BLOG

Assestamento autunnale: il commento di Furio Honsell

“Oggi in Commissione Bilancio del Consiglio Regionale è stato approvato dalla maggioranza Fedriga un assestamento di autunno di ulteriori 221 milioni di Euro. Ancora una volta la Giunta Fedriga ha la fortuna di nuotare nell’oro rispetto alla Giunta precedente. Molte di queste risorse derivano però da assegnazioni non spese varate nei provvedimenti legislativi precedenti. Il provvedimento è comunque assolutamente inadeguato dal punto di vista ambientale. Manca ancora un Piano Attuativo Energetico e Ambientale e i 100 milioni di Euro promessi dal Presidente Fedriga per sostenere l’installazione di fotovoltaico presso i privati, di fatto non ci saranno se non nel tardo 2023. Questa norma non definisce infatti, in nessuna misura i criteri e le modalità di erogazione di tale contributo, ma rimanda solamente ad una norma futuribile.
Altrettanto insoddisfacenti sono i contributi per la mitigazione degli aumenti dei costi delle materie prime e dell’energia. Ogni assessorato ha utilizzato un criterio autonomo e c’è il rischio concreto che non siano sufficienti per ridurre l’impatto ad esempio sulle scuole, in quanto non sono stati varati strumenti di monitoraggio. Non mancano invece ulteriori milioni per la benzina agevolata a favore di chi ha le automobili più potenti e che consumano quindi di più, e certamente non sono le fasce più deboli.
Per tutti questi motivi abbiamo dato voto contrario in Commissione come Open Sinistra FVG, diversamente da altre forze di opposizione che si sono astenute”: così si è espresso 14Furio Honsell Consigliere Regionale di Open Sinistra FVG.

Cittadine e cittadini antifascisti, Buon 25 Aprile!

Partigiani e loro familiari, rappresentanti del Comune di Aviano, e dei Comuni della Magnifica Comunità di Montagna, Presidente dell’ANPI di Aviano Angelo Caporal, Rappresentante dell’Associazione Partigiani Osoppo, e delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, cittadine e cittadini, è con viva emozione che mi rivolgo a voi presso questo Monumento alla Resistenza che riporta 63 nomi di partigiani e di tanti avianesi militari e civili uccisi dai fascisti e dai nazisti dopo l’8 settembre 1943.

L’orazione commemorativa sarebbe perfetta e potrebbe già terminare dopo la lettura di questi nomi e delle poche ma intense parole con cui, nello splendido libro di Pietro Angelillo e Sigfrido Cescut “I luoghi delle Pietre e della Memoria”, è delineato lo slancio ideale e la drammatica vicenda di ciascuno. Il nome è la cifra dell’irripetibile unicità di ogni singola persona umana e appunto così l’Associazione Libera celebra il 21 marzo di ogni anno la Giornata contro le Mafie, leggendo, in tante piazze d’Italia, i nomi dei morti ammazzati di Mafia. E questi elenchi sono già poesia. Tale scelta nacque, come spesso ricorda Don Ciotti, per rendere giustizia a quella piccola donna vestita di nero, Carmela Antiochia, che ad una manifestazione che ricordava il sacrificio di Giovanni Falcone, a lui si rivolse così: “Sono la mamma di Antonio Montinaro, ucciso con Giovanni Falcone, di cui era il caposcorta, perché non pronunciano mai il nome di mio figlio?” E se leggere tutti i 63 nomi richiederà tempo, sarà tempo nel quale dimostreremo nel modo più alto la nostra umanità e riconoscenza, insieme all’impegno a riscattarne la morte facendo vivere oltre ai nomi quei valori di libertà, giustizia e uguaglianza, che loro seppero solamente immaginare profeticamente e a cui sacrificarono la giovane vita. Questa è la ragione che ci porta a ritrovarci qui oggi, piuttosto che altrove a Udine, a Trieste, a Pordenone. Siamo qui per loro, per coloro che combatterono sul Piancavallo, nella Valcellina, nella Valcolvera, nella Valle del Vajont, e in tutte le altre valli di questa straordinaria parte del mondo che è il Friuli Occidentale e che tanto sangue partigiano ha versato per la lotta di Liberazione dal fascismo. I nomi sono importanti – sono quanto ci sopravvive nel tempo – pertanto, il diritto al nome è diritto fondamentale che dovremmo garantire a ogni nato in Italia, come richiede l’obiettivo 16.9 dei 17 SDG dell’ONU: entro il 2030 fornisce l’identità legale per tutti, comprese le registrazioni gratuite di nascita. Invece il nostro paese, accecato dal populismo più razzista, non lo garantisce più, perché vige ancora l’Art.1, comma 22, lettera g), dell’infame Legge 94/2009, la Berlusconi-Maroni, “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, che modificò il comma 2 dell’articolo 6 del “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” (il D.Lgs. 286/1998), che oggi richiede che per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile come la dichiarazione di nascita, sia necessario esibire il permesso di soggiorno. I figli degli irregolari in Italia non hanno pertanto il diritto a un nome, se non a rischio di denuncia dei loro genitori. Da anni mi batto, insieme ad altre cittadine e cittadini, perché tale norma vergognosa sia cancellata dalla nostra legislazione; non basta una circolare amministrativa per curare questa ferita aperta nella nostra coscienza civile, ma la destra odiatrice vi si oppone con tutto il suo nazionalismo asfissiante.

Voglio adesso recitare la splendidamente ruvida e dissonante poesia del poeta-sindacalista Leonardo Zanier, l’autore di Libers di… scugnì lâ, scolpita sul monumento di Piancavallo, che con straordinaria concisione riassume l’epopea che oggi celebriamo. La leggerò in friulano perché il friulano è una delle lingue della Resistenza:

Via un zovin:
da cuasi ogni famea
via in Russia:
a impará a copâ
via a pît
ta glaça o tal pantan
plui no scrivin:
si vai in ogni cjasa
pôs a tòrnin:
‘l è dûr sierâ a vincj ans
chei ch’a tòrnin:
devéntin partigjans.

Ma voglio citare oggi anche la frase di Pietro Calamandrei scolpita sul Monumento alla Resistenza a Udine, città insignita della medaglia d’oro per la Lotta di Liberazione a nome di tutto il Friuli, e quindi anche di questi luoghi, monumento presso il quale come sindaco ebbi l’onore di esprimere il mio impegno antifascista per dieci anni : quando considero questo misterioso moto di popolo questo volontario accorrere di gente umile/ fino a quel giorno inerme e pacifica che in una improvvisa illuminazione senti’ che era giunto il momento di darsi alla/ macchia di prendere il fucile di ritrovarsi per combattere contro il terrore mi viene fatto pensare a certi inesplicabili/ ritmi della vita cosmica ai segreti comandi che regolano i fenomeni collettivi come le gemme degli alberi che spuntano/ lo stesso giorno come le rondini di un continente che lo stesso giorno si accorgono che e’ giunta l’ora di mettersi in viaggio/ era giunta l’ora di resistere era giunta l’ora di essere uomini per vivere da uomini.

Questa frase fa comprendere come la persona umana, da sola, non ha né senso né speranza. La nostra umanità non può essere tale se non si riconosce spontaneamente collettiva e solidale, perché i diritti umani e civili o sono per tutti oppure non sono!

Ma oggi, in questo luogo, non è possibile non ricordare quanto Calamandrei disse agli studenti milanesi nel 1955, perché descrive proprio il senso dell’atto che stiamo compiendo: Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.

La nostra Costituzione è nata proprio qui sul Piancavallo, dove sin dai primi mesi del 1944 salirono in montagna antifascisti, attivisti politici, comunisti, socialisti, indipendenti – giovani e reduci delle guerre di aggressione imperialiste dell’Italia in Africa, Grecia, Albania, Jugoslavia e Russia che sfuggirono coraggiosamente alla deportazione in Germania e all’arruolamento nelle formazioni fasciste della repubblica di Salò, costituendo i primi battaglioni delle divisioni Garibaldi e Osoppo.

E proprio qui sul Piancavallo maturò forse l’esempio più luminoso di quello spirito che è alla base della nostra Costituzione e ne costituisce la bellezza e la forza: in essa tutti ci riconosciamo democraticamente in modo unitario come cittadini della Repubblica Italiana una e indivisibile, come recita l’Art. 5, al di là delle diversità delle nostre mentalità e ideologie, dei nostri conformismi, come li chiamava Gramsci. Si può ben dire che qui a Piancavallo, ben più di quanto avvenne altrove, nacque nell’unità di intenti e di ideali civili fondamentali, in uno spirito di pluralismo e di difesa della libertà di opinione di chi la pensa diversamente da noi, quel processo democratico che è la vita di una Repubblica. Qui, partendo dal basso, dai comandanti dei battaglioni, inizialmente addirittura contro la volontà stessa dei comandanti di rango più elevato, grazie all’intelligenza civile e la determinazione di uomini profondamente diversi tra loro per formazione e storie, fu istituito il primo Comando Unificato Garibaldi-Osoppo per combattere uniti in modo più efficace il fascismo e il nazismo. I protagonisti furono Mario Modotti “Tribuno”, operaio dei cantieri di Monfalcone, membro di Soccorso Rosso e attivista comunista, poi GAPpista, che insieme a Giulio Quinto Contin “Richard” costituirono il primo battaglione garibaldino “Nino Bixio” nel Friuli Occidentale, e Pietro Maset “Maso” capitano dell’8° reggimento Alpini della Divisione “Julia” che, contattando ufficiali e militari sbandati e raccogliendo armi sin dall’autunno del ’43, fu uno dei primi organizzatori della Resistenza nel Friuli Occidentale contribuendo alla nascita del nucleo della “Osoppo Friuli”, il battaglione “Piave”. Qui sul Piancavallo fu istituito uno dei pochissimi esempi di Brigata Unificata Garibaldi-Osoppo la “Ippolito Nievo A”.

