Con l’approvazione di questa Legge assisteremo impotenti ad un’altra demolizione. Non certamente alle premesse di una riforma e nemmeno, come viene millantato,ad una modifica della legislazione pre-esistente, bensì ad un ulteriore passaggio di quella ineffabile opera di sfascio da parte dell’attuale Giunta,delle parti più innovative dell’impianto legislativo di questa Regione, senza che siano state pienamente comprese. A nostro avviso, come OPEN-Sinistra FVG, l’attuale Maggioranza è posseduta da un’ossessione iconoclasta, dall’imperativo di esorcizzare quanto è stato fatto da chi li ha preceduti, dal bisogno quasi fisico che le Unioni Territoriali Intercomunali si decompongano, e se mi si concede un termine un po’ forte, direi “che le UTI marciscano”! Si badi bene non viene proposta un’alternativa all’organizzazione sovracomunale, né si cancella la Legge così odiata, ma le si crea un contesto nel quale possa incancrenirsi.
Questo modo di operare ricalca la strategia del famigerato Decreto Sicurezza, recentemente approvato dal Governo, seppure su un tema molto più drammatico. Come quella legge cancella la parte più efficace dell’accoglienza, ovvero l’accoglienza diffusa, ma ne lascia la parte potenzialmente più problematica ovvero l’accoglienza concentrazionaria, al fine di esasperarne le conseguenze e poter continuare a capitalizzare sulla paura; così questa Legge toglie alle UTI il ruolo strategico di interlocutore nell’intesa con la Regione, ovvero di filtro dei campanilismi; concede ai Comuni la possibilità di sfilarsi, anzi li incentiva a farlo, premiando coloro che non ne hanno fatto parte, come abbiamo visto nei riparti approvati dalla Legge di Stabilità, ma mantiene, per così dire in rianimazione le UTI, confermandole nella responsabilità di funzioni molto delicate e importanti quali l’edilizia scolastica, che la Giunta non ha saputo gestire altrimenti, senza però assegnare loro il personale per svolgere tali funzioni con le forze a loro dedicate quando esistevano le Province. L’effetto, direi lo scopo, sarà dunque quello di trovare, a spese dei nostri studenti, ancora nuove colpe e fallimenti delle UTI, così da continuare a demonizzare con motivazione fresche l’innovazione legislativa della Giunta precedente. La cifra della politica di questa Maggioranza, come del resto della sua omologa a livello nazionale, si concreta infatti nell’individuazione di capri espiatori per i problemi che non si riescono a risolvere: alcuni, tragicamente, in carne ed ossa come i migranti, altri virtuali come le aziende sanitarie che già stavano funzionando e, con questa Legge, le UTI.
Che le UTI necessitassero di manutenzione come tutte le innovazioni coraggiose ma indispensabili, era questione evidente, ma ciò andava fatto solamente dopo adeguata sperimentazione. Tutte le innovazioni ed in particolare quelle relative alla governance sono tanto problematiche quanto urgenti. E saggezza istituzionale imporrebbe sia il rispetto per coloro che hanno ricoperto il nostro ruolo nel mandato precedente,sia ad una certa continuità. Qui assistiamo invece alla peggiore maleducazione legislativa. Sembra che la Giunta non si renda conto che lo sgretolamento delle UTI, condannando la Regione al ritorno alla governance polverizzata dei Comuni, è dannosa per tutti. Non darà risposte al bisogno di riforma degli Enti Locali che da decenni viene richiesta a gran voce nella nostra Regione senza distinzione di partito, e che è stata realizzata in quasi tutti i paesi europei avanzata. Ritarderà l’improcrastinabile programmazione multilivello e intercomunale. Quante devastazioni ambientali, quanto consumo di suolo, quanta progettazione conflittuale di aree artigianali realizzate a fianco di aree residenziali, quante duplicazioni, quale ipertrofia degli spazi commerciali ambientalmente insostenibili, sono state provocate dall’assenza di programmazione sia economica che urbanistica intercomunale? Senza un ragionamento integrato di area vasta, ma non di area vasta come quella provinciale, misure quali quelle sulla mobilità sostenibile, sul rumore, sulla qualità dell’aria non possono essere nemmeno inquadrate, figuriamoci se possono essere governate! L’assenza di qualsiasi progettazione sovracomunale nella pianificazione territoriale è dannosa anche per le attività produttive e costringe qualsiasi intrapresa economica a navigare tra una pluralità di idiosincrasie peculiari ai diversi enti locali. Da oltre un decennio, con il nome di multilevel governance, la programmazione intercomunale con il livello superiore viene discussa esperimentata in Europa, la nostra Regione con le Leggi n. 26/2014 e n. 18/2015 lo stava imparando a fare. Oggi quel processo virtuoso, seppure difficile, è gettato via!
