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Relazione Honsell su DDL 112 “Modifiche alle disposizioni di coordinamento della finanza locale”

“Perché questo DDL è stato illustrato, esaminato e portato in aula così di fretta?” senza una congrua pausa tra illustrazione ed esame, senza tempo sufficiente per depositare le relazioni, per giunta nel consueto ingorgo normativo?

Questa è la domanda che mi sono posto, alla quale però non trovo proprio risposta, visto che la norma entra in vigore nel 2021.  Non voglio pensare che sia così per il fastidio nei confronti di un dibattito, che ancora una volta sottolineo, è l’essenza del metodo democratico, e almeno per quanto ci riguarda non è mai strumentale. Ben altra attenzione avrebbe meritato questo DDL che si pone in uno snodo legislativo multilivello cruciale, in quel punto di contatto che chiamerei, matematicamente, topologicamente triplo: Stato, Regione, Enti Locali. Questo DDL disciplina infatti quella che a livello di UE è considerata la chiave di volta del sistema europeo, la cosiddetta multilevel governance, cioè quel meccanismo, in continua evoluzione, attraverso il quale il potere, o la potestà, e la responsabilità che ne deriva, si distribuisce verticalmente e orizzontalmente tra enti governativi e quasi-governativi e si assoggetta a reciproci meccanismi di controllo e autorizzazione trasparenti. Un tema così importante sarebbe stato meritevole di ben altra attenzione. Invece ci siamo trovati obbligati ad un iter quasi in procedura d’urgenza. Faccio dunque l’ennesimo richiamo: questo Consiglio dovrebbe rivendicare una personalità diversa dal mero adempimento di approvare i DDL della Giunta. Perseverare in questo modo di operare significa venire meno a quella rappresentanza che si è rivendicata in campagna elettorale oltre a svilire il meccanismo democratico.

Non vi è dubbio che dopo il D.L. 25.11.2019 n. 154, che ha modificato lo Statuto del FVG recependo il concetto di “sistema integrato”, dovesse essere approvata una norma regionale che riflettesse quel passaggio per non renderlo puramente nominalistico. Ma proprio il fatto che la potestà legislativa sugli enti locali della Regione FVG è una delle caratteristiche qualificanti del suo Statuto di Autonomia (art. 4), la legge che l’assessore Roberti con orgoglio rivendica essere una “norma di attuazione”, non avrebbe dovuto ridursi, nemmeno nella forma, all’ennesimo intarsio normativo come invece purtroppo è questo DDL n. 112. In Commissione si è detto che questo DDL non avrà valore mediatico. Ma io al contrario penso che avrebbe potuto essere presentato come un passaggio storico nel declinare il concetto di autonomia. Invece si può leggere e valutare questo DDL solamente perché disponiamo di sistemi digitali multitasking che ci permettono di tenere una pluralità di documenti contemporaneamente aperti sui nostri desktop digitali tutti dotati di ottimi meccanismi di ricerca.

Proprio perché questo DDL fa della Regione FVG un “sistema integrato” avremmo dovuto riflettere molto di più su che cosa ciò possa e voglia dire. Così non è stato, ed è tanto più grave perché nel giudizio di parifica delle Sezione Controllo della Corte dei Conti di quest’estate, i giudici avevano proprio richiamato con veemenza l’attenzione su “le insidie che si possono annidare in una attuazione non ispirata da regole e principi efficacemente preordinati alla sana gestione finanziaria da parte di tutti gli enti locali” e ancora “le prerogative di autonomia impongono alla Regione di assicurare che l’esercizio delle funzioni e dei servizi comunali avvenga con contenuti validi non solo in termini di economicità ma soprattutto in termini di un’efficienza e di un’efficacia che risultino omogenee su tutto il territorio regionale”. Purtroppo non mi sembra il DDL n. 112 dia una risposta a queste richieste.

