Relazione Honsell sul DDL 97 – Rendiconto per l’esercizio finanziario 2019

Relazione Honsell sul DDL 97 – Rendiconto per l’esercizio finanziario 2019

A distanza di due mesi dall’approvazione del DDL 99 di Assestamento di Bilancio, che già utilizzò una parte di quell’avanzo di amministrazione relativo al 2019 che verrà però certificato solamente dalla presente Legge, approviamo il Rendiconto per il 2019. Anzi, grazie ad un emendamento in “zona cesarini” approviamo anche il Rendiconto consolidato per l’esercizio finanziario 2019 (art. 1, comma 17). Il perché di queste tempistiche non è stato dichiarato.

Il lavoro delle commissioni si è svolto in un silenzio assordante, con una rapidità da centometristi. La Giunta e la maggioranza hanno evidentemente considerato tutto questo, niente di più di un noioso adempimento. Forse c’è stato qualche commento, accompagnato da un sorriso più o meno ironico, sul fatto che i pochi dati che originariamente comparivano nella manciata di articoli di questo DDL erano tutti sbagliati, in quanto diversi da quelli che compaiono nei tabulati accompagnatori. Numeri che sono stati armonizzati comunque da altrettanti secchi emendamenti. Alla domanda naturale che è stata posta: “Ma il giudizio di parifica redatto dalla Sezione di Controllo della Corte dei Conti del FVG ha considerato dunque i dati sbagliati?”. È stata data la risposta che “la Corte dei Conti controlla solo i tabulati, e quelli erano giusti”, dando da intendere che la prima versione di questa Legge non l’avevano letta nemmeno loro. Insomma, il DDL 97 era un mero esercizio di cut and paste non andato a buon fine.

Certamente allegati, dati, tabelle abbondano. Proprio la mole dei materiali offerti rende infatti piuttosto arduo analizzare che cosa sia veramente successo nel 2019 al di là dei numeri. Ma ritengo che non per questo ci si debba rinunciare e rubricare questo passaggio legislativo come una mera scocciatura burocratica, come è avvenuto sino a qui.

Per questo motivo ho deciso, cosa forse irrituale, di fare una relazione di minoranza da un’angolazione diversa.

Cercherò pertanto di dare il mio contributo in questa sede rifacendomi a 3 principi che ho imparato, occupandomi soprattutto negli ultimi anni di big-data, data mining e  machine learning e dei loro usi. Non dobbiamo infatti fermarci alla mera acquisizione del fatto che le risultanze dell’evoluzione odierna della partita doppia ci assicuri una coerenza dei dati. Forse questo bastava ai tempi di Luca Pacioli. Oggi dobbiamo e possiamo andare oltre ai numeri.

  1. I dati contano ma non raccontano.

Questa bella paronomasia sintetizza proprio ciò che rischia di mancare nel dibattito di quest’aula. Solamente il Relatore della Corte dei Conti ha cercato fino ad oggi di raccontare una lettura dei dati, cercando di far parlare i numeri. Ha analizzato nel merito soprattutto i due aspetti qualificanti dell’autonomia di questa nostra Regione ovvero Sanità ed Enti Locali.

Penso sia corretto riflettere su tale documento perché come recita verbatim “Questo giudizio, i cui esiti sono istituzionalmente destinati al Consiglio Regionale, (dunque siamo noi i destinatari) si pone come momento conclusivo del percorso della specifica attività di sezione, avvalendosi di altri controlli contemplati dalle norme di attuazione dello statuto, quale la DAS (déclaration d’assurance, ovvero dell’audit finanziariosi noti che si ricorre o al francese o all’inglese per specificare l’obiettivo, l’italiano pare difettare del concetto) con cui è stata attestata l’affidabilità del conto e la legittimità e regolarità delle relative operazioni e la relazione sulle coperture finanziarie adottate nelle leggi regionali.” Più avanti il relatore della Corte dichiara che il controllo DAS, che la Sezione è tenuta a rilasciare al Consiglio “ha registrato un numero di irregolarità (22) che pare eccessivo rispetto all’esiguo numero delle singole operazioni controllate (69)” ma aggiunge poi che “le irregolarità non si contano ma si pesano” e alcune sono di modesta entità ma il rapporto di quasi un terzo tra operazioni controllate e irregolarità riscontrate “depone però per un carattere potenzialmente diffuso di un’area di imprecisione contabile e amministrativa espressa anche dall’aumento dei debiti fuori bilancio […]”. Il relatore evidenzia però anche irregolarità di più ampia rilevanza che, anche dopo la riapprovazione del conto economico da parte della Giunta che ha emendato la prima versione, non hanno trovato “del tutto esaustiva soluzione” soprattutto per quanto riguarda la “non totale affidabilità dello stato patrimoniale”. Sono punti che andrebbero approfonditi senza richiedere una sollecitazione esplicita, ma comunque non ritengo che siano i punti più importanti oggi, perché la Sezione della Corte ha comunque “dichiarato al Consiglio Regionale l’affidabilità (ad eccezione di quella del capitolo 719) del rendiconto e la regolarità e la legittimità delle relative operazioni.”

