Relazione Honsell su provvedimenti sessione di bilancio

Relazione Honsell su provvedimenti sessione di bilancio

Questo pacchetto di DDL ci ha lasciati molto delusi. È un’occasione perduta per assicurare un autentico rilancio della nostra Regione, che tenga conto delle next generations secondo un modello di sviluppo sostenibile. Come Open Sinistra FVG abbiamo pertanto dato un voto contrario.

Nell’introduzione al DEFR, il Presidente Fedriga, con toni davvero trionfalistici, vanta la forte resilienza della nostra regione, che registra nel 2021 una crescita tra le più elevate tra le regioni italiane, del 6,2%, che garantisce un aumento del gettito tributario. Rivendica poi il successo del nuovo patto finanziario con lo Stato che riduce, per il 2022, la compartecipazione del FVG al saldo di finanza pubblica di ben 403 mln rispetto all’accordo precedente. Conclude che tutto ciò permette di far partire questa manovra da un “quadro di 4,6 miliardi di euro con poste superiori a quelle di partenza dell’anno precedente”.

Se a queste risorse si aggiungono gli ulteriori 1,3 miliardi di euro previsti dal PNRR per il FVG, si può ben dire che la pandemia non sembra aver lasciato quei segni che lui stesso paventava poco più di un anno fa, al punto di dichiarare “di non riuscire a pagare gli stipendi del personale sanitario”. Anzi all’Art. 8, Tabella H, Missione 13 – Tutela della Salute (Programma 1) si registra un incremento di oltre 48 Milioni rispetto all’anno precedente. Noi amaramente concludiamo che per la Regione FVG il Covid non è certamente stato, fino ad oggi, un problema finanziario, ma piuttosto una, ancorché tragica, opportunità.

Nella sua presentazione in Prima Commissione, l’Assessore Zilli ha confermato questa abbondanza di risorse dettagliando, con la chiarezza con la quale ci ha abituati, come si ripartiscono tra le direzioni. La sua prima considerazione è stata la decisione di non ricorrere nel 2022 al mercato finanziario. Fatto decisamente positivo, anche perché le decine di milioni riversate l’anno scorso sui comuni capoluogo, per progetti alquanto strampalati, ad esempio, non hanno ancora dato luogo a nulla di concreto, a parte, come ad Udine, dove si pensava di spostare il progetto del nuovo distretto sanitario all’ex Caserma al parco dell’ex-ospedale psichiatrico, la costituzione di qualche tavolo di lavoro e la modifica della decisione originale, di cui non ci è stata data notizia, però. L’Assessore ha poi assicurato l’impegno nel rafforzamento dei programmi integrativi regionali (PIR) alla programmazione europea 2021-27. Operazione certamente opportuna, se non che, purtroppo, non è mai stata fatta una presentazione della strategia nella quale si inquadrano questi progetti. L’Assessore ha quindi concluso che su tutte le direzioni saranno allocate maggiori risorse rispetto all’anno precedente per una somma totale di oltre 160 mln, ventilando la possibilità di investirne un ulteriore centinaio in aula, che a tutt’oggi sono a bilancio ma ancora libere da destinazione. Nessun problema quindi, a parte il fatto che ancora una volta ci troviamo, a dover svolgere una relazione che sarà già vecchia quando sarà letta?

Se ogni capitolo ha ricevuto maggiori risorse, e nessuno sembra fare sacrifici, perché c’è stato il nostro voto contrario in commissione?

L’eccezionalità del momento, che ha portato quest’anno in regione tante risorse dallo Stato, che fanno prevedere altri esagerati assestamenti il prossimo luglio, viste le capacità di spesa, come è avvenuto nel 2021, le tante altre risorse che arriveranno con IL PNRR, l’allentamento di tutti quei meccanismi di finanza pubblica che avevano stritolato la Regione e gli Enti Locali dal 2013 in poi, quali la compartecipazione al saldo di finanza pubblica, gli spazi finanziari, il pareggio di bilancio, richiederebbero un salto di qualità nella visione e nelle iniziative da attivare nel 2022. Necessiterebbe, insomma, una programmazione lucida. Non dimentichiamo infatti, che il nostro paese ha incrementato significativamente il debito pubblico quest’anno per assicurare queste risorse e non tutte quelle che arriveranno con il PNRR sono a fondo perduto, molte sono debiti che dovranno invece venire restituite nei prossimi decenni.

Questa manovra finanziaria invece manifesta una mancanza di strategia soffocante. È di una banalità scoraggiante. Non innesca nessun processo che qualifichi l’investimento di queste risorse nelle direzioni di una ripresa sostenibile, della resilienza, verso una sostenibilità ambientale, verso una transizione energetica con minore impronta carbonica. Non vi è nulla veramente proiettato sul futuro a favore di quella Next Generation di cui ci parla l’Europa, a cui si lasceranno solo debiti. Tristemente, non c’è nulla in questo pacchetto di norme, che guardi verso un orizzonte che non sia a breve termine. Tutto è business as usual, con l’ingenua soddisfazione di chi ha scampato per il momento il pericolo di un tracollo.