Il 7 agosto 1944 iniziò quindi l’epopea di questa brigata che vide inquadrati oltre 600 uomini in vari battaglioni: il “Bixio”, il “Gramsci”, il “Mazzini” erano garibaldini, il “Piave”, il “Cellina e il “Vittoria” erano osovani. La loro azione congiunta contribuì allo sviluppo della Repubblica Libera della Carnia difendendola da sud e provvedendo a importanti linee di rifornimento. Questa Repubblica libera anticipò nella sua organizzazione la nostra Repubblica Italiana sotto molti aspetti: abolì la pena di morte, assicurò una giustizia gratuita, l’educazione pubblica, la casa, la tutela dei beni comuni e di fatto diede per la prima volta il voto alle donne, in qualità di capofamiglia.

L’estate del ’44 fu un’estate di gioia e speranza di una prossima liberazione. L’organizzazione della “Ippolito Nievo A” fu esemplare. La Brigata era approvvigionata da un’unica intendenza che riforniva cibo, vestiario, attrezzature dove prima ce n’erano due. Aveva coordinato una specifica attività di spionaggio d’intesa con i GAP che operavano in pianura. Aveva istituito un tribunale militare di brigata. Nei paesi liberi come Claut molte erano le donne partigiane che operavano in vari servizi funzionali all’Ippolito Nievo A. A Claut venivano forniti inoltre servizi ospedalieri e funzionava anche un ufficio stampa per contrastare la disinformazione e la propaganda fascista che vigliaccamente gettava fango sul movimento partigiano, presso i civili in pianura.

Fu una stagione che ebbe però durata tragicamente breve, perché il 13/11/44 fu emanato il proclama Alexander che comunicò ai patrioti la decisione alleata di fermarsi per l’inverno sulla linea gotica invitando le truppe partigiane allo scioglimento. Forze che fino ad allora erano riconosciute quasi come forze regolari dagli stessi nazifascisti qui a Piancavallo (si consideri l’episodio dello scambio di prigionieri del 3/08/44), si trovarono così abbandonate nell’affrontare le grandi offensive nazi-fasciste dell’autunno del ’44 e il terribile inverno del ’45. Vicende drammaticamente descritte da un altro eroe della Ippolito Nievo A, Angelo Carnelutto  “Clark”, nel suo libro “Ricordi vivi di vita partigiana”. Queste offensive, in cui si distinsero per ferocia i fascisti della X Mas (il cui labaro continua vergognosamente a sfilare a Gorizia e in Piazza Unità a Trieste anche alla presenza del Presidente del Consiglio Regionale) portarono allo spezzamento del fronte della Brigata, al suo frazionamento e infine, alla caduta della Repubblica Libera della Carnia. Le forze partigiane sopraffatte per numero di mezzi e di uomini furono decimate e disperse. Molti partigiani, spesso impossibilitati a rimanere in montagna per l’arrivo dell’inverno, ritornarono alle loro case e vennero catturati. Furono mesi che videro feroci violenze fasciste e naziste non solo contro le formazioni partigiane, ma anche contro i civili con incendi e rastrellamenti. Non dobbiamo però più riferirci a queste azioni come a rappresaglie sui civili provocate dalle azioni partigiane. L’OZAK, Operationszone Adriatisches Küstenland, ovvero questi territori, erano comandati da criminali di guerra come Odilo Globočnik, che provenivano dall’Europa Orientale dove avevano perpetrato la più spietata guerra contro i civili, come metodo di controllo dei territori.

E come nel mito narrato dalle grandi tragedie greche, nelle ultime settimane di guerra si assisterà anche alla morte di tutti e tre gli eroici comandati della Brigata Unificata “Ippolito Nievo A”. Richard sarà colpito in un’imboscata, catturato, sarà lasciato morire dissanguato il 18 marzo 1945 a 38 anni. Maso sarà tradito, e cadrà in combattimento sul Col Sauc il 12 aprile del 1945 a 34 anni. Infine Tribuno, tradito anche lui e catturato a Bicinicco nel febbraio ’45 dai fascisti della X Mas, sarà torturato nella famigerata caserma “Piave” di Palmanova e poi fucilato nel carcere di Udine a 32 anni il 9 aprile del 1945 insieme ad altri 29 partigiani tra cui il comandante Mario Foschiani “Guerra” commissario politico della Divisione Garibaldi “Carnia”.

La guerra di Liberazione sulle montagne del Friuli Occidentale, a Piancavallo, e le realtà civili e organizzative che permise di costituire furono l’embrione di ciò che sarà di lì a qualche anno la Repubblica democratica Italiana. Questo luogo, a 1800 m s.l.m. fu e rimane quindi un punto archimedeo, un punto d’appoggio di straordinaria attualità anche in questa nostra “grande epoca”, come Karl Kraus chiamava ironicamente la sua, poco prima di iniziare a scrivere “Gli Ultimi giorni dell’Umanità” nel 1914. Perché in questa nostra epoca al governo c’è una forza politica che fa molta fatica a dichiararsi antifascista e che si ispira a personaggi che non partecipavano certamente alle riunioni clandestine del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia dal quale dipendevano tutte le forze partigiane, semplicemente perché combattevano a fianco dei nazisti.

Cittadine e cittadini, il nostro impegno antifascista dopo 79 anni di liberazione deve essere oggi, quindi, più fermo e determinato di sempre. Festeggiamo dunque con rinnovata consapevolezza la preziosa eredità etica e storica del 25 Aprile!

Se oggi possiamo dirci cittadine e cittadini, e non sudditi, lo dobbiamo solamente al sacrificio delle migliaia di giovani, come questi 63 che ricordiamo oggi, che immaginando profeticamente un mondo che non avevano conosciuto, hanno riscattato la feroce barbarie del ventennio fascista che aveva soppresso i partiti e i sindacati, represso il dissenso politico, varato vergognose leggi razziali, e infine condotto l’Italia ad una sciagurata guerra di aggressione imperialista a fianco dei nazisti, fino a cedere loro la sovranità sul Friuli Venezia Giulia. Furono giovani che maturarono nella lotta armata e nella resistenza civile i più alti principi di solidarietà, libertà e uguaglianza che informano la nostra Costituzione; che è la Grande Incompiuta, come la chiamava Calamandrei. Incompiuta, non solamente perché era ed è ancora ben lontana, ahimè, dall’essere pienamente realizzata, ma perché la Costituzione è pensiero vivo, che si deve fare azione e lotta continua. La Costituzione è l’unica legge che non procede dall’alto verso il basso, partendo dall’autorità per limitare la libertà del popolo, ma va all’incontrario, parte dal basso e fissa i limiti dell’autorità, perché solamente al popolo appartiene la sovranità, come recita l’articolo 1.

La Resistenza partigiana fu matrice di diritti individuali come la libertà e l’autodeterminazione, le pari opportunità, la sanità, la scuola, la giustizia ma anche di diritti collettivi come, la democrazia, l’ambiente e il paesaggio, la cultura, la tutela delle minoranze, la salute.

Per ogni antifascista la Resistenza è principio e riferimento etico: perché non è sufficiente esistere, l’imperativo morale è r-esistere.

Si deve resistere, in primo luogo, all’indifferenza nei confronti delle violazioni dei diritti degli altri. Perché i diritti o sono di tutti oppure non sono. E l’attendismo, o l’indifferenza o il non-dissenso, come fu in Italia un secolo fa durante il fascismo, è già complicità. Non deve venire mai meno la forza di scandalizzarci e il coraggio di dimostrarlo di fronte alle tragedie contemporanee che violano l’Art. 10 della nostra Costituzione. Quella dei migranti economici che attraversano il Mediterraneo, e possono ben chiedersi usando le parole di Virigilio, quaeve hunc tam barbara morem permittit patria? hospitio prohibemur harenae; bella cient primaque vetant consistere terra. Eneide I,541 (qual è questa patria che permette usanza tanto barbara per cui ci viene negato il rifugio della sabbia e che ci vieta l’approdo alla terra più vicina?) Oppure quella dei migranti lungo la rotta balcanica che fa tappa presso quella vergogna collettiva che è la topaia del Silos a Trieste. O quella dei civili nella striscia di Gaza contro i quali viene combattuta una guerra indiscriminata che non viene condannata perché pochi nel mondo osano alzare la voce contro i doppi standard che da decenni sono applicati spietatamente contro quel popolo, denunciati da Amnesty International. O quella delle disumane vasche di plexiglas e rete del Centro di Permanenza per i Rimpatri di Gradisca. O ancora quella della povertà nella quale vivono tante persone anche nella nostra regione, il cui Presidente si vanta di avere un PIL pro-capite maggiore della media nazionale, e non rileva la povertà delle disparità economiche, del precariato e dello sfruttamento lavorativo, e del caporalato; povertà che vede la nostra regione sopra la media nazionale per numero di persone che rinunciano alle cure a causa del collasso della sanità pubblica universalistica.

Ognuna di queste tragedie viola articoli ben precisi della nostra Costituzione mettendoli a rischio. Incomincio dal diritto alla salute, sancito all’Art. 32 come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. La Partigiana Tina Anselmi, primo ministro donna della Repubblica, seppe interpretarlo con la Legge 833 e l’istituzione nel 1978 del Servizio Sanitario Nazionale, sulla base dei principi di uguaglianza, universalità ed equità. Questo servizio, divenuto poi sistema aziendale, appare oggi messo profondamente in discussione. I processi di privatizzazione e di finanziarizzazione della sanità in atto stanno accrescendo le disuguaglianze in salute e portano a intendere la salute non come bene comune, ma come mera prestazione di cura quando la malattia è già in atto, azzerando la medicina di iniziativa, di prevenzione e di riabilitazione. La salute va intesa invece in modo olistico, come One Health secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non solamente quindi come assenza di malattia, ma anche come benessere, mentale, relazionale ed emozionale, degli esseri umani come delle altre specie viventi su questo pianeta e dell’ambiente. È illusorio pensare che la salute si possa garantire individualmente con assicurazioni integrative, perché anche se è bene individuale, la salute degli altri è un determinante della nostra salute. Quest’anno festeggiamo il centenario della nascita di un eroe civile quale Franco Basaglia, che invocò un nuovo umanesimo, a partire dalla restituzione di un’umanità ai malati mentali. Purtroppo in questa regione stiamo assistendo alla demolizione della sua eredità proprio ad opera dell’attuale Assessorato alla salute.