Oggi è più importante richiamare altre considerazioni del Relatore espresse nel suo giudizio, che a mio avviso sono da far tremare le vene e i polsi, per usare l’endiadi dantesca. Penso che affermazioni come quelle contenute a pagina 14 e segg. e a pagina 484 e segg. dovrebbero ricevere una risposta approfondita che non c’è stata. Per questo ritengo che, per lo meno oggi, vadano stigmatizzate perché possano ispirare la nostra azione e quella della Giunta in futuro. Il relatore dichiara che l’assetto istituzionale del sistema sanitario regionale che è stato interessato dalla L.R. 27/2018 e dalla 22/2019 “non risulta completamente allineato a quanto previsto dalla normativa nazionale” (in particolare al Patto per la salute) “in ordine all’obbligatorietà di strutture multiprofessionali complesse di ampie dimensioni”, ovvero in tema di strutturazione dei servizi territoriali. E ancora: “Questa distonia si inserisce in un sistema territoriale sanitario di cui l’attività di controllo svolta negli ultimi anni ha evidenziato diffuse e gravi carenze di governance, unite a inadeguati livelli di disponibilità di servizi informatici aziendali”, “strumento necessario per uno svolgimento efficiente ed efficace delle attività. Ribadisce poi che contrariamente a quanto prevedeva la normativa nazionale già dal 1992 circa l’attivazione di Aggregazioni Funzionali Territoriali, e della Medicina di Gruppo Integrata, in regione ci si muova ancora “nelle more dell’evoluzione organizzativa verso tali forme di “microteam” multiprofessionali”. E questo è evidenziato in grassetto. Il relatore collega con preoccupazione tutto ciò alla LR 22/2019 nella quale si dichiara che certe forme organizzative multiprofessionali e interdisciplinari si “possono” solamente prevedere sottintendendo che invece si “dovrebbero attivare”. Insomma il relatore sottolinea che i centri di assistenza primaria o strutturazioni analoghe sono richiesti obbligatoriamente dalla normativa nazionale, ma non sono ancora riconoscibili in regione. Rileva infatti una “sostanziale debolezza delle reti territoriali per far fronte alle esigenze della popolazione in condizioni di non autosufficienza o di quella per la quale la gravità delle condizioni o la cronicizzazione delle malattie richiederebbe una assistenza al di fuori delle strutture di ricovero.” Il relatore prosegue indicando come “tale debolezza abbia fortemente pesato sulla gestione dell’emergenza sanitaria” e continua dicendo: “Lo stretto collegamento tra efficienza ed efficacia della rete sanitaria dei servizi territoriali e gestione della crisi sanitaria si è ben appalesato nel corso di questi mesi”.

Questo è indubbiamente un campanello di allarme che il Consiglio dovrebbe ascoltare al fine di svolgere un’azione efficace nel ripensare la sanità territoriale e distrettuale che risulta dalla recente normativa regionale.

Ritengo poi molto importanti tutte le considerazioni svolte dal Relatore nelle pagine da 558 a 573. In particolare dovrebbe ricevere una risposta, almeno per me che ha svolto per dieci anni un’importante azione a livello europeo nella rete dell’OMS Healthy Cities il seguente rilievo: “I dati appena esaminati espongono anche per l’anno 2019 un andamento generalmente non favorevole del rapporto di composizione dei tre livelli di assistenza: prevenzione, distrettuale e ospedaliera”. In particolare “la quota di costi destinati alla prevenzione appare diminuita anche rispetto al già pesantemente negativo andamento degli anni precedenti”. “Si evidenzia con forza, in particolare, il costante mancato rispetto dell’obbligo di destinazione al livello di assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e lavoro (la prevenzione), il cui valore da raggiungersi è pari al 5% del totale”. Infatti, dalle tabelle emerge che sia solamente del 3,04%. Il relatore conclude questa parte dicendo che “gli atti di programmazione generale ribadiscono con forza la necessità di diminuire la spesa erogata per i servizi ospedalieri a favore di una maggior spesa per servizi territoriali e di prevenzione, indirizzo strategico di gestione che, anche alla luce degli esiti di cura evidenziati nella gestione sanitaria della pandemia appena verificatisi, appare conservare tutta la sua importanza.”

