SALUTE

La legislazione italiana prevede un sistema sanitario universalistico, pubblico e accessibile, ma la logica dell’aziendalizzazione e degli utili di bilancio, che ormai orienta il sistema, sta progressivamente riducendone l’efficienza in termini di tempi di attesa, l’efficacia in termini di appropriatezza delle cure, e di distribuzione territoriale i termini di presidi di rete sulle 24 ore. Ciò è vero soprattutto in questa Regione, dove la spinta verso la privatizzazione, e il progressivo allungamento delle liste di attesa sta creando enormi disparità in salute.

La sanità privata è però ancora più costosa di quella pubblica, e non solo finanziariamente a breve termine, ma soprattutto su base sociale, perché non ha responsabilità se non verso i suoi azionisti, e quindi è totalmente impreparata a gestire l’emergenza e la cronicità, come si è ben visto con gli esiti della pandemia nelle regioni del Nord. L’azione legislativa deve quindi riformare radicalmente la logica aziendalistica in sanità, a incominciare dal non considerare più obiettivi premianti per i dirigenti delle aziende pubbliche solamente l’equilibrio di bilancio, se non addirittura li utili, ma piuttosto la riduzione della lunghezza delle liste di attesa!

È da rivoluzionare radicalmente l’approccio prestazionale della sanità, che è figlio dell’aziendalizzazione, perché è antitetico a quello di una sanità capace di dare risposte alle cronicità, quando la nostra popolazione anziana sta aumentando in percentuale, ed a programmi di medicina territoriale e di iniziativa, che permettano di prevenire proprio quelle prestazioni, che alla fine non possono che essere tremendamente invasive se non demolitorie. Questi temi sono molto importanti soprattutto in FVG, una delle regioni in Italia nelle quali è più alta la percentuale di amputazioni conseguente a patologie diabetiche, che una sanità territoriale di iniziativa permetterebbe di prevenire.

Soprattutto in FVG va rimessa in discussione la questione degli ospedali territoriali, i cosiddetti ospedali spoke. La salute territoriale deve essere potenziata perché è l’unica che può tutelare chi vive nelle cosiddette aree interne, rispetto a chi vive in aree urbane. I programmi di chiusura o di ridimensionamento degli ospedali minori, attuati negli ultimi anni, si sono rivelati devastanti per la salute dei nostri cittadini a cui spesso non vengono più date risposte se non dopo un lungo trasbordo in autoambulanza. Inoltre provocano un effetto rimbalzo, che mette in crisi gli stessi ospedali hub, che risultano inutilmente sovraffollati.

Dal punto di vista dell’edilizia ospedaliera è necessario prevedere un programma che porti il sistema gradualmente a fornire stanze singole nelle strutture ospedaliere. Quanto sarebbero state opportune ai tempi della pandemia soluzioni di questo tipo!

Va rivisto il sistema dell’emergenza – urgenza per assicurare che i tempi di riposta vengano ridotti attraverso una conoscenza delle specificità territoriali da parte degli operatori.

Come Sindaco di Udine ho promosso il programma Città Sane, di cui ero vicepresidente nazionale, che promuove sani stili di vita e progetta città che, anche urbanisticamente, promuovono la salute. È un programma dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, del cui Political Vision Group ho fatto parte per molti anni. Questo programma è una fonte di numerose iniziative di salute pubblica che dovrebbero essere promosse con una legislazione nazionale. Ne elenco alcune senza pretese di esaustività: contrasto alla sedentarietà, ai cattivi stili di vita alimentari, alla solitudine, all’isolamento, al declino cognitivo negli anziani, alle dipendenze; promozione di attività fisica e socializzazione per anziani, di mense scolastiche biologiche e a chilometro zero, percorsi pedonabili e ciclabili, urbanismo tattico, azioni di co-housing, azioni volte alla promozione dell’intergenerazionalità.