Inoltre questo DDL non può essere liquidato come un mero testo tecnico, anche se nella forma è certamente ermetico, ai limiti dell’autoreferenzialità inespugnabile.

Cerco quindi di riassumerne il senso e le criticità che ho riscontrato.

Il DDL n. 112 interviene sulla Legge Regionale n. 18/2015, spesso rimescolando i commi verbatim, anche dove non era strettamente necessario, facendo così a volte perdere il filo dell’intervento.

Come si è già detto cerca di declinare cosa sia il “sistema integrato”.

Allo scopo elimina le ultime vestigia delle UTI, senza però fare riferimento esplicito ai livelli intermedi tra Comuni e Regione come le “Comunità di Montagna” ad esempio.

Espunge tutti i riferimenti agli spazi finanziari e ai loro trasferimenti con le relative premialità e sanzioni, che seppure di fatto superati dalla Storia, ancora gravavano nel testo della L.R. n. 18/2015. Segna così la fine di quella triste stagione di ispirazione montiana che penalizzò il progresso dei nostri Comuni per tanti anni, come ben sanno i molti ex-sindaci che qui siedono, senza dare grandi benefici al sistema paese.

Introduce poi in modo, a nostro avviso, piuttosto generico, negli artt. cruciali 5-6 gli obblighi di finanza pubblica. Questi sono espressi in termini di soglie da rispettare, differenziabili per classe demografica, con eventuali ulteriori modulazioni e differenziazioni, per assicurare la sostenibilità del debito e della spesa del personale. Gli artt. 7 e 9 disciplinano quindi il loro relativo monitoraggio.

La prima criticità è un po’ la cifra di questa Giunta. Ancora una volta, anche in questo contesto, tutto è demandato ad un’altra fase. Decidere le soglie vuol dire infatti decidere gli obiettivi della finanza pubblica. Giustamente l’Assessore Roberti afferma che il valore di questa norma, che in quanto norma di attuazione dello Statuto (anche se non mi sembra che ciò venga scritto esplicitamente nemmeno nel titolo) diventa norma rafforzata e mette al riparo gli enti locali da future intrusioni da parte dello Stato come avvenne nell’epoca Monti. E giustamente l’Assessore Roberti rivendica la piena assunzione di responsabilità da parte della Regione nei confronti dello Stato anche rispetto agli Enti Locali. (E sappiamo bene che il liberarsi da responsabilità è sempre stato accolto con euforia dalle amministrazioni locali, amministratori e dirigenti contabili indistintamente.) Ma chi fisserà l’impatto del sistema integrato sugli obiettivi della finanza regionale? Lo deciderà una Giunta, magari modulando, con griglie opportunamente definite dopo attente simulazioni, che tutelino chi discrezionalmente ritengono. Con la formulazione di questa norma dunque, ancora una volta, si perde di vista rendendolo più lontano, e quindi opaco, il momento autenticamente decisionale. La V Commissione rimane ancora in gioco là dove già lo era nella L.R. n. 18/2015, ovvero all’art. 30, che però adesso è diventato più generico.

A nostro avviso la Commissione competente andrebbe coinvolta anche nella definizione dei criteri e delle soglie determinate negli artt. 5 e 6.

La parola “concertazione” che era la parola d’ordine della precedente L.R. n. 18/2015 non viene mai usata in questo DDL, anche se certamente non viene cancellata, ma come argomenteremo, ce ne sarebbe stato bisogno invece. Certamente sono previsti passaggi in CAL, ma forse ci si dimentica che il CAL ha oggi una composizione molto diversa da quella che aveva quando era stato concepito come il terzo contrappeso nella governance della Regione, all’indomani della riforma sull’elezione diretta del Presidente.

