Relazione di minoranza del Consigliere Furio Honsell Gruppo Misto/Open-Sinistra FVG relativa al Pdl 9 <<Modifiche ed integrazioni della legge regionale 16 maggio 2014, n.9 recante “Istituzione del Garante regionale dei diritti alla persona”>>.
Sono totalmente contrario, anche a nome di Open-Sinistra FVG, a questa proposta di Legge, e sono vivamente preoccupato che qualora venisse approvata ridurrebbe di fatto la garanzia e la tutela delle componenti più fragili della nostra popolazione.
La prima critica è metodologica. Questo PdL modifica, prima che sia terminato un quinquennio di applicazione, una legge che, come risulta dal parere di accompagnamento dei garanti è considerata con molto interesse a livello nazionale. Viene modificata dunque senza che ci siano le condizioni per un’analisi compiuta della sua efficacia. La stabilità delle leggi non è aspetto secondario della loro valenza. Dai Pitagorici in poi quasi tutti hanno sostenuto che la legge non vada cambiata se non a fronte di un’analisi approfondita volta a rimuovere un’ingiustizia, “L’innovazione normativa…non è né salutare né conveniente” (Sentenza Pitagoriche – Aristosseno). In questo caso ci troviamo di fronte proprio al contrario di questa massima legislativa plurimillenaria. Il motivo è del tutto occasionale se non opportunistico: si modifica la Legge per rimuovere in via transitoria un garante sgradito ad alcuni membri della nuova maggioranza, e non da tutti si badi bene.
Altrettanto grave è il fatto che questo PdL di fatto rinuncia all’aspetto qualificante della legge del 2014, ovvero la collegialità dell’istituto del Garante. Assicurare la garanzia dei diritti non consiste solamente in una funzione meramente reattiva, ovvero fatta in risposta ad una sollecitazione, ma è proattiva nel senso più pieno. È attività di analisi e vigilanza attiva. Non basta che ci sia solamente la terzietà dell’organo in sé, bensì devono essere create tutte le condizioni per assicurare la massima pluralità possibile di punti di vista accompagnati da massima competenza.
Durante l’audizione dei tre attuali Garanti a fronte della mia esplicita domanda se ritenessero la collegialità un valore aggiunto alla figura del Garante, e qualora lo ritenessero di dare un esempio dove questa si fosse manifestata, la Presidente del collegio ha affermato senza ombra di dubbio, a nome di tutti, che la collegialità è valore. Come esempio ha riportato la loro azione volta a tutelare e ridurre la recidività dei minori in carcere. Minori, quindi di competenza del Garante dei minori, ma anche “in carcere” quindi relativamente a figure private della libertà personale, di competenza di un altro Garante. Solamente la pluralità di prospettive, a detta della Presidente, ha permesso di cogliere la problematica a tutto tondo, problematica che sarebbe stata schiacciata se osservata solamente da un’angolazione.
Non vi è dubbio, quindi, che rendere l’organo di garanzia monocratico, ne riduce la forza di penetrazione e di tutela lasciandolo alle inevitabili peculiarità, se non addirittura gli arbitrii, di chi dovrebbe rimuoverli. Il ragionamento proposto dal Consigliere Camber, che più volte ha parlato di una figura apicale, tradisce quello che è il suo pregiudizio normativo. Quest’organo non è organo gestionale, che giustamente necessiterebbe per assicurare chiarezza nella realizzazione dei suoi obiettivi di un unico vertice, ma è organo di indirizzo che va affiancato certamente da soggetti capaci di svolgere istruttorie gestionali, ma non deve dipendere da un soggetto apicale che altrimenti dovrebbe essere un genio, oltre che tuttologo. L’indirizzo nasce dal contraddittorio e da analisi comparativa.
Altrettanto inopportuni sono tutti i ragionamenti legati alle indennità. Un garante, invece di tre garanti, è proprio il tipo di economia che non vale la pena di compiere per un ruolo così significativo nella tutela dei cittadini e delle minoranze. Tutto ciò sempre che si considerino importanti i diritti umani e civili.
Il PdL 9 appare anche molto generico rispetto ad altri due aspetti: le risorse che vengono attribuite all’organo e il meccanismo di selezione. Se non vengono esplicitate le risorse minime che permettono al Garante di svolgere la sua attività, il rischio che molta della sua energia vada sprecata nel superare le difficoltà burocratiche è concreto. Il meccanismo di selezione poi, deve essere un meccanismo di evidenza pubblica, e di analisi comparativa delle competenze. Competenze che devono essere comprovate in tutti i settori di azione del garante, pena il mutilarne la valenza.
In ultimo vorrei discutere l’altra grave criticità di questo PdL: l’attribuzione al Garante del ruolo di “difensore civico”. Questa Regione eliminò, senza troppa pubblicità, questa figura quando era retta da una maggioranza abbastanza simile a quella di oggi. Non vi fu dibattito. Oggi questa figura viene riproposta. Ma ciò viene fatto in modo superficiale. Ruolo, strumenti, dotazione, modalità di intervento non sono esplicitate nella legge. È come se il difensore civico nella nostra regione fosse un ruolo ovvio. Manca purtroppo da quasi dieci anni, invece. La sua reintroduzione, se fosse veramente convinta richiederebbe un articolato serio e approfondito, che tenesse conto delle esperienze recenti e che contemperasse funzione proattiva e funzione reattiva.
Il rischio dell’abolizione della collegialità in favore del organo monocratico, a cui viene aggiunto un ruolo aggiuntivo, crea dunque le condizioni per la paralisi delle attività. A fronte della mole di casi concreti verrà senz’altro meno il tempo per l’indirizzo autonomo di indagine e garanzia propria dell’Organo così come era stato concepito dalla legge del 2014.
In conclusione riterremmo prioritario non procedere con l’approvazione di questa legge che conferirà alla nostra regione una legislazione peggiore, che ci farà passare da regione all’avanguardia nella tutela dei diritti ad una regione banale. Proporrei di istituire con una legge autonoma la figura del Difensore Civico che recepisse tutte le caratteristiche che in questi dieci anni l’hanno arricchita nelle regioni dove è stata applicata.
Qualora questo PdL venisse approvato rimarrebbe quindi solamente l’amarezza nel constatare che ancora una volta la nuova maggioranza riduce gli strumenti per la tutela dei diritti e si avvia lungo una strada di pericolosa omologazione e di soffocamento dei pluralismi delle minoranze, che ricordo sono la nostra unica ricchezza come Regione speciale. Lasciatemi quindi concludere ricordando coloro che dopo 4 anni di lavoro importante di servizio alla nostra comunità vengono sacrificati all’altare del pensiero unico: Fabia Mellina Bares, Walter Citti e Giuseppe Roveredo. A loro il mio sentito ringraziamento per aver messo a disposizione la loro ineguagliabile competenza a beneficio del Friuli Venezia Giulia!
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