorso della partecipazione pubblica, compresi eventuali automatismi? Comunque legiferare su questi temi in una legge collegata, dimostra non solamente che si ritiene secondario il tema del controllo ambientale e paesaggistico del territorio, ma si conculca pure quel momento legislativo solamente nel quale è possibile verificare una tantum se una nuova modalità non nasconda insidie.

Il secondo esempio riguarda il DDL n. 72 Art. 6 che sancisce di fatto la chiusura dell’ERPAC così come l’abbiamo conosciuto e apprezzato, trasferendone risorse e competenze anche alla rete MESS, che di fatto viene avviata con questa norma. Questo articolo fa il paio con quelli del medesimo articolo nel DDL 73 Commi 13-19, che di fatto rivoluzionano la gestione e le dinamiche degli Ecomusei. Quanto si è detto, relativamente ai commi che modificano le procedure di VIA, sull’inopportunità di emanare norme specifiche di settore in una legge finanziaria, potrebbe ripetersi qui. Questi commetti, di fatto eliminano surrettiziamente articoli molto significativi come l’Art. 4 della L.R. 10/2006 che istituiva e disciplinava il ruolo del comitato tecnico-scientifico. Ancora una volta si rinuncia ad un confronto in audizione con gli operatori e i portatori di interesse. Ovviamente gli attuali Ecomusei hanno espresso favore per tali norme, perché il bilancio è pingue e loro non sono finanziariamente penalizzati. Ma questo è fatto contingente. Non si può eliminare il momento del contraddittorio assorbendo tutto in un atto di Giunta.

La gestione del rapporto con gli Enti Locali brilla per estemporaneità, improvvisazione e assenza di strategia integrata. Ciò è gravissimo in questa epoca che necessiterebbe invece di visioni solidali e di sistema. Non ci sono in questi strumenti di pianificazione indirizzi agli enti locali verso l’innovazione e la sostenibilità. Miserrimo il contributo a favore dell’elaborazione del Piano Attuativo per l’Energia Sostenibile e il Clima, (PAESC) nel DDL n. 73, art. 4 comma 55, cap. 8429/S, meri 60 mila complessivi (20 mila per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022). Contrariamente a quanto era stato richiesto dal CAL, non si prevede di fare interventi che promuovano la cultura della pianificazione di area vasta e la Giunta si ostina nella posizione iconoclasta nei confronti delle UTI, non finanziando le Comunità di Comuni che ne sono la trasformazione, quasi a volerne scoraggiare la nascita e il proseguimento. Abbiamo fatto pericolosi passi indietro da quando si operava una concertazione multi-livello tra Regione ed aree vaste. Nel nome di una ben strana accezione di “libertà” si è preferito dare sfogo alle vocazioni più individualistiche dei Comuni, costringendoci ad assistere al penoso pellegrinaggio avvenuto nei giorni delle Commissioni, di Sindaci in attesa, afflosciati sui divanetti del primo piano di questo edificio, in attesa di venir ricevuti dal Principe e dalla sua corte, per conoscere l’entità dell’obolo graziosamente concesso. Quale differenza di clima rispetto ai tempi delle UTI, quando da pari a pari in un rapporto multilivello, si negoziava il futuro di sviluppo di aree vaste.

Sul piano delle attività produttive (DDL n. 72, art. 2 comma 8) si assiste ad un ulteriore intervento per puntellare il PISUS, ma questo faticoso trascinamento di progetti che ci ha già fatto perdere contributi europei e nazionali, non risolve quella che è la vera criticità della difficoltà di progettazione.  Mancano infatti interventi strategici volti a promuovere una cultura della progettualità e della pianificazione sia europea che nazionale.  Si sarebbe dovuto intervenire su questa mancanza di cultura del risultato, fornendo risorse in termini di competenze progettuali. Altrimenti, anche i pur lodevoli interventi dell’DDL n. 73, art. 5 comma 46 di attribuzione di risorse per la messa a norma di edifici pubblici e in particolare scolastici, rischiano di essere inutili. La cultura dei fondi di rotazione per la progettazione andrebbe promossa e andrebbe fornita assistenza ai Comuni, che dopo l’azzeramento delle UTI sono abbandonati a loro stessi, ciascuno solitario a confrontarsi con l’impossibilità di progettare per mancanza di adeguate risorse di personale.