Si deve resistere al risucchio semplicistico degli slogan populisti dei demagoghi e all’uso politico della Storia, che attraverso post-verità e narrazioni deformanti annebbia le nostre coscienze. Esempi emblematici sono le censure in RAI, ma anche la Giornata del Ricordo, che viene celebrato nel giorno della firma del trattato di pace di Parigi del 1947, che quindi implicitamente strumentalizza l’esodo istriano-dalmata per rivendicare l’imperialismo fascista sui territori oggi sloveni, capovolgendo i ruoli nelle azioni di pulizia etnica perpetrate durante il fascismo in quei territori. Altri esempi sono i tentativi di rivalutazione di fascisti e neo-fascisti, celebrando ricorrenze e intitolando premi a figure discutibili, come ha fatto recentemente la Regione FVG, con ben 30mila euro, e soprattutto la rilettura della lotta di Liberazione, come guerra civile ponendo condizioni sempre più difficili all’ANPI per promuovere la storia più nobile del nostro paese nelle scuole.

Si deve resistere, e difendere l’art. 4 relativo al diritto al lavoro, che invece ormai vede la morte sul lavoro non avvenire più in casi singoli ma addirittura a gruppi come nel disastro ferroviario di Brandizzo, o quello nel cantiere Esselunga a Firenze o quello nella centrale idroelettrica di Suviana. Piuttosto che Repubblica fondata sul lavoro, il nostro paese sembra una repubblica fondata sulla morte dei lavoratori, sul lavoro sfruttato delle esternalizzazioni, dei subappalti e del caporalato. A lungo ci siamo battuti contro l’esternalizzazione del ruolo dei Guardiadighe presso le grandi derivazioni idroelettriche pordenonesi gestite da Edison, ma inutilmente.

Si deve resistere alla criminalizzazione del dissenso oggi utilizzata da chi è al potere e che sempre più frequentemente si traduce in violenza fisica, come quella delle forze dell’ordine a Firenze e Roma nei confronti delle proteste studentesche, oppure psicologica come quella del sindaco di Pordenone con le minacce di cause di risarcimento milionarie ai cittadini che vogliono contrastare la sciagurata scelta di abbattere i tigli dell’ex-fiera, o come quelle di grandi gruppi industriali ad altri cittadini che hanno fatto una petizione contro l’uso privato dei beni comuni come l’acqua e l’aria delle nostre lagune. Dobbiamo difendere gli Artt. 17, 18, 21 della nostra Costituzione ovvero sulle libertà di riunione, associazione ed espressione

Si deve resistere alla dilagante mentalità dell’opportunismo egoista e prepotente, meschino ma servile, forte con i deboli e debole con i forti, che si manifesta nella maschilistica sopraffazione dell’altro, e soprattutto dell’altra, e che si incarna negli uomini cosiddetti di successo, che “scendono” in politica con slogan demagogici e populisti, che ragionano solamente in termini di valore di scambio, di possesso e di utili finanziari, giustificando così qualsiasi disumanità nel lavoro. Provo ancora forte la vergogna per quel tributo servile a Berlusconi che tutto il paese, a parte alcuni di noi, hanno voluto tributare alla sua morte presentandolo come modello, come fece Fedriga in Consiglio Regionale, indifferente al fatto che fosse stato condannato per frode fiscale.

Si deve resistere alla logica della guerra, nella quale stiamo scivolando malgrado l’Art. 11 della nostra Costituzione, e alle seduzioni dell’industria bellica, anche se creano posti di lavoro e utili vertiginosi, e dobbiamo rifiutare i discorsi che parlano dell’inaccettabilità di una pace ingiusta e così giustificano una guerra giusta. Questo rifiuto deve essere ancora più esplicito e fermo proprio qui ad Aviano base di F-16 ed F-35, il costo di uno solo dei quali darebbe cure mediche per interi ospedali nella maggior parte dei paesi del mondo. Come sosteneva Simone Weil, la guerra è solamente la celebrazione della forza, di quella violenza che trasforma vinti e vincitori in cose.

Si deve resistere ad un governo di estrema destra che oggi ci governa e violerà il principio di uguaglianza, sancito dall’Articolo 3 della Costituzione, il dovere di Solidarietà sancito dall’Art.2, nonché l’unità della Repubblica sancita dall’Art. 5, se passeranno le sue leggi fasciste di Autonomia Differenziata che assicureranno solamente i LEP (livelli essenziali di prestazione) come base comune, permettendo la secessione dei ricchi che potranno invece godere di maggiori servizi. Queste norme riconfigureranno l’Italia in un collage di territori privilegiati o svantaggiati per legge. Ci si deve opporre a chi vuole cambiare la Costituzione introducendo il premierato, spezzando quel sistema delicatissimo di pesi e contrappesi che concreta quella separazione dei poteri, che sin dalla Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen del 1789 costituisce il principio della democrazia.

Voglio infine ricordare la vigliacca irrazionalità di questo paese che ha varato il DL 30 aprile 2022, n. 36 che istituisce all’Art. 43 un Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945. Ma, al tempo stesso, attraverso, l’Avvocatura dello Stato ne ha sollevato l’incostituzionalità allungando di un ulteriore capitolo l’annosa saga dei risarcimenti per i crimini nazisti, sorta in anni recenti, molto dopo la scarsa persecuzione penale postbellica, frenata prevalentemente da motivazioni politiche. È una vicenda sviluppatasi parallelamente alla persecuzione penale conseguente alla scoperta dell’armadio della vergogna, terminata nel 2013 e seguita dalla mancata consegna dei condannati da parte della Germania.

Voglio infine concludere questa orazione citando un altro partigiano del Friuli Occidentale, che ho spesso ricordato nelle commemorazioni ufficiali a Udine: Luciano Pradolin “Goffredo”. Comandante del battaglione “Meduna” della Osoppo. Protagonista della battaglia sul Rest a difesa della Repubblica della Carnia, fu catturato a Maniago nel gennaio 1945 e portato nel carcere di Udine dove, dopo un processo sommario  l’11 febbraio 1945 venne fucilato a 24 anni, insieme ad altri 23 prigionieri, molti dei quali di Tramonti, lungo il muro del cimitero di Udine, come rappresaglia per l’assalto al carcere di Via Spalato a Udine avvenuto il 7 febbraio 1945, che aveva portato alla liberazione di 73 detenuti, tra partigiani e prigionieri politici da parte di “Romano il Mancino” Glindo Citossi, comandante del gruppo dei GAP dei Diavoli Rossi. Pradolin scrisse varie lettere alla famiglia dal carcere, una di queste alla sorella Rina, che compare anche nella famosa raccolta dell’Einaudi “Lettere dei condannati a morte della resistenza” e riporta alcuni versi della poesia di Leopardi “Nelle nozze della Sorella Paolina”, tratta dai Canti. Ebbene, al di là del fatto che l’edizione contiene alcuni errori che invece non sono presenti nell’originale della lettera, penso che tale straordinario documento andrebbe letto e discusso nelle scuole perché offre a mio avviso un’interpretazione nuova, ma autentica, di tale poesia. Nobilita la poesia stessa ma mostra anche come il fascismo e il neofascismo, come riconosciuto da Gobetti e da Flaiano, è un rischio secolare sempre in agguato nella mentalità di tanti cittadini di questo paese.

O miseri o codardi
Figliuoli avrai. Miseri eleggi. Immenso
Tra fortuna e valor dissidio pose
Il corrotto costume. Ahi troppo tardi,
E nella sera dell’umane cose,
Acquista oggi chi nasce il moto e il senso.
Al ciel ne caglia: a te nel petto sieda
Questa sovr’ogni cura,
Che di fortuna amici
Non crescano i tuoi figli, e non di vile
Timor gioco o di speme: onde felici
Sarete detti nell’età futura:
Poiché (nefando stile,
Di schiatta ignava e finta)
Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta.

La Festa della Liberazione è la ricorrenza più significativa per ogni cittadina e cittadino che sente il bisogno di riaffermare i valori antifascisti di libertà, democrazia, solidarietà, che sono tanto facili da perdere ma così difficili da riconquistare!

Viva la Resistenza, Viva la Repubblica Italiana e la sua Costituzione, che da questa sono nate e vivano i 63 partigiani del monumento alla Resistenza di Piancavallo, che oggi abbiamo celebrato insieme!

 

 

 

 

Relazione di minoranza Honsell su strumenti Manovra di Bilancio

l’attività di questa Assemblea consiliare non è ancora mai stata legislativa da quando è iniziata la XIII Legislatura, come ci si sarebbe aspettato; è stata piuttosto quella di un… bancomat! E questa vocazione si conferma negli atti della manovra 2024. Per la terza volta nel giro di 6 mesi il Consiglio regionale del FVG si trova infatti a distribuire a piene mani risorse aggiuntive rispetto al passato. Per il 2024 sono iscritte risorse manovrabili per 5.694.740.745,08 euro ovvero 600 milioni di euro in più rispetto al dicembre 2022[1]. Cosa ha prodotto questa disponibilità di denaro? La risposta è chiara. Sono le maggiori entrate tributarie. Queste sono dovute a due effetti di impatto sociale opposto: da un lato la ripresa economica avvenuta dopo la pandemia, favorita da ogni sorta di contributo europeo al sistema e all’abbattimento di ogni forma di patto di stabilità, e dall’altro all’aumento dell’inflazione, che dal punto di vista dello Stato, e di conseguenza della Regione che ne partecipa in percentuale, nei primi tempi dà una ricchezza illusoria, impoverendo le fasce più deboli. Nel corso delle Commissioni di merito tutti gli assessori si sono vantati che non una delle poste è stata ridotta rispetto al 2023, nessuno ha però affrontato il tema dell’inflazione, e dunque i lavori si sono svolti in un clima di compiaciuta soddisfazione della maggioranza. Non stupisce dunque che il Presidente Fedriga, nei documenti a sua firma, appaia come un novello dottor Pangloss, e tra le mura del suo Palazzo in Piazza Unità consideri il Friuli Venezia Giulia come nel castello del Barone Thunder-ten-Tronckh si considerava la Vestfalia.

A nostro avviso l’orizzonte è invece molto grigio. Elenco tre macro-problematiche.

Lo sviluppo economico-finanziario previsto per il 2024, viene ridimensionato di mese in mese dagli Uffici Studi delle nostre associazioni di categoria.