Ulteriore elemento di criticità di questo DDL n. 112 è la scomparsa di meccanismi premiali, incentivanti o sanzionatori. Eccettuato il rispetto della soglia, ovviamente. Ad esempio si parla di monitoraggio (artt. 10 e 13) ma non si sanziona più chi non fornisce i dati per tale monitoraggio in tempo. Si elimina qualsiasi riferimento oggettivo ad una banca dati, abrogando l’art. 31, comma 3, della L.R n. 18/2015 senza sostituirlo con un sistema gestionale trasparente che permetta di avere un cruscotto aggiornato.  Senza sanzione sarà difficile reperire i dati in tempo per assumere decisioni equilibrate.

Scompare nella legge anche qualsiasi riferimento ad una fase di sperimentazione. Forse si ritiene compensata dalla possibilità di modulare e differenziare i valori soglia, ovvero dalla genericità degli artt. 5, 6 e 7. La versione precedente dell’art. 21 della L.R. n. 18/2015 sul debito comprendeva molte tipologie da considerare in modo diversificato. Valgono ancora tutti questi distinguo?

Questo DDL n. 112 ha indubbiamente un suo senso, ma proprio il fatto che non ci sia stato un tempo sufficiente per soppesarlo ci lascia insoddisfatti soprattutto in merito al vero significato di un sistema integrato.

Si parla di sostenibilità della spesa di personale ma non la si raccorda al cosiddetto comparto unico, che non può essere ridotto all’aspetto salariale, ancorché cruciale. Il senso del comparto unico è quello di permettere una permeabilità tra i vari enti locali del sistema integrato che favorisca il trasferimento di esperienze lavorative e l’omogeneità dei servizi. Solo una mobilità del personale tra i vari enti lo può realizzare. Nella modifica dell’art. 35 della L.R. n. 18/2015 sembrano scomparire all’art. 13 addirittura le attività di formazione e informazione.

Manca inoltre qualsiasi riferimento alla concertazione, così come era stata delineata quando esistevano degli enti sovracomunali come le UTI. Non voglio difenderli oltre, ma l’assenza di quel livello si avverte in qualsiasi ragionamento strategico di gestione del territorio.  Le soglie introdotte in questo DDL sono cieche rispetto ai progetti sovracomunali. Si dovrebbe introdurre soglie o incentivi in modo integrato per aree vaste sovracomunali. Altrimenti si rischia di creare profonde disuguaglianze territoriali e quindi di non poter affrontare un’autentica programmazione strategica sovracomunale. Infine, il non prevedere incentivi rende molto difficile un indirizzamento che non può mancare in un sistema che voglia autodefinirsi integrato.

In conclusione pur riconoscendo la necessità di una norma nello spirito del DDL n. 112, certamente anche a causa del poco tempo, rimangono forti perplessità. Questa legge comunque non ci vedrà contrari, ma solamente insoddisfatti per aver perduto un’altra occasione per innovare un sistema che è ancora troppo frammentario. Porteremo, come è nostro stile, delle proposte costruttive al fine di favorire la costituzione di quei sistemi oggettivi di controllo di indicatori e determinanti e di codificare quei momenti di reale condivisione e concertazione che a nostro avviso sono i soli a poter qualificare un sistema come integrato.

Qui il testo del DDL 112

Relazione Honsell su DDL 107 di gestione concessioni di grandi derivazioni d’acqua a uso idroelettrico

Discutere una legge su questo tema, in questa regione, non è questione che possa essere guidata dai soliti criteri utilitaristici, nemmeno se strategici, e tanto meno da criteri opportunistici. La memoria di quanto vada ricordato non come la tragedia del Vajont, ma piuttosto come il massacro del Vajont, non è solamente vivissima in alcuni dei nostri cittadini sopravvissuti a quell’apocalisse che avvenne il 9 ottobre 1963 alle ore 22.39 in quella valle violentata dalla diga, ma ha segnato per sempre l’immaginario del nostro paese. Quel massacro è stato il risveglio brutale dall’incosciente e criminale euforia che aveva caratterizzato l’Italia del boom.

