La Legge n. 86 del 26 giugno 2024 dal titolo “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione è una legge pericolosa a causa del modo raffazzonato con cui affronta l’importante questione che a partire dall’articolo 5 dei principi fondamentali della Costituzione (“La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”) giunge sino alla riforma del 2001 relativa al Titolo V della stessa.
La norma proposta dal Governo di destra conduce alla violazione dei principi di uguaglianza e di solidarietà che sin dall’Illuminismo hanno contemperato il principio della libertà. Per una pluralità di materie e ambiti cruciali quali, solo per citare i prime quattro ovvero istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, e tutela e sicurezza sul lavoro, la norma prevede di definire degli standard minimi, detti Livelli Essenziali di Prestazioni (LEP), ma (A) ne delega al Governo la determinazione, (B) non definisce con chiarezza nessun meccanismo di ripartizione di qualsiasi tipo di risorsa per assicurarli e renderli esigibili su tutto il territorio nazionale (al di là di un confuso articolo 4, comma 1) e C) spalanca la porta alla possibilità che i livelli di prestazione effettivi possano essere molto diversi tra le regioni al di sopra di tale livello standard, là dove il gettito di uno o più tributi erariali maturati sul territorio regionale possano essere diversi (articolo 5, comma 2), in quanto le modalità di finanziamento saranno la compartecipazione a tale gettito.
Tutti e tre questi punti sono estremamente critici e forieri di conseguenze nefaste.
Delegare il Governo in materia di definizione dei LEP è giuridicamente inappropriato, perché non si tratta di una questione di carattere esecutivo, bensì prettamente normativo. Quale sarebbe, allora, il ruolo del Parlamento? Nell’articolo 3 è previsto un parere consultivo, facilmente superabile.
È evidente che sul territorio nazionale in numerosi ambiti e materie a cui fa riferimento la Legge 86/2024 ci sono attualmente profonde disuguaglianze. È sufficiente analizzare i dati di Eurostat rispetto ai cosiddetti NUTS-3 (territorial units for statistics) del Nord e quelli del Mezzogiorno. Non è dunque nemmeno pensabile il poter garantire in modo omogeneo e uguale LEP sul territorio nazionale a meno di abbassarli fino al punto che non si potrebbe che cristallizzare l’attuale situazione di disparità sul territorio nazionale.
Infine essendo le risorse finanziarie attribuite attraverso compartecipazione al gettito, addirittura eventualmente rivedibile, è evidente che alcune Regioni, ovvero i NUTS-1, sarebbero in partenza molto avvantaggiate a discapito di altre.
Parlare dunque di LEP in una Legge che non preveda esplicitamente di portare prima all’azzeramento delle disparità oggi presenti tra le regioni italiane e al loro interno, e che inevitabilmente porterà la cristallizzazione tali squilibri, è disgustosamente ipocrita o irrazionale. Lanciarsi dunque in questa impresa senza avere chiarito le premesse è assolutamente dilettantistico. Se davvero dovesse produrre effetti, la Legge 86/2024 non potrebbe che portare ad una concorrenza al ribasso tra le Regioni, che non avrebbero nessun interesse a irrobustire, ad esempio le tutele sul lavoro oltre il minimo necessario, in quanto diventerebbero meno appetibili alle logiche di profitto neo-liberiste che oggi informano il mercato delle multinazionali.
Inoltre, innumerevoli sono i punti critici e dubbi sulle nuove disparità che potrebbero ingenerarsi. Ad esempio rispetto alla tutela della salute, come si governerebbe l’attuale mobilità interregionale?
Alquanto bizzarro e totalmente inconsapevole è immaginare la tutela dell’ambiente a livello regionale. Le correnti atmosferiche che su tutto il pianeta si muovono da Ovest a Est sono i principali determinanti della qualità dell’aria nel Nord, ma nulla sapranno dei confini amministrativi regionali dopo l’entrata in vigore della Legge 86/2024. La qualità dell’aria nella pianura a sud delle Alpi si fa ‘un baffo a toritiglione’ del regionalismo ingenuo di questa legge ignorante.
Concepire un’istruzione con un orizzonte regionale come se ci fosse una ‘Scienza Lombarda’, o una ‘Scienza Irpina’, fa venire in mente quanto Orwell scrisse nei Ricordi della Guerra di Spagna, del 1943: la teoria nazista nega specificamente l’esistenza del concetto di ‘verità’. Per esempio esiste una ‘scienza tedesca’, una ’scienza ebraica’, ecc.