Sono sempre più frequenti i fenomeni meteorologici estremi (inondazioni-siccità) provocati dall’aumento di temperatura dovuto all’inquinamento da carbonio di origine antropica e questi si manifestano in FVG in misura maggiore che altrove a seguito alla sua alta diversità morfologica – l’ARPA rileva che ad Udine la temperatura media annua negli ultimi 30 anni è cresciuta di oltre mezzo grado rispetto a quella media dei trent’anni precedenti! Sempre più frequenti e onerosi sono quindi i ristori regionali per compensare le conseguenze catastrofiche di tali fenomeni. I milioni previsti in questo fine anno, per indennizzare famiglie e aziende dai danni provocati dall’ultima ondata di maltempo, sono di un ordine di grandezza inferiore a quanto sembra necessario.

Il Sistema Sanitario Regionale appare ormai fuori controllo. Fino a qualche anno fa sarebbero state impensabili certe scelte di esternalizzazione, quale quella del principale Pronto Soccorso della Regione, a Udine, che è anche la sede del Trauma Center regionale, che insieme ad altri Pronto Soccorso regionali, verrà gestito per un anno da medici gettonisti e dunque precari, oppure chiusure improvvise di reparti come è avvenuto a San Vito, a seguito del grido di allarme sulla sicurezza della primaria. I dati del sistema di valutazione Bersaglio della Scuola Sant’Anna di Pisa, relativi ai Sistemi Sanitari Regionali di quasi tutte le regioni del Nord, mettono chiaramente in evidenza tutte le recenti debolezze sviluppate dal sistema del FVG e i gravissimi rischi derivanti dalla lunghezza dei tempi di attesa per varie patologie, dal diabete ai tumori. E la soluzione di ricorrere al privato, come abbiamo già evidenziato nella relazione al NADEFR, non è percorribile: la nostra regione è sopra la media nazionale per la percentuale di cittadini che hanno rinunciato alle cure negli ultimi 12 mesi, ovvero più di un cittadino su 3!

Reputiamo questa manovra assolutamente inadeguata perché non affronta seriamente nemmeno una di queste problematiche.

No Presidente, anche se molti dei Consiglieri regionali che, immaginiamo obbedienti e fiduciosi voteranno questo Bilancio, si sono lasciti convincere che il Friuli Venezia Giulia è la migliore delle regioni possibili, noi non saremo dei novelli Candide alla sua corte! Ed esprimeremo un voto contrario alla Stabilità e al Bilancio 2024 se questi non cambieranno.

Questa manovra si può riassumere così: Il denaro non manca, mancano le idee! Mancano le strategie che ne dovrebbero discendere per affrontare le gravi criticità all’orizzonte. E, proprio il fatto, che l’abbondanza di denaro permetta di confermare tutte le voci dei bilanci precedenti, è paradossalmente pericoloso perché produce l’effetto di ingessare il bilancio sul passato senza favorire il necessario ripensamento critico. Ci fate rimpiangere il tempo del patto di stabilità, quando ogni spesa era soppesata con enorme attenzione!

I settori strategicamente più deficitari, come già evidenziato nella relazione al NADEFR, sono: l’ambiente, la sanità, gli enti locali, le infrastrutture, il lavoro e la povertà. Mi propongo quindi di proporre, ad inizio di legislatura, alcune idee per affrontare i prossimi anni in modo più consapevole.

Circa l’ambiente, all’articolo 4, si registrano risorse per 134 milioni di euro (erano 149 nel 2023). Tra queste vi sono alcune decine di milioni per interventi non precisati per contrastare il rischio idrogeologico. Non esistendo però un’agenzia regionale dedicata, come chiediamo da tempo, che valuti e fornisca gli strumenti per coordinare in modo strategico questo tipo di interventi, il loro utilizzo sarà estemporaneo e dunque poco efficace. Noi non riteniamo sufficiente che ci sia solamente un tavolo di lavoro a cui partecipano i direttori centrali e altri direttori di servizio, come avviene attualmente. La strategia idro-geologica non si risolve semplicemente con interventi puntuali e intermittenti a gestione puramente regionale. In particolare, per quanto concerne il tema dell’acqua, da tempo chiediamo che venga istituito un coordinamento permanente tra i vari soggetti che a livello regionale si occupano di gestione idrica: l’AUSIR, i consorzi e le società multiservizi che gestiscono l’uso civico dell’acqua, i consorzi di bonifica che ne gestiscono quello irriguo, gli enti di controllo preposti a verificare il rispetto dei flussi minimi vitali dei corsi d’acqua (ci sono?), il provveditorato interregionale alle acque, ecc… E chiediamo che a tale coordinamento sia affiancata un’agenzia o un servizio permanente, che possa fornire dati scientificamente affidabili e ne monitori l’evoluzione. La questione è particolarmente seria per quanto concerne lo snodo del Tagliamento e il Lago dei Tre comuni, intorno al cui territorio si approvvigionano sia il CAFC, per fornire l’acqua potabile ai Comuni del Friuli Centrale, che il Consorzio di Bonifica della Pianura Friulana. Abbiamo rilevato con enorme preoccupazione nell’ultima Commissione, che non c’era condivisione tra i vari enti sui quali fossero i confini dei bacini idrogeologici, dato essenziale per gestire le situazioni di siccità! Ma altrettanto serie sono le problematiche di sghiaiamento in tutte le aree montane. Queste criticità non si possono risolvere in modo puntuale o venire affrontate in modo intermittente e frammentario. La mancanza di un coordinamento e del servizio permanente da noi proposto rischia di vedere approvati in modo affrettato, per smania di non perdere i soldi PNRR, progetti che potranno portare a squilibri idrici devastanti in momenti di siccità!

Si rileva inoltre la mancanza di qualsiasi strategia per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Anzi, per la prima volta in questo Consiglio regionale, si è sentito dire da parte della direzione, che si deve ragionare in termini di puro adattamento all’aumento di temperatura. Riteniamo ciò molto pericoloso perché tutte le agenzie internazionali sono ormai propense a ritenere che il processo non sarà lineare, ma oltre ad un aumento di 1,5°C si supereranno dei tipping points, dei punti di non ritorno, che innescheranno effetti domino e cambiamenti climatici a valanga che metteranno a rischio gli ecosistemi e non saranno reversibili prima di centinaia di migliaia di anni. In Commissione abbiamo anche appreso che non si disporrà prima del 2026 di un sistema completo per il rilevamento delle emissioni climalteranti e quindi, non sarà pianificabile il loro controllo o la loro riduzione. In questa manovra si ritiene invece di procedere business as usual. Per quasi tutta l’aula è molto più importante distribuire contributi per incentivare l’impiego di combustibili fossili nella forma di contributi per la benzina agevolata (55 milioni) e di contributi all’aeroporto per voli low cost per alcune decine di milioni nei prossimi anni! Diversamente da quanto fatto nei 5 anni precedenti non faremo degli emendamenti per parametrare tali contributi alla cilindrata, oppure all’ISEE o alla disponibilità di mezzi di trasporto alternativi da parte dei proprietari. Quanto proposto ripetutamente in passato è stato inutile, questo Assessorato vuole proprio premiare di più chi consuma di più, con la scusa che la spesa è coperta dalle accise sulla benzina. Ancora una volta ribadisco però che tale ragionamento è fallace perché non c’è nulla che permetta di stimare quante persone effettivamente si recherebbero in Slovenia ad acquistare carburanti se non ci fosse l’incentivo, o quale prezzo regionale fisserebbero le compagnie petrolifere presso le loro sedi centrali, se in FVG non ci fosse il contributo…

Le criticità del SSR, vengono attribuite dall’Assessore Riccardi, alla difficoltà a reperire personale: dagli Operatori Socio Sanitari, agli infermieri, dai medici di Pronto soccorso ai medici di base, dalla continuità assistenziale ai radiologi. Ebbene, anche se vi è una crescita del bilancio della Missione n. 13 (3.078,93 milioni, erano 2.808,11, nel 2023) e ci sono ben 57 milioni per i rinnovi contrattuali del personale, alla mia precisa domanda posta all’Assessore Riccardi in Commissione, su quale strategia intenda mettere in atto per affrontare il problema strutturale degli organici, non sono stato degnato nemmeno di una risposta. Affinché non venissero offesi, i cittadini che mi hanno eletto e i tanti altri che oggi lamentano una situazione sanitaria insostenibile, ho dunque ripetuto la domanda. La risposta che ho ottenuto è stata agghiacciante: quella cifra è stata determinata dalla direzione! Dunque non c’è strategia politica! Dunque il problema cardine della crisi della sanità, da cui discende quello della lunghezza delle liste di attesa non viene affrontato né nel DDL n. 8, né nel DDL n. 9 né nel DDL n. 10! Si intende quindi continuare, con i gettonisti, reclutando personale all’estero in attesa del riconoscimento del titolo, come è avvenuto a Pordenone? Oppure semplicemente si vuole continuare ad appaltare al sistema privato fette sempre più cospicue di sanità regionale? Non disponendo l’Assessorato nemmeno di un’idea al riguardo, ricordo infatti che anche nel NADEFR il tema non è sviluppato, penso sia doveroso suggerirne alcune in questa relazione. Va creato un gradiente salariale nella forma di un’indennità di problematicità lavorativa, mediante risorse aggiuntive, e parallelamente va creato un programma per migliorare il clima aziendale che valorizzi anche dal punto di vista della carriera e del riconoscimento i lavoratori pubblici. Segnalo qui, che non risultano espletati nemmeno per la categoria degli Oss i concorsi relativi ai corsi-concorsi che si sono svolti nell’ultimo anno. È indubitabile che i salari in sanità siano bassi, e i ritmi di lavoro e le responsabilità siano invece alti. Ma nessuno opera in sanità che non abbia una vocazione! Proprio per questo il posto di lavoro pubblico deve essere reso di nuovo appetibile, favorendo il coinvolgimento del personale. Si deve rivedere completamente la continuità organizzativa nelle aziende, basandola sul concetto di presa in carico e non di somministrazione di prestazioni, facilmente esternalizzabili. L’Assessore ha dichiarato che i problemi derivano dall’incompiuta aziendalizzazione. Pensiamo invece che sia l’esatto contrario. L’aziendalizzazione porta alla frammentazione e alla frantumazione delle responsabilità e alla moltiplicazione delle prestazioni diagnostiche. Vanno ascoltate le critiche interne all’attuale organizzazione del sistema, invece di sopprimerle o addirittura di censurarle preventivamente come pare sia avvenuto negli ultimi cinque anni. I lavoratori stessi e i loro sindacati sono le fonti più informate e competenti per capire le ragioni dello scontento e della demotivazione che spinge tanti lavoratori ad abbandonare il sistema pubblico. Oggi si assiste a infermieri che preferiscono operare in modo autonomo con partita IVA, e quindi senza garanzie di welfare, piuttosto che operare da dipendenti nelle strutture pubbliche! Molte altre saranno le proposte che faremo al riguardo attraverso gli emendamenti e gli ordini del giorno, per fare ritrovare la rotta perduta dal Sistema Sanitario Regionale (SSR) in questi cinque anni a incominciare dal rapporto del SSR con il territorio: distretti, servizi sociali comunali, piani di zona, consultori, medici di base, continuità assistenziale, servizi 24 ore su 24 per pazienti con disturbi mentali e psichici, medicina di prossimità e d’iniziativa, ecc. È forte il sentimento di protesta per la condizione attuale del SSR tra i cittadini, che si manifesta con importanti raccolte di firme, come quella presentata il 6 dicembre dal Coordinamento salute del FVG, che facciamo nostra.