In primo luogo va segnalato, come ho commentato nella mia relazione sul NADEFR (a cui rimando per tante considerazioni che qui non ripeto), la più totale mancanza di coordinamento, macché dico?, mancanza addirittura di informazioni da parte degli Assessori, sul raccordo tra le attività previste nel PNRR e quelle di questa manovra. Nulla sulle tempistiche e sulle coperture.

Su ogni missione si sarebbe invece potuto dare una svolta rispetto al passato, come questo momento di ripartenza richiederebbe. Sarebbe a nostro avviso questo, l’unico modo rispettoso per dare un senso a tutta le sofferenze in cui ci ha trascinati la pandemia.

A incominciare dalla Sanità, si continua invece a versare risorse al buio. Non c’è nessuna garanzia che venga davvero realizzato quel raccordo ospedale-territorio, malgrado gli oltre 50 milioni in più rispetto all’anno scorso, la cui debolezza è stata la principale causa dell’impatto così forte della pandemia in Italia e in particolare in FVG. Tutto fa pensare quindi che si investiranno ancora risorse sul modello di una “sanità di prestazione”, magari assicurando prestazioni in outsourcing, da acquistare presso privati. I dubbi espressi dall’Assessore Riccardi sul modello proposto dal PNRR incentrato sulle Case della Comunità, che peraltro dichiara di voler perseguire nel NADEFR, senza dare peraltro alternative, pone seri dubbi che si possa mantenere efficiente il modello universalistico della Sanità, che era uno dei vanti di questo paese. Nulla ci fa pensare che verrà effettivamente assicurata a tutti quella continuità assistenziale che dovrebbe reggersi sul quadrilatero: medici di base, ambito socio assistenziale, distretto, ospedale. Il quadro che esce dalla cosiddetta riforma Riccardi, e dalle parole del suo autore in Terza Commissione, è molto incerto e confuso proprio sulla questione nodale: la sanità territoriale. Mancano le persone ci viene detto, ma non un solo comma dell’art. 8, affronta questo tema.

Sull’ambiente, Art. 4 viene riconfermata la logica elettorale dei contributi per la benzina agevolata ai privati indipendentemente dal bisogno, decisione tanto sciagurata quanto perseguita con dogmatismo. Non ci sono progetti di reale riconversione, per esempio, degli impianti a gasolio che sono tanto inquinanti, o per un piano di “emissioni zero” degli edifici pubblici. Il motivo è che non c’è pianificazione, né analisi quantitativa. Per abbattere le emissioni si dovrebbe prima di tutto calcolare quante ne vengono emesse, e poi decidere un piano pluriennale della loro riduzione con interventi quantificabili. Ma, pur avendo noi presentato la Proposta di Legge n. 77 “Disposizioni per la promozione di iniziative e azioni positive volte alla limitazione di emissioni di CO2 da fonti fossili e al riscaldamento globale antropogenico” che prevedeva proprio questo tipo di contabilità dell’impronta carbonica, nulla è stato fatto. Anzi non si è nemmeno spinto perché gli enti locali, ormai polverizzati e lasciati orbitare in totale indipendenza, redigano dei PAESC. Forse, così frammentati come sono ormai, non ne avrebbero nemmeno le forze, se lo volessero. Quanto sarebbero preziosi invece i PAESC, per poter suddividere il mezzo miliardo di risorse erogate agli enti locali nell’art. 9, nella direzione del Green New Deal. I criteri con i quali è ripartita questa fetta importante di del bilancio, che è cresciuta di 40 milioni rispetto all’anno scorso, è invece ancora quello tradizionale. Si parla ancora di risorse per la video sorveglianza, si pensi.

Si rileva come l’assenza di una vera riforma degli Enti Locali, stia penalizzando pesantemente lo sviluppo locale. Incidentalmente si rilevano le ingenti risorse che vanno agli EDR, che tolgono quindi ulteriori risorse di personale agli enti locali, e si stigmatizzano le assurde dichiarazioni di volerli trasformare a breve in enti elettivi. Ulteriori poltrone quindi. Ma chi svolgerà il lavoro concreto, per esempio per utilizzare i preziosi fondi del PNRR?