Preoccupa inoltre un atteggiamento decisamente passivo da parte della Regione nel rapporto con RFI. La situazione è veramente molto critica per quanto concerne la mobilità ferroviaria. Binari andrebbero raddoppiati in tante tratte, frequenze andrebbero aumentate. Si riscontrano quotidianamente gravi difficoltà lungo le linee, ma purtroppo la Giunta non sembra occuparsene o non sembra capace di un’autorevole interlocuzione con RFI. C’è il rischio che si rimanga per tutto il prossimo decennio nell’attuale stato di arretratezza.

Concludo con una nota di apprezzamento e una raccomandazione. L’apprezzamento va al progetto di una Newco promossa da Friulia per il sostegno agli investimenti delle PMI, DDL n. 72 art. 1. Idea brillante ma ancora assolutamente embrionale. Vedremo se dalla crisalide emergerà una farfalla. La raccomandazione riguarda un sostegno equilibrato all’alta formazione e all’Università, dunque con modalità più strategiche di quelle espresse nell’infelice Tabella G relativa all’art. 7 del DDL n. 73.

Con il consueto spirito collaborativo OPEN-Sinistra FVG presenterà numerosi emendamenti, ma l’impressione negativa di una pianificazione colpevolmente ordinaria ci costringe a dare un parere negativo a tutti questi strumenti economici finanziari.

I testi fuoriusciti dalla Commissione preposta possono essere visualizzati qui.

Relazione minoranza su Nota Aggiornamento DEFR 2020

Il 2020 ha rappresentato sin dai primi anni duemila una data simbolica, a livello di organismi internazionali, alla quale fu traguardato il raggiungimento di numerosi obiettivi di sostenibilità e sviluppo. Ne ricordo uno soltanto, emblematico, relativo agli enti locali: lo European Covenant of Mayors for Energy and Climate Change 202020 (Patto dei Sindaci). Stabiliva di raggiungere entro il 2020 la riduzione del 20% delle emissioni di CO2 da fonti combustibili fossili, la riduzione del 20% del fabbisogno energetico mediante efficientamento e l’approvvigionamento di una quota del 20% di tale fabbisogno da fonti rinnovabili, rispetto alla baseline del 2006. Furono migliaia i Sindaci che firmarono tale patto. Lo firmai per Udine nel 2009, e con orgoglio posso dire che gli obiettivi del Piano Attuativo del Covenant furono la stella polare di molte azioni nel mio doppio mandato di sindaco. A titolo di cronaca gli obiettivi a Udine furono sostanzialmente raggiunti nel 2018.

E questo 2020 così significativo è infine arrivato. E quindi il documento programmatico per eccellenza, il Documento di Economia e Finanze Regionale 2020 avrebbe dovuto rifletterne il carattere simbolico, di spartiacque, proponendo un’analisi critica di quanto è avvenuto nei primi decenni di questo secolo, e impegnandosi con slancio sui nuovi obiettivi, sia a breve che a lungo termine, da raggiungere. Avrebbe dovuto per lo meno essere segnato dalla drammatica presa di coscienza che quella belle époque di liberismo e consumismo trionfanti, di quella “fine della storia” per dirla con le parole di Fukuyama, che aveva illuso con il crollo del muro di Berlino e lo scampato rischio atomico della guerra fredda, era definitivamente tramontata.

Il DEFR 2020 doveva incominciare a fare i conti con le nuove sfide della contemporaneità: i mutamenti climatici antropogenici, la globalizzazione, con l’inquietudine oggi emergente di un altro tipo di fine, non quella della storia questa volta, ma quella dell’era del sapiens, dell’antropocene. L’era di questa tragica specie che dopo aver innescato la VIa estinzione di massa incomincia a rendersi conto che la propria inevitabile estinzione avverrà per sua stessa mano.

Invece, questo DEFR 2020 è un documento che nello stile e nei contenuti è business as usual, come ormai viene definito l’atteggiamento da sonnambuli che caratterizza tante politiche di pianificazione contemporanee.

