INNOVAZIONE

Questo è un tema ambivalente, perché ogni innovazione presenta dei vantaggi ma anche dei costi sociali e ambientali scatenando effetti rimbalzo spesso paradossali. Va dunque guidata con consapevolezza.

L’innovazione è certamente indispensabile per assicurare lo sviluppo in un quadro di risorse limitate. È alla base di qualsiasi efficientamento nella produzione (di tipo energetico, idrico, di materie prime) ma anche nel prodotto. Siamo gravemente in ritardo nella realizzazione di un’economia circolare e una sharing economy, ovvero nel chiudere quel cerchio che è l’unico modo per raggiungere la sostenibilità. Troppe materie preziose finiscono in discarica o vengono incenerite o esportate.

Innumerevoli sono gli esempi di innovazione e vanno dai nuovi materiali, alle tecnologie digitali, ma anche a quello spirito jugaad, che viene indicato dalla parola indiana che indica innovazione frugale e astuta. Questo tipo di innovazione soft è ancora messa troppo poco in pratica nel nostro sistema economico e nei nostri stili di vita. Innovazione significa, infatti, anche trasformare i nostri comportamenti in modo da essere meno inutili consumatori di risorse non rinnovabili.

Per promuovere l’innovazione sono certamente necessari incentivi. Questi vanno però distribuiti secondo criteri la cui efficacia sia valutabile. Anche questa è innovazione. Anzi, tutti gli incentivi alle aziende dovrebbero essere erogati solamente se inquadrati in un percorso di innovazione. Le delocalizzazioni delle linee di produzione, infatti, avvengono quando la delocalizzazione della R&D è già stata silenziosamente delocalizzata. Gli incentivi ai cittadini, invece, dovrebbero sempre essere commisurati al bisogno. Incentivi a pioggia, come quelli che sono stati erogati per gli autoveicoli elettrici, per le energie alternative, per l’efficientamento energetico degli edifici, per la mobilità, se non vengono parametrati sull’ISEE rischiano di accrescere le disparità anche se inconsapevolmente. Un contributo percentuale per acquistare una macchina elettrica è iniquo perché il costo di un autoveicolo elettrico è molto alto, quindi privilegia solamente chi ha già una disponibilità economica. Allo stesso modo, solamente chi possiede una casa, può avvantaggiarsi di contributi per fotovoltaico, accumulatori e riqualificazione energetica degli immobili.

L’innovazione deve essere guidata in modo da tenere conto delle conseguenze che provoca sui lavoratori e le lavoratrici. Va considerato chi potrebbe essere espulso dal lavoro, perché ritenuto ridondante in seguito a tale innovazione, o ne ricava uno svantaggio. L’innovazione sociale, e la riqualificazione professionale, devono accompagnare l’innovazione tecnologica. Il caso dello smart working è esemplare al riguardo. Può essere senz’altro uno strumento per diminuire le emissioni dovute al traffico e permettere di sviluppare logiche finalizzate al risultato piuttosto che all’adempimento, ma i lavoratori devono essere messi nelle condizioni di poter disporre di spazi e strutture ergonomiche a casa che non penalizzino il lavoratore stesso oppure la sua famiglia. E le conseguenze sul cosiddetto indotto vanno valutate. Altrimenti questo tipo di innovazione è vantaggiosa solamente per ridurre i costi di produzione delle aziende scaricandoli sui lavoratori e le lavoratrici.

L’innovazione presuppone uno stretto coordinamento con il sistema della ricerca e dell’università, attraverso strutture come i parchi scientifici che permettano la valorizzazione della ricerca. Questa valorizzazione non può essere intesa, però, solamente in termini finanziari, come è avvenuto vent’anni fa, quando fu varato il primo Piano Nazionale della Ricerca. Oggi il vero valore è la sostenibilità non più il mero profitto. A questo fine vanno introdotte misure a sostegno dell’innovazione che possano creare dei gradienti fiscali specifici. Le logiche attuali sono basate ancora troppo ciecamente sull’aumento dei ricavi.

L’innovazione digitale è indispensabile per assicurare maggiore efficienza, maggiore sicurezza, maggiore partecipazione dei cittadini. Il nostro paese al riguardo è purtroppo ancora in una condizione arretrata. Anche in questo ambito l’accessibilità digitale o è per tutti oppure non è. Se non si assicura che non ci siano disparità di accesso e di velocità di trasmissione si rischia di creare cittadini di serie A e cittadini di serie B. L’appuntamento con la piena realizzazione dell’Internet of Things non va mancato! Ogni prodotto deve essere dotato di un certo tipo di intelligenza distribuita, se non altro per renderne più efficace la manutenzione, ad esempio.

L’innovazione non dovrà essere declinata però solamente nel settore industriale o quello dei servizi, ma anche, forse soprattutto, nel settore primario ovvero quello agricolo. Attualmente è troppo dispendioso in termini di risorse idriche ed energetiche. Ed è legato ad un modello alimentare che è troppo oneroso dal punto di vista delle emissioni di gas climalteranti. Anche il consumo di fitofarmaci e fertilizzanti, soprattutto nella nostra regione è eccessivo. L’agricoltura 2.0 deve essere difesa contro le logiche dettate dalle multinazionali e dai grandi gruppi della distribuzione. Vanno eliminate in questa prospettiva anche gli allevamenti intensivi che oltre ad essere eticamente inaccettabili dal punto di vista del benessere animale, se non in una visione scioccamente antropocentrica, favoriscono stili di vita alimentari e emissioni di gas serra insostenibili.