Questa Legge prevede sì una “concertazione” (da notarsi che nemmeno dal punto di vista lessicale questa Giunta ha voluto mantenere quanto la Legge precedente chiamava“intesa”), ma perpetuando l’handicap che ha gravemente penalizzato nella Storia questa Regione: la frammentazione ovvero i campanili. Questi sono stati e continueranno ad essere le “palle al piede” dello sviluppo, obbligando il Friuli Venezia Giulia a rinunciare a priori al ruolo nazionale ed europeo che per struttura e dimensioni potrebbe giocare come regione pilota, come laboratorio o regione modello di innovazione ambientale, sociale e gestionale. Quindi indietro tutta! Ma quale intesa sensata ci può essere quando si interroga il territorio con dei tête-à-tête fatti con i gelosi custodi dei campanili? Solamente la miopia.
Gli sgraziati vagiti che abbiamo sentito nella Legge di Stabilità circa un possibile, quanto costosissimo, ente intermedio, che sembrerebbe,contrariamente a quella che è l’opinione dell’Anci, addirittura di primo livello, è preoccupante perché sembra più fatto in ossequio ad una bandiera elettorale che a una lucidità programmatica. La confusione di idee si evidenzia anche dal fatto che sono stati istituite le poste finanziarie prima che ci siano discussi i progetti di fattibilità.
Questa legge indebolirà la nostra Regione certamente sul piano del prestigio, ma soprattutto sul piano programmatico.
Forse gli Enti Locali potranno essere anche stati abilmente illusi, perché le risorse sembrano essere piovute di più su quegli amministratori che non avevano l’igrometro ben tarato. Ma la soddisfazione sarà di breve durata. La capacità di spesa degli Enti Locali è diminuita drammaticamente a causa della carenza di personale anche perché ad essi vengono attribuiti in ogni occasione altri compiti dalla Regione, e certamente, questo volume di finanziamento non si vede come potrà essere mantenuto negli anni. Sarebbe importante valutare quante di queste risorse saranno effettivamente spese tra un anno. Piuttosto che abolire l’obbligo di strutturare la pianificazione territoriale attraverso le UTI, altre avrebbero dovute essere le riforme di sistema.
Manca completamente a questa legge qualunque tentativo di affrontare la vera crisi degli Enti Locali, che è stata la principale difficoltà per le UTI, ovvero la mancanza di personale!
Nel Capo II del Ddl 32 con uno sforzo di autentica archeologia legislativa si cerca di raccordare il meccanismo della concertazione. Ne valeva la pena, se si intende cambiare ancora tutto, di nuovo, tra un anno?
Passando al Capo III del Ddl 32 assistiamo alla conseguente retrodatazione dei meccanismi di gestione degli ambiti socio assistenziali al periodo pre-UTI. Notiamo qui, con grande sconcerto, che mettendo mano ad un tema così importante per la qualità della vita e il benessere dei nostri cittadini, ovvero l’ambito socio – assistenziale, non si è nemmeno accennato ai suoi compiti, ma solamente ai suoi aspetti organizzativi.Mi sarei aspettato degli articoli, ponderati sulla base dell’esperienza, che affrontassero le criticità dei Piani di Zona. Ma evidentemente a questa Giunta interessano solo gli aspetti burocratici. Però anche ciò è stato fatto male. Nell’introduzione dell’Assemblea dei Sindaci si rischia di azzerare i regolamenti di funzionamento che vigevano in passato, senza chiarire i meccanismi di governance di aspetti così cruciali, se non lasciandoli alla decisione di una maggioranza semplice. Si rischia di discriminare tra cittadini di seconda categoria e cittadini di prima categoria appartenenti ai comuni che hanno realizzato una maggioranza vincente. Se la logica è quella dell’interesse del proprio perimetro ristretto,gli esiti delle votazioni che porteranno ai nuovi regolamenti possono essere devastanti. Se non verrà accolto almeno l’emendamento che proporremo su questo punto sono seriamente preoccupato del funzionamento dei servizi sociali proprio nella aree più urbanizzate, che storicamente sono quelle che presentano le maggiori criticità dal punto di vista socio-economico
Procederò adesso a offrire alcune osservazioni sull’articolato.