La stessa strategia salariale suggerita per il SSR, va applicata anche nell’altro grande ambito fortemente in crisi: quello degli Enti Locali. Come in Sanità anche per quanto riguarda gli enti Locali c’è infatti un problema di reclutamento. La Corte dei Conti stessa ha stigmatizzato una situazione molto seria e insoddisfacente per quanto riguarda gli Enti Locali del FVG, derivante dalla mancanza di personale e dalla conseguente ridotta capacità di pianificazione e di spesa che conduce ad abnormi avanzi di amministrazione. I pensionamenti devono essere compensati attraverso corsi-concorsi che valorizzino il personale in servizio, e risorse aggiuntive vanno assicurate per premiare e reclutare coloro che lavorano in sedi più disagiate. Abbiamo già commentato nel NADEFR l’inefficacia di re-introdurre le ex-Province, per assicurare servizi di qualità ai cittadini. Il livello di governo che manca in FVG è quello nel quale si possono mettere a comune risorse per affrontare problematiche complesse, ma simili, su scala sovracomunale. La struttura del nostro tessuto amministrativo fatto per lo più di micro-enti. I comuni, concepiti come isole autonome, non potranno mai disporre né di tutti gli strumenti per affrontare le problematiche sempre più complesse, né potrebbero riuscire a risolverle qualora le affrontassero in quanto sono spesso problematiche intercomunali, ma non di area vasta.

È molto significativo, che proprio i due ambiti che qualificano l’autonomia legislativa della nostra Regione, ovvero la Sanità (articolo 5 dello Statuto) e gli Enti Locali (articolo 4 dello Statuto) siano proprio quelli nei quali il nostro governo regionale è più barcollante dal punto di vista organizzativo. E la criticità organizzativa non migliora se si considera il terzo importante ambito di autonomia, ovvero il Trasporto Pubblico Locale (TPL, articolo 4 dello Statuto) dove le politiche di chiusura all’immigrazione dalla Giunta esercitate negli ultimi 5 anni (contributi per patenti concesse solo se si dispone di almeno 5 anni di residenza) hanno creato una carenza di autisti e un clima di lavoro molto insoddisfacente nelle aziende. Le relazioni sindacali potrebbero essere facilmente governate dalla Giunta, il contratto del TPL offre tutti gli strumenti, ma anche in questo caso la Giunta è stata finora inerte. Non sarà mica che manca il coraggio per essere speciali, e il tanto invocare autonomia non ha dato i frutti sperati?

Su questo tema non posso non rilevare che una Regione, dotata di bilanci così pingui, avrebbe invece dovuto fare molto di più per difendere il proprio sistema scolastico e sostenere il proprio sistema universitario. Riguardo al primo punto non ha difeso abbastanza le proprie autonomie scolastiche, accettando una loro contrazione che inevitabilmente porterà dei danni (come riconosciuto dalle compensazioni del DDL 10 all’articolo 7 commi 20-25 di ben 500 mila euro per l’annualità 2024), abbassando la qualità del rapporto didattico con il territorio e sarà foriera di nuovi tagli. Si rincorrono invece progetti folli, come la regionalizzazione dell’Ufficio scolastico regionale, che inevitabilmente renderebbe meno attraente il nostro sistema scolastico (inizieranno a mancare anche gli insegnanti!) e certamente favorirebbe ingerenze e localismi politici, come è avvenuto in Sanità.

Riguardo al sistema accademico si continua a non ridurre significativamente le rette universitarie, nemmeno la tassa regionale per il diritto allo studio universitario (DDL 9 Art. 6.13), e quindi a non rendere maggiormente attraenti i nostri poli universitari. Il caso della “casa dello studente” in Viale Ungheria a Udine è emblematico. Si preferisce indirizzare gli studenti sul mercato immobiliare e affittare strutture da privati, piuttosto che attivare strutture su cui la Regione ha investito e di cui dispone. Pare che tali edifici verranno impiegati per altri scopi: dunque i problemi di idoneità statica non erano poi così gravi!

Vista la cospicua disponibilità di denaro sulla Missione 10: Trasporti e diritto alla mobilità (€ 500 milioni), che conferma quella dell’anno precedente, siamo molto preoccupati che vengano fatte, o fatte ripartire, opere infrastrutturali con pesante consumo di suolo, che erano state programmate in passato, ma che oggi potrebbero non essere più necessarie. Esempi sono la Palmanova-Manzano, il by-pass di Aquileia, la Sequals-Gemona e sue varianti, ecc. … La logica di “non perdere le risorse” non può spingere a realizzare opere che non sono più urgenti o strategiche. Inoltre, se la progettazione prevede consumo di suolo, questa deve essere concordata con gli abitanti in un clima di trasparenza e di accessibilità alla documentazione in tutte le fasi della progettazione. Esempio emblematico di cattiva e opaca gestione è stata tutta la vicenda dell’acciaieria sedicente green a San Giorgio, le cui specifiche progettuali non sono mai state sufficientemente chiarite, anzi di cui è stata negata addirittura l’esistenza dal Presidente Fedriga, anche molti mesi dopo che erano stati commissionati degli studi specifici dalla Regione alle Università. I 20 milioni che continuano ad essere destinati per l’infrastrutturazione dell’Aussa-Corno prevista per l’acciaieria sono oggi rimasti orfani. A nostro avviso dovrebbero essere utilizzati per la rinaturalizzazione dell’area e le bonifiche dei terreni contaminati. Purtroppo questi DDL sono molto ambigui al riguardo. Risorse dovrebbero essere anche messe per le bonifiche delle aree nei demani comunali derivanti dalle ex-aree militari, spesso inquinate da sversamenti di idrocarburi e metalli pesanti, come abbiamo richiesto da anni. Ricordiamo che in FVG vi sono più di 100 Km2 di aree militari dismesse, non più nel demanio militare, per lo più inutilizzate. Potrebbero essere impiegate almeno per realizzare fotovoltaico.

È indispensabile inoltre definire una politica per la montagna che possa assicurare servizi, e dare indirizzi di sviluppo agricolo e industriale, compresa la filiera foresta-legno che non sembra competitiva rispetto alla vicina Austria, ma certamente non può essere abbandonata a se stessa. In particolare vanno gestite con chiarezza e maggiore trasparenza le azioni volte alla creazione dell’azienda idroelettrica regionale, sulle spoglie dell’UCIT.  I contenziosi con gli attuali gestori delle grandi concessioni idroelettriche sembrano non avere mai fine, ma proprio per questo motivo l’agire della Regione deve essere insistente ed espresso con chiarezza ai cittadini.

Queste considerazioni portano a rivendicare il ruolo indispensabile che i comitati spontanei di cittadini, e le raccolte di firme, da loro promosse, hanno avuto nel fare chiarezza sulla pianificazione regionale in tema di rifiuti, e attività industriali. La Regione non può avere solamente un ruolo notarile. Dovrebbe definire in modo trasparente ed esplicito qual è la propria strategia industriale non solo relativamente alle acciaierie, ma anche alle discariche, ai termovalorizzatori, alle cave, ecc. Sempre più frequentemente avviene invece che i cittadini debbano richiamare, in extremis, la Regione a una presa di coscienza e alla sua responsabilità di tutela della salute della popolazione e dell’ambiente. Ciò non è più accettabile!

Un’altra grave criticità poco riconosciuta in questa manovra riguarda il contrasto alle disparità e alla povertà e il sostegno alle fasce deboli, che come ho già ricordato, sono le più colpite dall’inflazione e la precarietà del lavoro. Il contesto socio-economico che il Presidente Fedriga trova così soddisfacente, vede però oltre il 12% delle famiglie della regione a rischio povertà, ovvero oltre 150.000 cittadini! Anche se il numero di disoccupati decresce, non decresce invece il numero dei lavoratori poveri. La notizia di questi giorni che ancora una volta viene affossato il progetto per un salario orario minimo lordo, è l’indice dello scarso interesse dei governi di destra per l’equità. Il liberismo si nutre infatti delle difficoltà economiche dei cittadini, delle guerre tra poveri che permettono di ridurre i costi del personale mettendoli in competizione i più deboli. I prezzi al consumo di alimentari, utenze domestiche, trasporti sono cresciuti di oltre il 10% negli ultimi 12 mesi, colpendo le fasce più fragili della popolazione, ma non sembra esserci una strategia regionale volta a ridurre le disparità e che miri all’inclusione. I contributi erogati sono per lo più a rimborso e come spesso dico, piove sul bagnato. Se i cittadini devono anticipare il denaro, vuol dire che si escludono da tali misure proprio coloro che hanno bisogno, ovvero quella fascia sempre più numerosa di famiglie del FVG (45,2%) che dichiarano di non riuscire a risparmiare né a far fronte a spese straordinarie (30%). Altri tipi di contributi come quelli legati alla dote famiglia allargano la fascia ISEE (DDL 10 Art. 7) ma così come formulate non tengono conto delle esigenze emerse di recente.

