La solidarietà autentica incomincia dal rifiutare con fermezza qualsiasi discorso d’odio e con l’articolare, invece, il discorso di amore, che purtroppo risuona ancora troppo poco in questo paese. Questo è il discorso che Dante rese immortale al verso 103 del canto V dell’Inferno “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. Questo è il discorso di Simone Weil ne La personne et le sacré: ”Dalla prima infanzia alla tomba, c’è in fondo al cuore di ogni essere umano, qualcosa che malgrado tutta l’esperienza dei crimini commessi, sofferti e testimoniati, si aspetta invincibilmente che gli si faccia del bene e non del male.”
Da questo punto di partenza discendono tutte le misure che abbiamo discusso nelle voci lavoro, salute, democrazia, politiche di genere, inclusione, a cui rimandiamo. La solidarietà non può essere però solamente antropocentrica ma deve ricomprendere l’ambiente e tutelare la biodiversità.
La solidarietà è la forza che rende resistente e resiliente la comunità. E dunque sarà sempre più necessaria a fronte della crisi ambientale che ormai sta colpendo tutti e generando centinaia di profughi nel mondo.
Le misure di sostegno e di accompagnamento per i diversamente abili, fisici o cognitivi, devono andare nella direzione di assicurare la massima cura e autonomia alle persone. Ciò però non può essere raggiunto senza valorizzare le professionalità dei caregivers, siano essi familiari o non familiari. E in ogni caso i familiari vanno sempre inclusi e le loro esigenze vanno considerate. Dove esiste una persona potenzialmente fragile, esiste una famiglia potenzialmente fragile.
L’accessibilità va’ perseguita in modo sistematico. Ciò si ottiene capovolgendone in modo copernicano il senso. Non è la persona portatrice di un handicap, bensì l’ambiente che la penalizza, e di fatto penalizza tutti. Come recita l’adagio: ciò che è bene per i più fragili è bene per tutti. In quanto siamo tutti fragili rispetto a qualche caratteristica o lo diventiamo prima o poi.
Non esiste tutela del lavoro disgiunta dalla tutela dei pensionati. Oggi in Italia ci sono disparità pensionistiche inaccettabili. Ci sono pensioni che non raggiungono gli 800€ per persone che hanno lavorato decine di anni. Ci sono ritardi nel ricevere l’indennità di fine rapporto. Si assiste ad un’incertezza e mutabilità normativa che spiazza le famiglie proprio in uno dei momenti più delicati della propria vita, ovvero il passaggio alla quiescenza. Sono tutte ingiustizie, che manifestano come nel nostro ipertrofico presente vi sia un’indifferenza, se non addirittura uno stigma, nei confronti degli anziani. Deve essere fatta al più presto una riforma del sistema pensionistico sulla base dei seguenti principi. Deve essere innalzato, soprattutto a fronte dell’inflazione incalzate, il valore minimo della pensione sociale almeno a 1000€ al mese. La legge deve essere stabile così da permettere ai lavoratori e alle lavoratrici di progettare con serenità il terzo tempo della loro vita. Non possono essere mutati retroattivamente gli accordi a svantaggio dei lavoratori. I lavori usuranti, sia sul piano fisico che cognitivo, devono essere riconosciuti nei tempi e nei valori pensionistici con chiarezza, per evitare che ci possano essere ancora fenomeni così frequenti di uscita dal lavoro per burn-out o di sfruttamento.
La sanità territoriale deve essere ispirata alla medicina di iniziativa che previene l’aggravarsi delle patologie e dalla prevenzione che ne ritarda l’insorgere. Vanno varate misure che contrastino le marginalità che derivano dalle dipendenze.
Infine va riformato il sistema carcerario. Come diceva Adriano Sofri: In carcere, anche se non c’entriamo, c’entriamo tutti! Oggi le nostre carceri e case circondariali sono sovraffollate, mancano gli educatori e gli spazi per il recupero. Non è un caso che la recidività sia una delle principali cause della carcerazione. Le esecuzioni penali esterne devono essere potenziate. L’attenzione verso chi ha sbagliato, ma cerca di recuperare è anch’essa solidarietà, anzi ne è la misura come sosteneva Cesare Beccaria.