Lo stato innovatore di Mariana Mazzucato (Laterza, 2017) è uno dei libri di economia più incisivi degli ultimi anni. Contrariamente a questo sostiene la cultura liberistica, gli investimenti pubblici sono stati sempre al centro dello sviluppo economico dei territori. Attraverso molti esempi storici, Mazzucato ci ricorda che è il pubblico che si fa carico del rischio d’investimento iniziale all’origine delle nuove tecnologie (anche della comunicazione digitale, la celebre banda larga), che finanzia la ricerca e che produce gli strumenti più rivoluzionari nell’ambito delle telecomunicazioni, delle nanotecnologie, della farmaceutica, della green economy e non solo.
Quello che abbiamo visto per troppo tempo è stato un sostanziale abbandono da parte dell’Europa del terreno dello sviluppo scientifico e tecnologico, rimanendo a guardare passivamente la creazione dei grandi monopoli (ad esempio digitali) oltre oceano, con un pugno di megaimprese americane e cinesi che oggi si contendono la supremazia. Se Stati Uniti e Cina fanno grandi investimenti in termini di innovazione e tecnologia, l’Unione Europea deve recuperare il terreno perduto. Nella società della conoscenza, infatti, il motore dello sviluppo sta nell’innovazione e nella ricerca, in rapporto con le imprese.
Se verrò eletto Parlamentare europeo mi adopererò affinché l’UE metta in campo una reale politica industriale che, anche attraverso fondi decentralizzati, sostenga ampiamente lo sviluppo di nuovi prodotti fino alla commercializzazione, valorizzando il nostro tessuto produttivo, composto soprattutto da piccole e medie imprese. In questo modo si potranno creare nuove occasioni di lavoro, anche per i giovani.