Relativamente agli artt. 2 e 7, si ribadisce che il rilancio economico andrebbe realizzato avviando dei piani di sostegno all’innovazione dal sistema delle imprese. Si deve scongiurare quel ruolo di terzisti, che molte delle nostre imprese svolgono, spesso a basso contenuto di conoscenza. È infatti alto l’indicatore di sovra-istruzione 28,4% contro 25% nazionale. Molte sono attività facilmente trasferibili dove il costo del lavoro è minore. Tutte le nostre ultime crisi finanziarie nascono proprio da questa dinamica. Purtroppo non emerge da questa manovra nessun meccanismo che permetta di superare la criticità.

Relativamente all’Art. 5, come ripeto ormai da molti anni, va ribadito che abbiamo oltre 100 km2 di aree militari dismesse e una quantità che, dubito sia mai stata censita di aree industriali e artigianali inquinate o abbandonate. Non c’è nulla in questa legge di stabilità che vada nella direzione del loro recupero e riqualificazione. Anzi l’edilizia agevolata, anch’essa abbondantemente finanziata, non viene indirizzata alla riduzione del consumo di suolo, o alla rigenerazione urbana o all’abitare innovativo (condomini solidali, residenze temporanee, co-housing, edilizia sociale privata). Le risorse vanno tutte a sostenere invece un’edilizia tradizionale.

Inoltre, gravissima emerge la situazione della montagna. Come già delineato nel NADEFR, elevato è l’indice di frammentazione del territorio naturale e agricolo 42% (36%) e la densità abitativa in montagna, a fronte di un 43% di aree montane, vede una popolazione del 18% (35% / 67%). Gli interventi definiti all’art. 2 non sembrano procedere verso un’inversione di queste tendenze, anzi il turismo continua a ragionare solamente in termini di poli sciistici e ovviamente di, a nostro avviso insostenibile, innevamento artificiale. Non si parla né di sostegno alle attività tradizionali, né di riqualificazione turistica in chiave escursionistica, estiva o sanitaria. Sarebbe quindi importante investire in modo significativo e d’intesa con il CAI nel recupero e riqualificazione di tutti rifugi montani.

La mobilità sostenibile nella nostra regione non sembra venire considerata. Non viene affrontato il tema del potenziamento della rete del trasporto pubblico, né una metropolitana leggera che colleghi i capoluoghi. In Quarta Commissione è emersa la mancanza di coordinamento con Ferrovie dello Stato per far uscire dall’attuale situazione ottocentesca il nodo di Udine, la sua stazione, e il collegamento con Palmanova che è ancora su binario unico. Si rileva il rinvio del progetto, ancorché non decisivo, di dotare di macchine elettriche le flotte delle amministrazioni pubbliche.

A scartamento ridotto sono gli investimenti a favore di Gorizia/Nova Gorica: Capitale Europea della Cultura.

Va rilevata positivamente all’Art. 3 la decisione di promuovere l’agricoltura biologica nella nostra regione, come avevamo più volte segnalato. Gli indicatori infatti segnalano che siamo ben al di sotto della media nazionale, mentre siamo ben al di sopra sia per l’utilizzo di fertilizzanti che di fito-farmaci. Sono pervisti 180 mila euro. Forse per promuovere l’agricoltura del futuro si doveva investire di più.

Un’ultima osservazione sull’Università, dispiace vedere che la Regione si presti allo scavalcamento del coordinamento tra Università con il comma 12 all’Art. 7. Una cifra minima, ma proprio perché minima chiaramente in contrasto con strategie di più ampio respiro; nessuna Università avrebbe difficoltà a reperire 50.000 euro a questo fine se davvero lo ritenesse importante. È un’operazione che rischia di confondere invece che di consolidare la formazione degli insegnanti. E tutto ciò avviene mentre si spezza la collaborazione inter-ateneo nel settore cruciale della formazione dei Tecnici della sicurezza nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, che io stesso in qualità di Rettore avevo fatto partire nel 2004 affinché le competenze del dipartimento di Medicina del Lavoro dell’Università di Trieste potessero formare anche tecnici in Friuli e si potessero allargare le opportunità di tirocinio e quindi della cultura della sicurezza. Qui sì la Regione sarebbe dovuta intervenire! Questi tecnici hanno svolto un ruolo importantissimo nella pandemia, là dove disponibili.

Con lo spirito costruttivo che ci ha sempre contraddistinto faremo proposte, emendamenti e ordini del giorno, nelle direzioni che abbiamo delineato in questa relazione che nell’attuale pacchetto ci sembrano inadeguate. Va anche ricordato che questa sarà l’ultima manovra prima di quella elettorale del prossimo anno per poter lasciare un segno tangibile del progresso realizzato in questi 5 anni. Temo che se non verranno accolte nessuna delle nostre indicazioni però, l’unico ricordo che la prossima generazione avrà di questo quinquennio sarà quello tragico dell’alto numero di morti di questa pandemia e dell’alto debito che dovranno ripagare.

 

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