PARITÀ DI GENERE

Rispetto al divario di genere, l’Italia è ferma al 63° posto su 146 paesi, secondo il Global Gender Gap Index 2022 del World Economic Forum, ovvero il rapporto che misura il raggiungimento degli obiettivi di parità tra uomini e donne in diversi campi: la partecipazione economica, il livello di istruzione, la salute e la partecipazione politica.

In Italia, su dieci lavoratori le lavoratrici sono solo quattro. Nel 2021 il tasso di occupazione femminile (15-64 anni), infatti, è di 49,4% inferiore a quello maschile di 17,7 punti percentuali (67,2%). Il divario con il resto d’Europa è notevole: in Germania il tasso di occupazione femminile è 73,2% (79,1% tasso maschile), in Francia è 63,6% (68,7%). Il divario tra il tasso di occupazione maschile e femminile in presenza di un figlio in Italia, poi, cresce a 28,3 punti percentuali, la media UE è di 17,9%.

I dati statistici mostrano però che il tasso di occupazione femminile è correlato alla numerosità dei figli. Tutte le politiche che permettono di aumentare l’occupazione femminile, come i posti negli asili nido, le scuole materne, il tempo pieno nelle scuole, le pre- e post-accoglienze sono pertanto le autentiche misure di sostegno alla famiglia! Invece anche se sale il tasso di attività femminile (somma delle donne occupate con quelle che cercano lavoro), segnando un netto calo delle inattive, cresce però anche la quota delle lavoratrici temporanee (quasi il 20% delle donne occupate ha da almeno cinque anni un contratto a termine), che creano incertezza e rinvio rispetto alla scelta di fare figli. Rimane infatti una forte differenza nell’impegno lavorativo tra le donne dai 25 ai 49 anni senza figli (pari ad oltre il 72%) e le madri di uno o più figli sotto i 6 anni (pari al 55%).

Tutti questi indicatori non sono migliorati negli ultimi anni perché la crisi economica indotta dalla pandemia ha penalizzato soprattutto i lavoratori più fragili, ovvero le lavoratrici. Anzi, questi indicatori sono così bassi che distorcono addirittura le misurazioni della sperequazione retributiva (gender pay gap), che risulta essere solamente del 4,7% (media UE 14,1%). Analisi disaggregate mostrano invece che tra le lavoratrici più si studia e più si è discriminati.

Questi dati mostrano quanto sia necessaria una forte azione legislativa a favore delle politiche attive di genere, che sono propedeutiche a qualsiasi efficace ed autentica politica della famiglia, libera da qualsiasi ideologia, per favorire così il progresso della nostra società.

Nei miei ruoli amministrativi ho sempre sostenuto azioni volte allo stabilirsi di pari opportunità quali la preferenza di genere e il principio, che prevede equa rappresentanza di genere nella composizione di qualsiasi comitato o commissione, anche quando ciò non sia esplicitato in norma.

Purtroppo la disparità di genere è ancora molto presente nella nostra società che a tutti gli effetti è ancora inaccettabilmente patriarcale. I recenti episodi di molestie a fondo sessuale (cat calling), in occasione di raduni nazionali di associazioni prettamente maschili, hanno dimostrato che c’è pochissima sensibilità sul tema. Ciò è stato confermato dai tentativi di minimizzare, se non addirittura giustificare tali comportamenti. È inevitabile invece che tali reazioni portino ad un progressivo capovolgimento dei ruoli da carnefice a vittima, che è una delle cause dell’altissimo numero di violenze di genere soprattutto in famiglia, che spesso sfociano in femminicidi.

Convinta deve essere l’azione legislativa volta a creare sistemi di prevenzione, di segnalazione precoce delle violenze, di tutela e protezione delle donne e dei figli che hanno subito violenza. Gli strumenti giuridici, i servizi di consulenza famigliare e le strutture di accoglienza sono ancora troppo inefficaci.

Il rispetto verso l’altro, soprattutto verso l’altra, passa anche dall’educazione all’affettività. Come Sindaco di Udine, ho promosso tali attività nelle scuole, nell’ambito delle iniziative del progetto OMS Città Sane. Ma altrettanto evidente è che è necessario promuovere e difendere tutte le normative che garantiscono l’autodeterminazione della donna a incominciare da quelle sull’aborto, che recentemente sono state messe in discussione in tanti paesi del mondo. Anche in Italia tale diritto vare reso effettivamente esigibile da tutte le donne, permettendo loro di non dover subire scelte poco etiche come l’obiezione di coscienza.

Infine la battaglia per le pari opportunità e i diritti delle donne deve anche spingere ad un’azione forte nei confronti dei diritti degli LGBTQ+ a incominciare dalla garanzia delle identità alias fino al pieno riconoscimento del loro diritto di avere una famiglia senza essere discriminati dalle politiche per la famiglia tradizionale.