Secondo l’ISTAT nel 2019 in Italia la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale era pari al 25,6%, ovvero oltre 15 milioni di persone. In FVG la percentuale scendeva a 13,8% ma il valore assoluto era comunque impressionante: oltre 160.000 persone a rischio. La situazione, dopo la pandemia, è peggiorata. Nel 2021, in Italia sono in povertà assoluta 1,9 milioni di famiglie, ovvero il 7,5% del totale (erano il 6,4% nel 2019) e sono circa 5,6 milioni le persone in povertà, il 9,4% del totale (erano il 7,7% nel 2019). I minori in povertà sono 1,4 milioni. Alla luce dei valori che sta raggiungendo nel 2022 l’inflazione, valori che non si vedevano in Italia da oltre 40 anni, tutte questi numeri sono destinati a crescere ulteriormente.
Parallelamente le disparità e le disuguaglianze stanno crescendo, basti pensare che nel 2005 le persone appartenenti a famiglie in condizione di povertà relativa erano 7,5 milioni mentre nel 2021 sono quasi 8,8 milioni di persone (14,8%, contro il 13,1%). La situazione è davvero gravissima anche perché stanno crescendo i grandi patrimoni nelle mani di pochi.
Il coefficiente di Gini che misura la disparità del reddito e quindi la distanza dall’equidistibuzione della ricchezza nel 2018 era del 31,2% oggi è intorno al 40%.
Perché è indispensabile ridurre queste disparità che invece stanno crescendo nel mondo e nel nostro paese? Perché è importante diminuire il coefficiente di Gini e impegnarsi politicamente per costruire una società più inclusiva?
Naturalmente c’è una risposta etica. Ma vi è anche una risposta matematica, che deriva dalle analisi statistiche sulla salute pubblica, come ben esplicitate ad esempio ne “The Spirit Level” (La misura dell’anima) di Wilkinson e Pickett. C’è una correlazione molto netta tra la salute pubblica intesa nel senso più ampio (abbandoni scolastici, uso di psicofarmaci, obesità, violenze, aspettativa di vita, ecc.) e l’indice di Gini. E questa correlazione positiva si rileva in tutti i quartili rispetto al reddito. Eliminare le disparità migliora la salute della società a tutti i livelli. In poche parole avvantaggia tutti!
Per questo motivo proponiamo la tassazione dei grandi patrimoni, eventualmente come tassa di scopo, e siamo oppositori di qualsiasi flat tax, che non è costituzionale. Tra l’altro da sempre il reddito da capitale è soggetto ad una flat tax, che riteniamo sia iniqua se non rapportata al patrimonio.
Le misure di contrasto alla povertà e all’esclusione sono il pilastro dell’azione politica, perché la politica deve avere come solo obiettivo quello per promuovere il benessere di tutti i cittadini. Non vi è però solamente la povertà economica. Promuovere l’inclusione significa contrastare tutte le povertà, come ad esempio quella educativa, quella delle opportunità, quella abitativa, quella relazionale. Queste misure oggi esistono ma devono essere rese molto più accessibili e la loro efficacia deve essere misurata costantemente e adattata. Altrimenti ingenerano solamente guerre fra poveri.
Da Sindaco di Udine introdussi già nel 2010 un fondo comunale, chiamato allora fondo crisi, per aiutare le famiglie che erano state colpite dalla crisi economica del 2008-09 e che sfuggivano anche ai criteri dell’ISEE tanto era precipitato repentinamente il loro tenore di vita. In questa regione negli anni le misure di inclusione si sono affinate. Nel 2013 furono introdotte le misure di Sostegno per l’Inclusione Attiva, che fu riassorbita nel ReI (Reddito di Inclusione) nazionale nel 2017, che infine, dal 2019, fu superato dal Reddito di Cittadinanza. Le modalità di applicazione, l’entità e la durata di queste misure variano significativamente. Ad esempio il RdC si applica solo a residenti da oltre 10 anni. Le misure di contrasto alla povertà devono quindi essere sempre adattate alla congiuntura socio-lavorativa. Nell’accesso alle misure vanno uniformati i requisiti di residenza, e questi non devono nascondere delle discriminazioni, come è avvenuto per l’accesso alle graduatorie ATER in FVG. Qualunque esclusione ingiustificata vanifica il senso della misura stessa.
Il salario minimo, che proponiamo intorno ai 10€ l’ora, è una misura importante per contrastare il fenomeno sociale emergente dei working poors.
Le misure di inclusione devono essere integrate a quelle sociali e devono essere rivolte a tutti i cittadini, soprattutto alla luce delle trasformazioni della nostra società, che registrano un aumento dei nuclei monocomponente e l’aumento dell’età media della popolazione. La solitudine e l’isolamento sono una delle principali cause di disagio sociale, soprattutto urbano, e colpiscono gli anziani in misura maggiore delle altre fasce di età. Intendiamo quindi proporre misure forti inter-generazionali per contrastare queste cause di malessere sociale con interventi a favore dell’invecchiamento attivo e del contrasto alla solitudine.
Infine promuovere l’inclusione significa combattere i pesanti stigma, e le conseguenti discriminazioni, che sono ancora molto presenti nella nostra società nei riguardi delle minoranze (rom, sinti, camminnati), della malattia mentale, degli stranieri, dei cittadini LGBTQ+. Leggi quali lo ius scholæ, sono anche leggi di inclusione sociale.