Hai scritto: “In questi momenti l’opacità è pericolosa”.
Opacità che non significa la discrezione e il rispetto del silenzio, quando parlare – e parlare forte- è un dovere.
E ascolto è farsi corresponsabili di ciò che ci viene detto , condividendo razionalmente e altrettanto razionalmente dissentendo.
Ci sono situazioni e tempi in cui il silenziò è complicità.
Grazie Furio.
Certamente i risultati non ti confortano ma, nel successo e nell’insuccesso, il percorso assume un valore che può sorprendere, quando capiti di incontrare compagni di strada che danno sostanza a quello che sembra ignorato nell’istituzione cui sei stato eletto e sepolto dalla indifferenza della società civile.
Ho riletto in questi giorni il saggio/prefazione di Thomas Mann alle ‘Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea”.
Te ne trascrivo un passo, una breve citazione delle parole di un giovane partigiano francese, torturato dalla Gestapo e fucilato senza processo, che possono liberarci dalla dicotomia rigida, astorica e sterile del successo e dell’insuccesso.
“Poiché sono senza religione non mi sono sprofondato nella meditazione della morte: mi considero un po’
come una foglia che cade dall’albero per fare terriccio. La qualità di quel terriccio dipenderà da quella delle foglie”.
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