Le prossime elezioni europee saranno le più importanti da quando, nel 1979, si è tenuta la prima elezione diretta per il Parlamento Europeo. Da allora l’Unione si è trovata a fronteggiare molte criticità, dal costruirsi un ruolo negli anni della Guerra Fredda fino alla sfida della moneta unica, passando per crisi e tensioni sociali. Ma queste sfide sono state affrontate sapendo che la grande maggioranza dei popoli condivideva il sogno di pace, solidarietà e unità dal quale l’Unione è nata.
Oggi non siamo sicuri sia ancora così. In molti Paesi serpeggiano sentimenti antieuropei, isolazionisti, nazionalisti e reazionari abilmente fomentati da classi politiche di straordinario cinismo e chi ancora crede alla vitalità perdurante del Sogno Europeo è costretto sulla difensiva, quasi a doversi giustificare per preferire un mondo solidale, inclusivo e aperto ad uno chiuso ed egoista.
Complessa appare la posizione delle forze di Sinistra. In tutta Europa sono queste ad aver pagato il conto elettorale della crisi economica e della globalizzazione, per non aver saputo promuovere politiche in grado di temperare il rigore economico con la salvaguardia delle conquiste sociali del ‘900. E oggi la partita di una rilegittimazione dell’Europa si gioca proprio nel campo progressista, attraverso la definizione di idee e politiche di inclusione e innovazione sociale ed economica sostenibile capaci di recuperare il consenso di quei ceti popolari usciti impoveriti dai processi in atto. In Italia e in Europa la Sinistra non può più permettersi di marciare in ordine sparso o di limitarsi a una retorica meramente difensiva. Ai disvalori della destra populista vanno opposti i valori dell’inclusione, dell’accoglienza, dell’uguaglianza e della solidarietà non solo tra ceti sociali, ma anche tra generazioni. Si parla molto in questi giorni di liste o listoni per le elezioni europee. La cosa peggiore che potrebbe essere fatta in tal senso è annegare il tema in un politicismo tutto sigle e formule a scapito dei contenuti.
Penso invece che per fare ripartire il Sogno Europeo sia necessario affermare fortemente che crediamo in un welfare europeo, in un modello di accoglienza europeo, una fiscalità europea che si ponga il problema di rendere più equo un sistema nel quale le grandi multinazionali – in particolare Amazon, Google e gli altri giganti del web – sono sostanzialmente affrancati dall’onere di pagare le tasse a fronte di fatturati stellari. Non è più pensabile un sistema dove i capitali circolano liberamente ma i diritti si fermano ancora alla dogana. Dobbiamo inoltre immaginare un’Europa che riacquisti una leadership politica e morale in temi fondamentali come la pace e la salvaguardia ambientale e su questi temi la Sinistra o gioca un ruolo da protagonista oppure non ha senso di esistere. Per contrastare realmente queste ingiustizie la dimensione statale (e ancor meno quella sub-statale) non sono certo adeguate: è solo un rafforzamento dell’Europa come istituzione e come idea di comunità che può agire utilmente in questo senso.
Il dibattito di questi giorni non ci aiuta. Dobbiamo tutti impegnarci per dare vita a una proposta politica il più possibile unitaria, che valorizzi non solo le appartenenze partitiche ma anche il patrimonio di competenze, esperienze e passione civile che emerge dal mondo associativo e dalla dimensione civica, trovando il modo di costruire nuove forme di partecipazione democratica per una Europa non solo dei governi, immaginando un grande spazio europeo delle comunità e delle città, dell’educazione e della ricerca. Questo sforzo unitario vale in particolare per la nostra Regione, per la sua collocazione geopolitica, per il prezzo che noi per primi pagheremmo in caso di un indebolimento strutturale dell’Unione e perché da quasi un anno viviamo ogni giorno le conseguenze nefaste di un governo regionale autoreferenziale e ostile anche al solo vocabolo “Europa”, che non compare mai nei provvedimenti legislativi.
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