A 57 anni di distanza, nella nostra epoca presente, altrettanto arrogante e incosciente di fronte ai segnali tremendi del riscaldamento globale, nella quale l’umanità tutta è minacciata di estinzione precoce a causa del proprio avido stile di vita, il massacro del Vajont assume nuovi e più forti significati e ci rivolge moniti ancora più severi.

Il nostro scrittore più famoso, Carlo Sgorlon, sempre capace di trasfigurare la narrazione di vicende locali in allegoria universale, nel libro L’ultima valle racconta la parabola di un certo tipo di sviluppo brutale in una valle di montagna, ovvero in un Vajont metafisico, che inesorabilmente conduce tutto e tutti a ciò che in friulano egli chiama il montafin, ovvero la fine del mondo. Il primo dialogo del libro si apre con le seguenti e inquietanti parole di Siro, un vecchio e per certi versi originale, abitante della valle: “secondo me ci sono delle novità nell’aria”. Penso che queste parole esprimano nel modo più limpido quello che deve essere lo spirito che ci deve guidare nel discutere questa legge: il rispetto delle sensibilità delle comunità che vivono quei territori, che ospitano quegli invasi impressionanti, che contengono quelle altrettanto impressionanti masse d’acqua da cui è possibile ricavare l’energia rinnovabile di cui c’è così tanto bisogno oggi. Sono loro i primi e perciò anche i più titolati depositari di quel bene indisponibile che è l’acqua. Non basta più infatti la, pur commossa, umana pietà per i 1917 morti del massacro del Vajont. Si deve riconoscere fattivamente che l’avidità senza troppi scrupoli, la miopia dell’economia coniugata ad una semplicistica e sciocca fede nella tecnologia, che si illude di un’ideale di progresso facile, sono i pericoli più grandi che ancor oggi, anche sotto altre forme, non siamo riusciti a scongiurare.

Giungiamo al DDL 107, come ci ha abituati questa Giunta, sul filo del rasoio, ad horas dalla scadenza del 31/10/2020 prevista dal comma 125-bis del D.L. n. 18/2020 nazionale, che ha prorogato quella originariamente definita dal D.L. n. 135/2018, per disciplinare la regionalizzazione della proprietà delle opere idroelettriche alla scadenza delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche. “Alle Regioni”, recita la legge “è demandata la disciplina, con legge, delle modalità e delle procedure di assegnazione. Le procedure di assegnazione delle nuove concessioni dovranno essere avviate entro due anni dall’entrata in vigore della legge regionale e in caso di mancato rispetto del termine di avvio da parte della regione interessata, si prevede l’esercizio di poteri sostitutivi da parte dello Stato”.

Ringrazio il gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle e in particolare i consiglieri Sergo e Capozzella per aver fatto suonare la sveglia e avviato già molti mesi fa, nel sonno di questa amministrazione, un percorso che ha portato a depositare la PDL n. 98 nel giugno scorso, e che oggi è abbinata al DDL 107, stimolando così il Consiglio e la Giunta su questo tema, e per avermi coinvolto nella fase finale della stesura della PDL n. 98, che ho firmato.

Le due leggi, se viste da sufficientemente lontano sono simili perché traducono quelli che sono i principi previsti dal D.L. n. 135/2018 nazionale. Entrambe vedono la Regione assumere con decisione un ruolo da protagonista in tema di concessioni definendo con chiarezza il regime delle opere e dei beni, le modalità di assegnazione di concessioni, le procedure, i bandi e i criteri di valutazione. Vengono individuate misure di compensazione, di miglioramento energetico e di risanamento ambientale. Entrambe le leggi rendono concreta la possibilità della costituzione di una società idroelettrica regionale a capitale misto, pubblico -privato, per la gestione delle grandi derivazioni. In entrambe le leggi vengono fatti sforzi precisi per sfuggire agli esiti di una certa giurisprudenza che ha già visto impugnare con successo da parte dello Stato analoghe leggi regionali di altre Regioni e per non prestare il fianco a possibili ricorsi al TAR da parte degli attuali concessionari. Al riguardo va sottolineato che l’ipocrita grido di protesta di questi ultimi, che vede addirittura come anticostituzionale l’acquisizione, senza equo esproprio, delle opere cosiddette “bagnate” è da rigettarsi categoricamente in quanto non va confuso il ruolo di concessionario, quale quello che hanno sempre svolto, con quello del proprietario.