L’ultima considerazione riguarda il tema del calo demografico. È manifesta una grave mancanza di lavoratori in qualsiasi ambito. Così si esprimono tutte le associazioni categorie. Perché allora questa maggioranza ha deciso di abbandonare a loro stessi le migliaia di migranti che arrivano nel nostro territorio e le centinaia di minori stranieri non accompagnati? Perché il sistema Regione non pianifica, al di là delle foto-trappole e dei sistemi virtuali per addestrare a sparare ad un bersaglio in movimento non ripristina le risorse per educare tutte queste persone desiderose di una vita migliore per se stesse e le proprie famiglie e includerle in modo positivo sul nostro territorio. Le notizie che provengono da tutti gli ex-capoluoghi, e non solo, sono invece notizie di degrado nelle strutture di accoglienza. State abbandonando un’umanità preziosa ad un destino di abbruttimento. Non voglio sentire risuonare anche su questo tema la riposta che avrebbe potuto dare al riguardo il dottor Pangloss dopo il naufragio a Lisbona!

In conclusione, come gruppo Misto proporremo numerosi emendamenti e ordini del giorno con spirito collaborativo. In Commissione abbiamo espresso parere contrario ai DDL 8,9 e 10. Saremo, nostro malgrado, costretti a confermarlo se non verranno accolte le nostre proposte di modifica. Il denaro pubblico in un’epoca come questa, va impiegato solamente a valle di una pianificazione, e non elargito mirando all’effimero consenso operando business as usual, come attualmente è impostata questa manovra 2024!

[1] Il totale del bilancio di previsione è di circa 8.010 milioni di euro, in quanto alle risorse manovrabili vano aggiunte altre tipologie di risorse tra cui il Fondo pluriennale vincolato e le somme reimputate (472 milioni), le partite di giro (169 milioni), il contributo della Regione alla finanza pubblica (437 milioni), le assegnazioni vincolate (436 milioni), il fondo di riserva (184 milioni) e le partite finanziarie a pareggio (364 milioni) per citare le principali.

Testo DDL 9 | Testo DDL 10 | Testo DDL 11

Relazione di minoranza Honsell NADEFR

Ritenendo, insieme a tutte le colleghe del Gruppo Misto, compito della migliore politica quello di inquadrare e risolvere le problematiche socio-economiche, ho sempre ritenuto che i documenti programmatici e strategici, quali il NADFR, dovrebbero essere le pietre miliari dell’attività consiliare, soprattutto all’inizio di una legislatura. Avrei dunque immaginato di ricevere in questo dicembre un documento accalorato, almeno nella presentazione del Presidente Fedriga, nel quale ogni Missione, proporzionalmente all’impegno finanziario ad essa associato, lanciasse idee progettuali importanti. Ho letto invece un documento algido e piatto, a volte estremamente misero come nella fondamentale Missione 13 sulla salute e a volte quasi antologico per le quantità di parole chiave introdotte, ma solo per “il piacer di porle in lista” per citare il Leporello mozartiano di Da Ponte, e di fatto prive di elaborazione, come nella Missione 18 sull’ambiente e i mutamenti climatici. Ancora una volta rilevo con contrarietà come, sia nella passata legislatura e, da come i segnali nelle Commissioni sembrano indicare, avverrà anche nella XIII, questo documento viene vissuto dalla maggioranza come un mero adempimento legislativo, non meritevole di un significativo tempo di discussione al di là di quanto strettamente necessario per evaderlo. Nonostante ciò procederò comunque ad una sua analisi che per chiarezza svolgerò per punti.

  1. Con forte preoccupazione si rileva l’assenza di qualsiasi strategia, nella Missione 13, volta a superare le gravi criticità del Sistema Sanitario Regionale, sebbene la sanità costituisca una delle principali materie sulle quali la Regione ha autonomia legislativa, ancorché in armonia con i principi generali delle leggi dello Stato (vedi Statuto di Autonomia articolo 5, punto 16). Pare non esserci né la consapevolezza della gravissima carenza di personale e di servizi, che spesso costringe persone anziane a spostarsi da un capo all’altro della regione anche per attività ordinaria, né l’attenzione per il clima aziendale che si è andato a formare nelle aziende, che spinge un numero sempre maggiore di lavoratori del Sistema Sanitario Regionale all’autolicenziamento. La drammaticità di decisioni quali, quella di appaltare a gettonisti per un anno il più importante pronto soccorso della regione a Udine, o la chiusura di reparti negli ospedali di rete, non viene riconosciuta. E seppure si menzioni di sfuggita il problema delle liste di attesa, non viene proposta alcuna strategia per risolverlo. La mancanza di una seria riflessione in tema di Sanità, oppure la rassegnazione al suo progressivo indebolimento, traspare anche dal fatto che il NADEFR vi dedica meno di una paginetta a fronte dell’impegno di ben più del 50% del bilancio regionale. Nulla si dice infine sulla volontà di affermare il primato della sanità pubblica rispetto a quella privata. E ciò sembra eloquente, e ci trova contrari.
  2. Con insoddisfazione si rileva l’assenza di consapevolezza delle criticità nel settore degli Enti Locali (Missione 18), segnalate anche dalla Corte dei Conti, ovvero l’accumulo di avanzo di amministrazione e la mancanza di personale. Ricordiamo al riguardo che gli Enti Locali sono addirittura materia di autonomia legislativa primaria della Regione (Statuto articolo 4 punto 1). Nel NADEFR invece si menziona in modo cursorio un rafforzamento delle capacità amministrative degli Enti attraverso il rinnovo del CCRL, senza specificare come si realizzerà, né con quali obiettivi misurabili. Si conferma invece la visione di un sistema di governo a tre livelli di autonomia, dei quali quello intermedio sarà quello delle ex-Provincie, per giunta con l’elezione diretta degli organi. Non è quindi certamente il livello di area vasta che si vuole introdurre, ciò di cui c’è bisogno. La Regione FVG stessa è già l’area vasta, altre sono solamente nuove poltrone.
  3. Con gravissima preoccupazione si rileva l’assenza di qualsiasi contenuto e tantomeno di tempistiche precise, al di là di un antologico quanto banale greenwashing lessicale, per ciò che concerne l’ambiente e la mitigazione dei mutamenti climatici (Missione 9). Si parla di Strategia regionale per lo sviluppo sostenibile, ma il documento approvato nel febbraio 2023, è privo di qualsiasi contenuto concreto e stringente. Viene preannunciata una Strategia regionale di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, ma non si dice quando verrà varata e soprattutto in cosa consisterà. Ma poi, non doveva forse già essere ricompresa, nel primo documento? Si parla di Tutela e valorizzazione delle risorse idriche e di invarianza idraulica. Ma proprio su questi temi abbiamo toccato con mano, alcuni mesi fa in VI Commissione, la mancanza di una conoscenza e di una strategia condivisa, a livello dei vari enti pubblici regionali, sul bilancio idrico relativamente al Tagliamento e agli approvvigionamenti degli acquedotti civili e dei canali irrigui presenti nel suo bacino idrografico. Inoltre, più volte è stata denunciata la mancanza di qualsiasi controllo del rispetto del principio di invarianza idraulica e la frequente assenza del flusso minimo vitale dei corsi d’acqua in montagna, ma nulla è previsto al riguardo. Infine il NADFR promette il nuovo Piano regionale della Qualità dell’Aria, ma ancora una volta non si danno né date né tanto meno garanzia che ci siano poi dei veri contenuti in tale documento e questo non diventi solamente l’occasione di roboanti comunicati mediatici. Ecco un esempio emblematico. Nel NADFR 2024 (Missione 14) si dà tanto spazio quanto ne viene dato alla Sanità, al progetto transfrontaliero europeo Horizon (North Adriatic Hydrogen Valley) di cui il Presidente Fedriga si vanta già da un biennio, del valore di oltre 350 milioni di euro. Ebbene sul sito di presentazione del progetto (Fonte: https://cordis.europa.eu/project/id/101111927 ) si scopre che la Regione ha ricevuto meno di 400 mila euro e le aziende della regione sono coinvolte per meno del 10% del budget, essendo questo in verità un progetto che coinvolge in massima parte enti ed aziende sloveni e croati (!?).
  4. Con insoddisfazione rileviamo che la versione del NADFR del 2024 risulta pesantemente immiserita, nelle informazioni comparative della nostra regione, rispetto a quanto avveniva in passato. L’analisi di contesto è diventata quasi solamente celebrativa. Evidentemente le analisi stringenti che erano state poste nella scorsa legislatura hanno suggerito di espungere tutto ciò che potrebbe non confermare che la regione FVG sia quel paradiso edenico decantato da Fedriga, divenuto novello Pangloss voltairiano, come la migliore delle regioni possibili. Mancano infatti riferimenti alle giornate di sforamenti delle emissioni, all’utilizzo di fitofarmaci e fertilizzanti, alla percentuale di agricoltura biologica e altri ancora. In verità questa inequivocabile opera cosmetica non ha però tenuto conto che anche se le percentuali della nostra regione su alcuni indicatori sono molto migliori della media nazionale sono a nostro avviso disastrose se analizzate sotto il profilo dell’equità. Leggiamo nel rapporto BES 2022 “Il benessere equo e sostenibile in Italia” dell’Istat, capitolo 4 (Fonte: https://www.istat.it/it/files//2023/04/12.pdf, pubblicato il 20 aprile 2023), che in FVG la percentuale di persone che rinuncia alla cure è del 7,7%, quindi superiore alla media nazionale. È un indicatore che dovrebbe togliere il sonno la notte all’Assessore alla sanità o perlomeno farlo riflettere di giorno. Alto, in termini assoluti, è il numero dei NEET in FVG, ovvero il numero di soggetti della fascia d’età 15-29 anni che non studiano e non lavorano: sono quasi 21mila. Il NADEFR invece si compiace del fatto che si è ridotto di qualche punto dall’anno precedente. Numeri assoluti ancora più preoccupanti si possono calcolare anche per quanto riguarda le famiglie in povertà assoluta e quelle a rischio di povertà: nel NADEFR i dati sono riportati solamente per enfatizzare tronfiamente che sono inferiori alla media nazionale, ma numericamente stiamo parlando di almeno 562.880×5%x2,1 = 59.102 cittadini nel primo caso e di 562.880×12,8%x2,1=151.302 cittadini nel secondo caso. Tutto questo cozza con le roboanti affermazioni con le quali si apre questo NADEFR che ha visto in FVG un PIL pro capite di 35.200 euro nel 2022 e dell’altrettanto enfatica dichiarazione dell’aumento di ben 4,4% del reddito disponibile lordo pro capite rispetto al 2020 che ci ha dato nel 2021 quasi 22.000 euro, ovvero quasi 2.000 euro in più della media nazionale. Non vi è chi non veda che c’è una notevole disparità presente in regione, evidenziata anche dal valore dell’indice di GINI, che malgrado la ricchezza di questi anni non è stata colmata. Sono molte le persone che il governo regionale a guida Fedriga si è lasciato indietro, in questo periodo che viene descritto come un Miniboom! Incidentalmente rilevo un po’ di incertezze sui numeri del PIL nel NADEFR, ad esempio nell’incipit di pagina 12 e pagina 30.
  5. L’ultima considerazione che ritengo opportuno fare riguarda il peso dell’inflazione che, come abbiamo più volte rilevato incide maggiormente sulle classi meno agiate, e non sembra adeguatamente affrontata nel NADEFR. Nel 2022 vi è stato un aumento dei prezzi al consumo di ben oltre il 10% per alimentari, trasporti, energetici e affitti, e seppure tale indice è rallentato nel 2023 a fine anno sarà comunque oltre il 5%. In un contesto socio-economico dove i salari, in particolare quelli pubblici, non crescono proporzionalmente non si può che prefigurare uno scenario dove la disparità non potrà che crescere ed essere più marcata. E ricordiamo che l’equità è uno dei principali determinanti di salute. Quasi tutte le politiche previste nel NADEFR assegnano invece la maggior parte dei contributi a rimborso, dunque presuppongono che i cittadini dispongano già del denaro: insomma piove dunque sul bagnato, come più volte ho sostenuto. E là dove invece vengono erogati contributi diretti questi fanno riferimento all’ISEE che inevitabilmente è più lento a registrare l’impoverimento.