Comma 1 dell’articolo 6 della Legge n.26/2014, così come modificato dal DDL 32.Il fatto stesso che si debba comunque ricorrere ad una norma statale, perché gestioni associate ed integrate sono comunque indispensabili per la funzionalità dei piccoli comuni, sta ad indicare che questa Legge di deregulation, alla fine abdica qualsiasi sua autonomia legislativa della Regione FVG. “Decidano gli altri” è il messaggio.
Comma 4 del succitato articolo. Operazioni dannose come l’Udinexit o le Utexit andrebbero intraprese solamente a seguito di un referendum consultivo con i cittadini. Questa maggioranza ha ribadito che perseguirà la partecipazione e la consultazione. Forse è il caso di non prendere decisioni verticistiche in chiave demolitiva senza andare ad ascoltare l’opinione dei cittadini. Verrà creato certamente uno stress normativo ai dipendenti e agli abitanti della Regione. Si verifichi se davvero vogliano tornare indietro per poi saltare ancora nel buio verso un altro sistema come quello per il quale sono state messe le poste finanziarie nella Legge di Stabilità.
Articolo 2 del Ddl 32. Se vengono mantenute le Unioni Territoriali Intercomunali per la gestione dell’edilizia scolastica, allora il personale che prima lavorava presso la Provincia va comandato presso tali UTI. Mantenendo scollato il dimensionamento scolastico con l’edilizia si provocheranno inoltre ulteriori problemi al nostro eccellente sistema scolastico e di conseguenza ai nostri giovani.
Nell’articolo 9 del Ddl 32 che conferma e disciplina l’importante principio della concertazione,o equivalentemente dell’intesa, si ritiene opportuno ribadire che l’interlocuzione vada filtrata attraverso un coordinamento sovracomunale. Altrimenti la sua azione rischia di essere totalmente inefficace, se non addirittura contraddittoria. Non di interlocuzione bilaterale tra assessori e rappresentanti di enti locali c’è bisogno ma di programmazione integrata! È paradossale al riguardo che la finanziaria della scorsa settimana abbia dovuto aspettare gli emendamenti relativi alla concertazione fino all’extremis.
L’articolo 12 del Ddl 32 sulle norme transitorie non conferma tutti i progetti che erano stati definiti dalle precedenti intese. Vedo questo come un grave danno al principio della continuità amministrativa che comprometterà quanto di buono era stato fatto.
Gli articoli del Capo III del Ddl 32 costituiscono essenzialmente un ritorno alla situazione formalmente pre-UTI, che però era quella che sostanzialmente era anche in vigore nel periodo di funzionamento delle UTI. Inoltre, è curioso che all’Assemblea dei Sindaci del Servizio sociale dei Comuni venga dapprima attribuito il compito di promuovere l’istituzione di una Convenzione che disciplina il Servizio Sociale dei Comuni ed in un articolo successivo venga istituita l’Assemblea stessa. Forse questa è la prova che tali organismi esistevano già prima come entità. Come già indicato, vi sono seri rischi sul meccanismo di funzionamento di questa Assemblea. Invito pertanto la Giunta regionale a considerare le proposte che delineerò negli emendamenti.
In conclusione, senza tema di sembrare troppo severo, la mia valutazione su questa Legge è quella che è notevole solamente nell’essere capace di riassumere tutte le peggiori caratteristiche di una norma per la nostra Regione:
1) poco rispetto legislativo per quanto èstato lasciato in eredità da chi era venuto prima;
2) eliminazione di un progetto di sistema senza proporne un altro, obbligando aritornare al passato nell’attesa di una nuova riforma; e soprattutto
3) promozione del famigerato divide etimpera, nell’era della complessità.