Cosa dire poi delle grandi infrastrutture che dovrebbero attraversare più di una regione e che dovrebbe dunque conformarsi a normative che inevitabilmente, con l’andar del tempo, si differenzieranno. Il riconoscimento che la diversificazione delle norme svantaggiasse lo sviluppo del Regno di Sardegna è quanto spinse Cavour, che certamente non era socialista ma nemmeno scioccamente populista, a cercare alleanze in Italia e in Europa per raggiungere al più presto l’unità d’Italia, che poté diventare una potenza economica di livello europeo solo a unificazione avvenuta. E fu proprio il non risolvere il problema dello squilibrio tra Nord e Sud a costituire il principale ostacolo al pieno sviluppo del nostro Paese, questione che non va imputata a Cavour in quanto morì pochi mesi dopo l’unità d’Italia.
La Legge 86/2024 aprirebbe una stagione molto infelice per il paese perché non porterebbe che all’acuirsi delle disparità. E ciò comporterebbe certamente danni ai più deboli, ma una minima conoscenza delle teorie sulle dinamiche socio-economiche, così come sono state dimostrate sperimentalmente da decenni dagli studiosi, porterebbe a sapere che ne uscirebbero svantaggiati anche i privilegiati. Non dimentichiamo che il mercato principale per il Nord è il Mezzogiorno. L’IVA-scambi-interni è una delle fonti principali della compartecipazione al gettito del Friuli Venezia Giulia, come si è visto nell’ultimo assestamento di bilancio.
Infine anche sul piano etico, questa norma è tutta improntata sul saccheggio del bene comune, nel nome di un regionalismo di scarso spessore. Il senso di una res-publica è che il gettito prodotto a livello locale non è delle Giunte regionali delle regioni dove è stato prodotto, ma è dei cittadini che fanno parte della res-publica nella sua globalità.
In conclusione la Legge 86/2024 è quanto di più sconclusionato e confuso si potesse proporre in materia di delega ed autonomia. È frutto di un regionalismo ingenuo e sciocco. È un incosciente slogan politico che non potrà che portare innumerevoli disagi ai cittadini di ogni ceto sociale e di ogni regione. Invertire in pochi anni un processo di quasi due secoli è un misto di ingenuità e pericolosa arroganza che va al di là dell’immaginazione. Non vi può essere che un’abrogazione totale della Legge 86/2024, per questo noi del Gruppo consiliare regionale Misto (composto dalle forze politiche Open Sinistra FVG, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra) l’abbiamo sottoscritta. Come si è detto l’articolo 5 della Costituzione già nei principi generali prevede l’autonomia degli enti locali, ma qui non si tratta più di autonomia bensì di irrazionale prepotenza.
La Regione FVG, regione piccola e ricca di diversità, è regione autonoma e speciale proprio perché fragile. Questo è sempre stato il senso delle specialità regionale in Italia, tutelare chi vive in contesti maggiormente problematici. L’autonomia differenziata è invece una forma di bullismo istituzionale, che va dunque in direzione opposta a quella che portò alla definizione dell’autonomia del Friuli Venezia Giulia.
Una di noi ha espresso voto favorevole ad una abrogazione parziale di questa legge, mentre gli altri due hanno espresso invece voto decisamente contrario. La campagna referendaria ispirata dal movimento della Strada Maestra che ha visto l’ANPI, i sindacati e tanti partiti e associazioni politiche impegnate nel raggiungimento di quasi un milione di firme questa estate, ha promosso solamente il referendum sull’abrogazione totale, ci ha visti tutti impegnati. A mio personale avviso questa norma è infatti inemendabile per sottrazione, anzi rischia di diventare un Cavallo di Troia qualora venisse approvata da un Referendum anche in forma ridotta. Nel corso del dibattito ciascuno al nostro interno avrà comunque modo di difendere la diversità della propria scelta. Piena condivisione invece c’è stata nel sostenere l’abrogazione totale di questa legge. Il regionalismo e la specialità sono una cosa molto seria che richiede ragionamento, analisi e programmazione molto dettagliati, caratteristiche queste di cui la Legge 86/2024 è priva.