In conclusione, per tutti i motivi sopra esposti, come Gruppo Misto – composto dalle forze politiche Open Sinistra FVG, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra – esprimeremo voto contrario in aula se non interverranno elementi nuovi che ci facciano rivedere le pesantissime critiche qui espresse a quanto attualmente è stato depositato.

Testo del NADEFR

Relazione minoranza Honsell DDL 8 “Misure intersettoriali”

Ecco la sintesi di questo DDL: altri 337,37 milioni di Euro freschi riversati con rapida disinvoltura su una manciata di interventi ordinari e generici, che ne delegano l’erogazione a enti e soggetti intermedi, drammaticamente al di fuori del controllo del Consiglio; quasi non si volesse pensarci su troppo, oppure non lo si volesse lasciar fare a chi intendesse farlo – come noi del Gruppo Misto cercheremo invece di fare in questa relazione.

In passato questa norma finanziaria veniva chiamata “il mini-assestamento di autunno”; ma non è certamente “mini” per gli importi coinvolti. Non si erano mai viste tali somme, a memoria di consigliere. Semmai, e lo dico con sconforto, è “mini” l’ampiezza dell’orizzonte strategico che esprime il DDL.  Ben 135 milioni vanno ai fondi di rotazione agricoli ed industriali da usarsi per finanziare iniziative sottoposte alla valutazione degli istituti di credito a cui insindacabilmente viene lasciato il compito di giudicarne l’interesse. Questo non potrà che essere misurato in termini di ritorni di utili meramente finanziari e non certo socio-economici. Altri 60 milioni di euro vanno al sistema sanitario regionale, ovvero in mano a un manipolo di direttori generali, che ne disporranno tenendo ben in mente i criteri aziendalistici rispetto ai quali verranno valutati, e solitamente lautamente premiati, ovvero la chiusura in attivo del bilancio. Di tempi di liste di attesa, di premialità per i lavoratori al fine di migliorare il clima aziendale, di reclutamento, nemmeno una parola chiara. Addio quindi, anche a questi 60 milioni. Ulteriori 100 milioni sono trasferiti sui fondi della Protezione Civile, con il nobilissimo motivo di ristorare i danni causati dagli uragani dello scorso fine luglio. Peccato che sono fondi cosiddetti “fuori bilancio”, chissà se poi scopriremo, come fu per i fondi della tempesta Vaia, che verranno impiegati in zone che non erano state minimamente colpite per fare nuove strade impattanti di dubbia utilità, se non per coloro che le progetteranno e realizzeranno o per farsi vedere alla tappa del Giro d’Italia? Cosa resta del tesoretto? 15 milioni per la messa a norma degli impianti sportivi che permette di scorrere le graduatorie in essere. Misura accolta dall’evidente tripudio di quasi tutta l’aula – chissà di quanto materiale sintetico vedremo ricoprire campi precedentemente in erba, grazie a questa norma? Tripudio generale anche per gli sciagurati ulteriori 6 milioni di incentivo ai consumi di carburanti per l’autotrazione di veicoli privati che portano in totale a 66 milioni il contributo nel 2023. Tutto ciò mentre il clima aziendale presso le società del TPL si deteriora vergognosamente nell’indifferenza della Regione, che dovrebbe invece controllare quel contratto che è uno degli ambiti caratterizzanti la propria specialità regionale. Se questa misura agevolativa andasse solamente a chi avesse bisogno perché vive in aree non servite adeguatamente dal TPL ne basterebbe una frazione infinitesima. Cosa resta? Ah sì! Ci sono oltre 10 milioni per l’emendamento jolly, a cui si è fatto cenno con il consueto accompagnamento di ammiccamenti in Commissione, ma ancora ignoto all’atto della stesura di questa relazione, i cui milioni per adesso sono posizionati sui misteriosi capitoli dei “Nuovi provvedimenti legislativi”. Non rimangono così che alcuni milioni, pochi punti percentuali sul totale, dispersi su una discreta moltitudine di interventi, alcuni dei quali certamente funzionali.

Ciò che colpisce del percorso di questa norma è che nemmeno in una delle tante sedute ci sia mai stato un momento strategico, dove chi dovrebbe guidare la politica della regione ritenesse necessario condividere la propria strategia o i propri progetti per fronteggiare le criticità e le complessità del prossimo futuro. Sembra che la Giunta e la maggioranza in Consiglio abbiano innestato il pilota automatico. Altro che “Io sono il governatore del Friuli Venezia Giulia” come si è espresso il Presidente Fedriga di fronte al Presidente della Repubblica Mattarella in occasione della commemorazione della strage del Vajont. Di “governo”, così come vorrebbe l’etimologia della parola, non mi sembra ci sia traccia, ci sono solamente i riflessi condizionati di un ordinario amministratore di sostegno. Forse il messaggio del Presidente Fedriga al Presidente Mattarella, con quell’incipit, alludeva all’Autonomia Differenziata, che il suo partito persegue in ossequio all’asfittico principio che i privilegi vadano blindati. Attenzione allo sconquasso di tale norma, si ritorcerà contro proprio alle regioni che la propongono. Mancheranno i lavoratori! Comunque sia, di “memorabili gesta da governatore” in questo DDL 8 non mi sembra ce ne siano.

Colpisce invece, ad esempio, che al sistema scuola-università siano destinati meno di 1,5 millesimi dell’ammontare di questo assestamento. Certamente a chi dice di governare non preoccupa molto il fatto che siano proporzionalmente tanti, nel decrescente numero di giovani che se ne vanno della nostra regione, perché non trovano né affitti né tasse universitarie concorrenziali da parte delle università locali rispetto a quelle situate in aree più dinamiche del nostro paese – aree più dinamiche anche perché non hanno avuto amministrazioni di destra negli ultimi 5 anni. A chi dice di governare, non preoccupa nemmeno subire supinamente i piani di accorpamento delle scuole. Non c’è nemmeno la garanzia che non saranno accorpate le scuole di insegnamento slovene. Abbiamo sentito infatti ripeterci “che se ci sono meno scolari allora ci devono essere meno scuole”. Ma questo ragionamento va capovolto, esercitando quel gioco del rovescio mediante il quale, come diceva Antonio Tabucchi, spesso emerge la verità, ovvero: se ci sono poche scuole allora ci saranno meno scolari! Quanto si sarebbe potuto fare con parte delle tante risorse disponibili, per rendere più attrattivo il sistema scuola-università! Così andiamo proponendo inascoltati dai tempi del COVID.

Colpisce anche il ritiro nel 2023, con balzo a piè pari al 2024, dei 10 milioni di finanziamenti per i famosi progetti bandiera sull’idrogeno, così come di altri 14 milioni per la riconversione di aree industriali dismesse per la creazione di centri di produzione di idrogeno da fonti di energia rinnovabili, che avrebbero dovuto essere il fiore all’occhiello della Regione. Floscia pende dal pennone la bandiera, degli eponimi progetti, e il fiore all’occhiello, della giacca del Presidente Fedriga, è appassito già da molte primavere. Non è successo ancora quasi nulla in quel settore se non una moltitudine di annunci. Si deve concludere che quindi è soltanto l’annuncio, ciò che si ricerca. Quest’anno la scusa è che i ritardi siano ascrivibili al governo statale, ma non avevamo messo delle risorse regionali? E il governo statale non aveva promesso innovazione? Carsicamente riaffiorano (mai avverbio fu più calzante vista la nostra regione) 5 milioni dei 15, finanziati ormai tanti annunci fa, per i famosi progetti benedetti dall’accordo con NOVARTIS. Tranquilli! Mi hanno assicurato in Commissione che la casa farmaceutica non c’entra più nulla.