Circa le considerazioni del Relatore circa gli Enti Locali, per mancanza di tempo riporto solamente due considerazioni. Il Relatore sottolinea “le insidie che si possono annidare in una attuazione non ispirata da regole e principi efficacemente preordinati alla sana gestione finanziaria da parte di tutti gli enti locali” e ancora “Le prerogative di autonomia impongono alla Regione di assicurare che l’esercizio delle funzioni e dei servizi comunali avvenga con contenuti validi non solo in termini di economicità ma soprattutto in termini di un’efficienza e di un’efficacia che risultino omogenee su tutto il territorio regionale”. In sintesi non basta erogare denaro per accontentare richieste di singoli comuni, ma sviluppare una concertazione di area medio-vasta che permetta di assicurare efficienza ed efficacia dell’azione.

Sono fiducioso che nel corso del dibattito verranno chiariti molti aspetti ma dovrebbero rimanere come tema da approfondire in quest’aula le raccomandazioni sull’assetto della sanità non ospedaliera e su una maggiore omogeneità nella gestione dei servizi da parte degli enti locali, che presumibilmente si può ottenere non rinunciando da parte della Regione a prevedere forme organizzative quali quelle oggi abolite.

  1. Non limitarsi a “contare quanto vuoi misurare” ma “misura ciò che conta”.

Voglio richiamare questo importante chiasmo a fronte dell’autentica “pandemia di tabelle e allegati” che accompagnano queste legge. Ovvero: “Quanto si discute di risultati, nell’attività di un Consiglio?” Certamente abbiamo a disposizione le cosiddette clausole valutative in alcune leggi e possiamo ascoltiamo le relazioni del Comitato per la Legislazione, il Controllo e la Valutazione. Ma un Conto Consuntivo dovrebbe fornire quegli indicatori di risultato o di impatto che soli permettono di valutare se l’azione è efficace, e non limitarsi meramente a indicatori finanziari di input output. Ad esempio, in commissione ho chiesto da dove derivasse l’avanzo di amministrazione, ovvero quale percentuale delle poste era stata impegnata. Ma è chiaro che questi conti sono valutazioni meramente contabili, che nulla dicono su ciò che conta veramente. Ci vorrebbe un osservatorio che misurasse il cosiddetto liquidato e non il mero impegnato, o perlomeno misurasse i tempi di latenza. Così come c’è un bilancio triennale ci dovrebbe essere un consuntivo triennale, che permetta di capire che cos’è che non sta andando a buon fine o viene rallentato. Ricorsi, sospensive, riserve frenano, ma ci sfugge qualsiasi forma di controllo per capire se quanto disponiamo venga realizzato.

  1. Ciò che si misura conta.

Misurare un determinante, un indicatore, o un indice di sintesi significa anche indicare cosa si ritiene importante. In Commissione ho chiesto se finalmente sia stato fatto un bilancio energetico della Regione che permetta di capire a quanto ammontano le emissioni di CO2 da fonti fossili, la nostra cosiddetta impronta carbonica; avrei voluto chiedere anche se si misurano certi indicatori di salute e di disuguaglianza. È chiaro che sotto il profilo ambientale e climatico viviamo ormai in un’emergenza permanente, ma non c’è modo di ricavare rapidamente il dato del “costo dei mutamenti climatici” ad esempio. Ci comportiamo come nella sala da pranzo del Titanic: il pianeta va a fondo ma si continua a ballare come se niente fosse al tempo di valzer e foxtrot.

Infine sarebbe importante avere un bilancio consolidato che non si limitasse, ad un ennesimo allegato sul quale non c’è stato tempo di riflettere approvato con un emendamento in extremis, ma permettesse invece di valutare l’azione sotto profili sociali e di genere. Misurare certi dati è di per sé, al di là dei valori numerici ottenuti, un atto politico che indica cosa veramente conti per noi.

Testo Disegno di Legge n. 97 fuoriuscito dalla Commissione

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