Viste più da vicino però le due leggi presentavano originariamente differenze importanti che sono risaltate in Commissione, anche a seguito delle audizioni, soprattutto dei sindaci dei comuni interessati, delle associazioni di cittadini, e dei lavoratori.

La distanza tra le due leggi si è ridotta in sede di approvazione in Commissione con l’accoglimento di alcuni spunti ed emendamenti presentati dall’opposizione, frutto di interventi anche nostri, e sono state promesse ulteriori modifiche in sede di approvazione.

In primo luogo sono stati inseriti, all’art. 9, comma 2, e all’art. 21, comma 2, i necessari passaggi dei regolamenti previsti dalla norma attraverso le commissioni consiliari. I DDL a cui ci ha abituati l’attuale Giunta sono spesso norme quadro, che prevedono regolamenti o ulteriori decisioni e che purtroppo la Giunta propone di precisare sempre in modo autoreferenziale. Questi cortocircuiti del Consiglio non sono opportuni.

Altro obiettivo raggiunto in Commissione è stato l’articolazione più ampia dell’art. 17 sulle clausole sociali. Giungiamo a questa legge dopo una fase, per certi versi non ancora conclusa, nella quale i lavoratori delle dighe, i cosiddetti guardiadighe hanno subito un trattamento da parte di alcuni concessionari che ha messo a repentaglio la loro sicurezza e quella degli impianti, trattamento che a volte aveva il sapore di quegli sfruttamenti che avvenivano nell’Inghilterra del ‘700 agli albori dell’era industriale. Trattamenti, sui quali, avevamo richiamato l’attenzione del Consiglio ancora due anni fa, anche come gruppo Open – Sinistra FVG. Non sono ancora concluse tutte le cause di lavoro ma tutte quelle concluse hanno visto il concessionario soccombere e condannare la pratica di ridurre il personale in servizio presente e speculare sui suoi orari di lavoro. L’attuale formulazione dell’art. 17 è adesso soddisfacente e tutela in modo molto più forte i posti di lavoro in essere e la qualità dei contratti.

Significative infine sono state le modifiche ottenute in Commissione relative all’art 18, comma 1, sulle cessioni di energia, e all’art. 24, comma 4, delle norme transitorie, che adesso vedono destinare il 100% delle cessioni di energia gratuita, o la loro monetizzazione, ai servizi pubblici e alle categorie di utenti delle Comunità di montagna e dei Comuni della Regione interessati dalle derivazioni.

 

Rimangono però ancora alcuni aspetti piuttosto significativi che segnano una distanza ancora da colmare tra le due leggi. Ci riserviamo di dare parere favorevole alla presente legge qualora queste distanze vengano ridotte con precisi emendamenti nell’articolato della 107.

Tutti riguardano la tutela delle comunità maggiormente interessate dalle derivazioni.

Il primo concerne l’art. 21 sul canone di concessione e in particolare la modifica della formulazione del comma 2 lettera b) che attualmente così recita: “Con regolamento regionale […] sono determinati […] i criteri di riparto della quota dei canoni spettante ai Comuni i cui territori sono interessati dalle grandi derivazioni d’acqua a uso idroelettrico”.  Come si è detto deve essere primaria la tutela e la sensibilità delle comunità su cui grava il maggior peso e rischio delle servitù che nascono dalle derivazioni e dagli invasi e quindi dal ridotto o alterato regime dei corsi d’acqua. Se questa legge avrà una valenza storica, questa sarà proprio quella di ribaltare la vecchia logica opportunistica e affermare una nuova logica per armonizzare il conflitto tutela del territorio-sviluppo economico ovvero quella di assumere il punto di vista della comunità stesse, che ben è stato espresso nella lettera dei 53 sindaci della montagna inviata al Consiglio. Una logica nuova questa, che avrà una portata, alla luce dei moderni risvolti di tale conflitto, anche in ambiti molto diversi. Quindi non può essere prevista una mera quota di canoni, ma questa quota va specificata in legge è posta al 100%! Se così non venisse fatto allora vorrebbe dire che non si è capita la lezione, e i territori montani o immediatamente a valle sono visti come territori da sfruttare da parte di altre realtà.