Preoccupa, in modo esemplare, il comma 17 dell’articolo 5. Sempre più spesso vediamo infatti, e a tutti i livelli, l’esercizio della legislazione derogatoria eccezionale. In questo caso si eliminano disposizioni che erano state introdotte per rendere più trasparente l’utilizzo di contributi e di ristori. Ma, se davvero era necessario intervenire d’urgenza – ricordo che gli eventi calamitosi sono avvenuti più di due mesi fa! – e se l’esperienza di Vaia insegna, i fondi per i ristori non sembra siano impiegati solamente per interventi direttamente legati alle emergenze per cui sono varati, perché dunque non si rispettano le disposizioni standard per i provvedimenti amministrativi. La legislazione in deroga eccezionale è molto pericolosa. L’esempio della cosiddetta Soprintendenza Straordinaria PNRR insegna che può provocare danni al patrimonio ambientale che è chiamata a difendere: leggi ovovia, tigli a Pordenone, ecc.

Parlando sempre di normativa derogatoria eccezionale all’articolo 5, comma 15, andrebbe specificato almeno che i ricoprimenti dovrebbero mantenere forma e colore invariati, e all’articolo 7, comma 3, la deroga prevista risulta ambigua e andrebbe riformulata.

In tema di ambiente, almeno leggendo i documenti che ci sono stati dati, non appare che le azioni promesse dalla L.R. bandiera n. 4/2023 FVGreen siano iniziate. Alla Tabella D, riferita all’articolo 4 infatti, vengono tolti oltre 2 milioni dai capitoli pertinenti. Forse qualcosa rientrerà con gli acquisti previsti alla tabella J dell’articolo 10, ma non ho sentito parlare di software per misurare gas climalteranti o per stilare il bilancio delle emissioni. Questa regione voleva candidarsi a raggiungere l’obiettivo di emissioni 0 di gas serra con 5 anni di anticipo rispetto all’Europa, ma se continua a non dotarsi degli strumenti per misurarli, non saprà nemmeno da dove cominciare e ci sentiremo ripetere con spudoratezza che gli incentivi per il carburante agevolato ad autoveicoli privati e alle compagnie low-cost, tramite la società aeroporto, hanno questo fine (!?).

Una riflessione approfondita va fatta sul tema dell’acqua. Se da un lato vengono assegnati 500.000  euro all’autorità d’ambito (ricordo comunque che il piano d’ambito almeno ai miei tempi era dell’ordine del miliardo di euro) è risultato invece inequivocabilmente, nella recente audizione dell’Assessore e dei portatori, non di acqua, ma d’interesse relativamente alla rinaturalizzazione del  Lago dei Tre comuni, la più totale mancanza di qualsiasi strategia regionale di mitigazione e di adattamento ai mutamenti climatici soprattutto per quanto riguarda le risorse idriche. Anzi il PNRR sembra essere il motore, di una scelta – ovvero la riduzione del flusso nel Tagliamento a fini di approvvigionamento agricolo – che potrebbe avere gravi conseguenze perché tale riduzione del flusso sarebbe proprio in corrispondenza dei pozzi di approvvigionamento del CAFC presso il Mulino del Bosso. Il Consorzio Ledra Tagliamento, nell’incontro avuto, ha mostrato documenti che attestano come l’approvvigionamento dei pozzi derivi dal versante orientale e quindi tale riduzione non dovrebbe alterare la disponibilità d’acqua dell’acquedotto più importante del CAFC, ma il “marcatore solfati” sembra dare indicazioni opposte. La Regione e l’Assessore all’ambiente non possono rimanere passivi a guardare, lasciando che a decidere della questione sia solamente la disponibilità di denaro data dal PNRR. Sarebbe urgente avere un gruppo di studio permanente per la questione idrica nella nostra regione, come avevo già proposto, peraltro inutilmente, ormai da diverse finanziarie. È comunque drammatica la mancanza di progettualità almeno in tema di mitigazione e adattamento se non di prevenzione dei mutamenti climatici. Non si può rispondere a questi eventi solamente derogando alle norme che disciplinano le modalità di erogazione dei contributi alla protezione civile.

Dei tre principali settori nei quali si manifesta la specialità di questa Regione ovvero trasporto pubblico locale, del quale ho già espresso il disinteresse da parte della Regione di svolgere il ruolo di controllore che le compete, ci sono la Sanità e gli Enti Locali. Circa la sanità ribadisco ancora una volta l’impossibilità di scalfire le logiche aziendalistiche che fischiano il fuori gioco al Consiglio. Incidentalmente ho chiesto in Commissione quali sono le strategie che la Giunta ha approvato per contenere le liste d’attesa con i 10 milioni assegnati a luglio. Ho ricevuto in risposta un foglietto con il numero di una delibera scarna che rimandava ad un riparto meno espressivo per specifiche e lunghezza, ancorché enormemente più pingue, degli appunti personali che ci facciamo quando andiamo al supermarket il sabato mattina. Mancano chiari indicatori di input, e indicatori di risultato. Certamente a partire da quel numero di delibera, come in una caccia al tesoro, si può risalire a molti atti, ma dubito che strategie definite in modo così frammentario possano essere misurabili, evidence based. Questa, non mi sembra una metodologia rigorosa per affrontare uno dei problemi più gravi che affliggono i nostri cittadini. Comunque un terzo di tale importo va al famoso privato accreditato. Il rimanente a non meglio precisati “acquisti di prestazioni aggiuntive” e forse qualche centinaio di euro ad assunzioni temporanee. Adesso capisco perché fu bocciato il mio emendamento nello scorso assestamento che chiedeva che in Commissione di spiegassero le strategie proposte dalle Aziende per far fronte a tale emergenza.

Circa gli Enti Locali, infine, si saluta con soddisfazione che, dopo aver smantellato in modo certosino qualunque possibilità di organizzazione sovracomunale quale poteva essere una ristrutturazione delle UTI, questa Giunta finalmente si renda conto che la tanto sbandierata re-introduzione delle Province come enti di area vasta, non è lo strumento efficace per affrontare la programmazione e lo sviluppo del terriotrio. Alla Tabella K riferita all’articolo 11 finalmente, come noi andavamo ripetendo ormai da 6 anni, si incomincia a utilizzare il vocabolo “sovracomunale”, premiando le iniziative non di area vasta, ma sovracomunali. Non si può che essere lieti che finalmente questa Regione abbia riscoperto una parola nel vocabolario! Sono lieto di vedere riemergere la logica delle UTI, chissà che tra qualche anno non si ritorni a 6 anni fa!

Un ragionamento diverso su questo DDL può partire a nostro avviso da considerazioni sulla natura delle entrate ovvero i 337,37 milioni dell’assestamento. Ebbene 250 milioni di questi derivano dall’iscrizione di 250 milioni di ulteriori entrate tributarie “giustificati del favorevole andamento delle stesse” come riportato in relazione. Mentre 87,37 derivano dal conguaglio di compartecipazioni ai tributi erariali spettanti alla Regione per annualità pregresse. Leggendo le Tabelle di variazione, circa la metà di questo importo, ovvero poco più di 140 milioni derivano dall’IVA “scambi interni”, che come avevo evidenziato anche nello scorso assestamento è tassa indiretta che colpisce tutte le fasce di reddito in modo uguale e dunque proporzionalmente in modo assolutamente iniquo le fasce più povere. E aspetto ancora più grave tale incremento è dovuto, in una misura che apparentemente nessuno ha il coraggio nemmeno di tentare di valutare, proprio dall’inflazione e dunque non costituisce ricchezza, bensì implica ulteriore povertà per i cittadini. Queste considerazioni indicano in primo luogo che le risorse in entrata, ancorché per certi versi ancora ipotetiche seppur tecnicamente giustificatissime, valgono meno di quanto numericamente sembrino. Non a caso alcune delle poste, anche in questo assestamento, sono dettate dal compensare l’aumento dei costi di interventi progettati e finanziati in passato. Ma soprattutto, l’analisi sin qui svolta indicherebbe che queste nuove risorse andrebbero impiegate per ridurre le disparità socio-economiche, nella direzione della maggiore equità. Tale riequilibrio si potrebbe realizzare restituendo l’ammontare delle addizionali regionali solamente alle fasce più deboli, irrobustendo gli strumenti per la stabilizzazione lavorativa, e potenziando il sistema di welfare e di inclusione sociale a favore degli “ultimi”. Purtroppo gli ultimi sono spesso invisibili a chi governa, infatti queste norme vanno invece quasi tutte a sostenere chi comunque non ha fragilità strutturali. Esempio emblematico sono i fondi di rotazione, assoggettati alla bancabilità sancita da un ente privato. Altro tema importante è quello relativo alle stabilizzazioni come discusse al comma 4 dell’articolo 7. Le risorse su questi incentivi di politica attiva del lavoro dovrebbero permettere di esaurire tutte le domande inevase presentate nel 2022 e del 2023. Ci risulta invece che ciò non sarà ancora raggiungibile, e se avverrà, avverrà solo nel 2024.

Oltre all’equità queste risorse in entrata andrebbero investite nella prevenzione, sia sanitaria che ambientale – anche se non occorrerebbe fare questa distinzione perché non c’è vera salute se non in un ambiente che dia benessere. Come si è già detto, andrebbero varati piani di mitigazione e di utilizzo di aree dismesse degradate pubbliche e piani di bonifica per contenere i danni delle improvvide azioni del passato.  Ma come ci è stato spiegato in relazione ad altre progettualità Regionali, si è evidentemente deciso, anche in questo caso, di “tenere il motore al minimo.”

Non ci saranno in eterno queste disponibilità finanziarie. In conclusione, come Gruppo Misto riteniamo che le enormi risorse di questo DDL non vengano investite in modo fruttuoso, quanto invece avrebbero potuto. Ci chiediamo se ci saranno risorse anche quando i problemi che segnaliamo non saranno più procrastinabili, o si agirà in modo estemporaneo anche allora?

Per tutti i motivi sopra esposti, in Commissione abbiamo dato voto contrario a questo mini-assestamento. Nel corso del dibattito in aula presenteremo comunque emendamenti e ordini del giorno nelle direzioni innovative che abbiamo indicato. Se però, come ormai avviene da quando si è insediata la Giunta Fedriga, la maggioranza preferisce presentare un provvedimento fotocopia la prossima occasione piuttosto che accogliere in anticipo un emendamento proposto dall’opposizione, il nostro voto sarà contrario sia per i contenuti che per le modalità operative del sedicente “governo” di questa regione.