Questo non vuol dire che il testo non sia migliorato rispetto a quello dello scorso anno, che dava invece un’irritante impressione di essere un mero adempimento legislativo. In questo DEFR manca però l’anima e la strategia, manca una rotta, manca la cifra di una leadership politica responsabile. E la leadership, aldilà di scelte economico-finanziarie, è fondamentale perché le azioni delle Missioni descritte non rimangano mere sfilze di pixel neri, registrati in un file che si lascia troppo facilmente editare. Mancano in questo DEFR gli slanci ma non vi è traccia neppure di qualche indicatore di risultato o di impatto, e dei relativi obiettivi. Compaiono solamente indicatori finanziari di input. Manca soprattutto la pianificazione e la tempistica della strategia per realizzare quanto delineato. Non ci sono priorità e anche i progetti più ambiziosi sono espressi con piattezza burocratica. Forse si è superata la logica dell’adempimento, che caratterizzò l’anno passato, ma la logica del risultato deve ancora arrivare.

Soprattutto è assente qualsiasi correlazione tra le criticità emerse dall’analisi di contesto e le azioni proposte. In particolare non si fa menzione al raccordo delle Missioni con i 17 SDG, gli obiettivi dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, o con gli obiettivi strategici 2030 dell’UE.

In particolare colpisce la povertà di idee innovative concrete nei settori del lavoro e dello sviluppo economico, ovvero della Missione 14 Sviluppo economico e competitività e Missione 15 Politiche per il lavoro e la formazione professionale. Debolissime le azioni per promuovere l’innovazione e il trasferimento tecnologico che, grazie alla presenza di numerosi enti di ricerca nella nostra regione, dovrebbe fare del Friuli Venezia Giulia una Regione modello.

La Missione 17 Energia e diversificazione delle fonti energetiche è quella decisamente più carente e deludente se, anche solo per un attimo, ci si rendesse conto che l’anno di riferimento è il 2020. Non vi è nulla di propositivo che inneschi un’azione di sistema. Non ci sono programmi di phasing out di tecnologie fortemente climalteranti come l’uso di caldaie a gasolio o BTZ. Non si prevede di smettere i contributi per combustibili fossili, non si gettano le basi per lo sviluppo di una cultura di comunità di energia fatta di prosumers energetici.

Misera è l’ambizione della Missione 19 Relazioni Internazionali per una Regione che invece può acquistare significati solamente se valorizza la propria posizione di chiave di volta tra culture diverse. Le figure di spicco della Regione non sembrano avere ruoli internazionali di rilievo, come invece avveniva in passato, e neppure li cercano.

La Missione 13 Tutela della Salute fa ben poco per implementare una salute-in-tutte-le-politiche e una promozione della salute-in-tutta-la-società come raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Non si articola né la prevenzione primaria, né quella secondaria. Non si articolano programmi per la riduzione degli incidenti domestici, per la costruzione di ambienti sani e resilienti. A fronte di una popolazione la cui età media fortunatamente cresce non emerge un piano integrato per aumentare, aldilà della mera aspettativa di vita, l’aspettativa di vita sana.

L’analisi di contesto che precede la parte relativa alle Missioni risulta embrionale perché offre una mera descrizione in termini di valori assoluti o di medie, senza offrire serie storiche sufficientemente ampie, come il 2020 avrebbe invece richiesto, e non misura indici di concentrazione nella quantificazione delle caratteristiche e parametri riportati. La principale sfida da vincere nel prossimo decennio è quella della disparità. Ma l’eliminazione della disparità, ovvero di quelle disuguaglianze che sono da tutti percepite come ingiuste, non si realizza se non attraverso un processo attivo che faccia emergere tali ingiustizie sommerse. Ecco alcuni esempi. Il digital divide si sta chiudendo oppure stiamo lasciando qualcuno indietro, e i non-digitalizzati sono sempre più emarginati? Ci sono profonde disparità in salute in aree diverse delle nostre città, anche rispetto alla sola aspettativa di vita o l’indicatore DMFT (decayed missing filled teeth), che può essere utilizzato come variabile proxy delle disparità. In un contesto nel quale l’aspettativa di vita in media comunque è alta, se non addirittura crescente, siamo sicuri di riuscire ad individuarle? Oppure continuiamo a muoverci nel paradosso dei polli di Trilussa. Solamente con un’analisi in termini di indici di concentrazione, che permettano di cogliere se si sta raggiungendo l’egualitarismo, è possibile abbozzare risposte a queste importanti domande. Come Open Sinistra FVG ritengo dunque questo Documento di Economia e Finanza Regionale molto insoddisfacente. Pertanto, ancorché migliorato rispetto all’anno precedente, riceverà il mio voto contrario. 

Qui il testo del DEFR