Il secondo aspetto riguarda la delicata questione dei miglioramenti energetici all’art. 14, che vedono ancora parlare di “pompaggio e di bacini di accumulo in quota” senza una visione olistica che tenga conto di tutti gli effetti collaterali. Il caso del Lago di Cavazzo infatti, avrebbe dovuto essere preso seriamente in considerazione in questa legge. Era, e dico era, il più grande lago naturale della Carnia. Oggi, dopo vicende che l’hanno visto subire variazioni di livello drammatiche e spesso anche repentine, che gli infliggono oscillazioni estreme di temperatura dell’acqua e della quantità di detriti, il Lago non viene nemmeno nominato, se non indirettamente attraverso l’inquietante ipotesi di ritornare ad essere il bacino da cui attingere per il pompaggio dei bacini di accumulo in quota. Se davvero si intende legittimare con questa legge operazioni di miglioramento energetico in questa direzione, non è possibile limitarsi ad un articolato che preveda ciò che si pensava definitivamente tramontato. Va definito in questa legge un punto di equilibrio tra le esigenze ambientali, turistiche e industriali. Non si vuole discutere il concetto di bacini di accumulo che se ben congegnati possono permettere di mitigare le conseguenze dei mutamenti climatici, ma un tema potenzialmente così oneroso per le comunità deve essere disciplinato con attenzione molto maggiore, oppure va vietato.

Veniamo infine alle debolezze dell’attuale articolato.

La prima critica severa è di carattere culturale. Questa legge, come ho argomentato, potrebbe avere una valenza storica per questa regione ma anche per l’epoca nella quale è varata, perché tratta di temi energetici. Invece è priva di qualsiasi passaggio valoriale e strategico nei suoi principi. È priva di slancio ideale. L’art. 1 della PDL n. 98 esplicitava in modo dettagliato i significati ambientali strategici che investono temi quali l’energia da fonti rinnovabili, gli usi plurimi e sostenibili delle acque, il raccordo con il Green Deal europeo e quanto si dovrebbe fare davvero per la next generation, cioè per coloro che verranno, non come il nome di un intervento finanziario. L’art. 1 del DDL n. 107 è invece privo di qualsiasi visione.

La seconda critica è collegata alla prima e riguarda la genericità dell’art. 12 sui criteri di valutazione e dell’art. 13 sugli obblighi e limitazioni gestionali. In entrambi andrebbero posti criteri più precisi e stringenti, andrebbe creato lo spazio per un ruolo proattivo volto a coinvolgere le comunità, che favorisca la presentazione di proposte di valorizzazione e tutela dei territori. Va imposto per legge di abbandonare la logica utilitaristica degli attuali concessionari, per accogliere una logica territoriale. Non si tratta solamente di mantenere i posti di lavoro ma di incrementarli, favorendo l’occupazione anche femminile, giovanile e innovativa. Va da sé che ciò non può essere messo brutalmente nel capitolato come prerequisito, ma questi principi dovrebbero informare l’articolo e il futuro capitolato al fine di sollecitare proposte migliorative in tal senso. La transizione energetica del green deal vedrà grandi opportunità occupazionali nel settore delle fonti di energia rinnovabile. Questa legge sembra non esserne consapevole e lascia aperte tutte le porte per un telecontrollo che veda, come già purtroppo avviene, il trasferimento di tutta l’intelligenza gestionale altrove rispetto ai territori la cui sensibilità è stata trascurata per troppo tempo.

Infine la terza criticità è quella più tecnica. Se la Regione vuole svolgere un ruolo da protagonista nel settore idroelettrico deve tutelarsi da patti parasociali che potrebbero rendere il suo 51% una mera ipocrisia a fronte di accordi che ne imporrebbero la subordinazione al partner tecnico ancorché di minoranza. Questo punto va chiarito altrimenti si continua a predicare di una società energetica regionale quando la Regione finirebbe solamente per assorbire le perdite e non partecipare agli utili, come spesso accade nelle situazioni miste pubblico-private.

Su tutti questi punti faremo degli emendamenti, al cui accoglimento subordineremo il voto favorevole a questa legge che altrimenti vedrà la nostra astensione.

In conclusione questa legge potrebbe essere una legge storica per la nostra regione e per tutto il paese che ci guarda a valle del massacro del Vajont. Una legge che tuteli la prossima generazione, l’autentica Next Generation, e non solo il next budget.

Non ci saranno molte altre occasioni per operare in favore di coloro che verranno, se le perdiamo, alla fine le dighe resteranno solitarie per coloro che non verranno.

Qui puoi scaricare il testo del Disegno di Legge fuoriuscito dalla Commissione

Realizzazione nuova strada in località Collina – Plotta (Paluzza) su esistente sentiero: pericolo e grave impatto su equilibrio ambientale

Come Open Sinistra FVG intendiamo fare una interrogazione nel prossimo Consiglio Regionale e qualora la risposta non sarà soddisfacente fare una mozione per dare voce ai cittadini di Paluzza che esprimono il loro dissenso alla realizzazione del progetto di costruzione di nuova strada in località Collina – Plotta, nel Comune di Paluzza, in luogo di manutenzione del sentiero esistente come previsto da legge regionale.
Semplici cittadini e Legambiente ritengono il progetto inutile e pericoloso e per l’equilibrio ambientale e di grave impatto in un’area di parco che dovrebbe essere attentamente conservata.

Commissione VI: necessari maggiori investimenti nel diritto allo studio

Questa mattina in Commissione VI c’è stata l’audizione di una delegazione di studenti dell’Università di Trieste che a nome di tutti gli studenti delle nostre due Università e in particolare di coloro che vivono presso le case dello studente, hanno presentato uno studio approfondito delle problematiche che attraversano in questo periodo di emergenza epidemiologica.
Molte #famiglie sono state penalizzate economicamente dalla pandemia e quindi per molte di quelle meno abbienti risulta molto più oneroso far intraprendere o far proseguire un percorso di #studi universitari ai propri figli. Le loro richieste riguardano sia forme di abbattimento del costo degli affitti per gli studenti fuori sede sia l’istituzione di borse servizi per studenti che provengono da famiglie con ISEE bassi, ma non tali da poter usufruire dei sussidi attuali.
Purtroppo le loro richieste non hanno ricevuto particolare ascolto dalla maggioranza anche se a giorni verrà varato una manovra di quasi 100 milioni che vedrà molte risorse indirizzate, spesso anche a pioggia, quindi non secondo criteri di bisogno, a tante aziende e verso la proroga per i pericolosi contributi per la benzina agevolata.
Come Open-Sinistra FVG siamo molto preoccupati che molte famiglie meno abbienti possano rinunciare a iscrivere i loro figli all’università, basti il dato che le domande per borse di studio anche entro la soglia ISEE da parte di matricole sono diminuite di un terzo. Ma la formazione universitaria sarà sempre più necessaria nel mondo post pandemia.
La nostra regione dovrebbe investire molto di più sul diritto allo studio in senso lato, facendola diventare una regione innovativa che favorisce e facilita gli studi universitari ben al di là di ciò che deve essere assicurato per legge. Auspichiamo che ci sia maggiore ascolto a questi temi in sede di bilancio di previsione.