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Su replica Roberti a lettera sindaci su gestione minori non accompagnati e richiedenti asilo

“Inquietante, la risposta di un assessore regionale alla lettera dei sindaci che chiedevano maggiore aiuto nella gestione dei minori non accompagnati e dei richiedenti asilo.

Roberti fa dell’ironia di fronte ad una problematica oggettiva, che non si risolve con qualche comizio davanti a un centro di accoglienza come ha fatto il suo mentore e nostro presidente Fedriga. Chi è sindaco, come chi è Assessore ha responsabilità istituzionali che non deve mai dimenticare. I problemi non si risolvono scaricando responsabilità o con slogan elettorali e certo non si può pensare di trasformare in una best practice l’imbarazzante “modello Gonars”, frutto di uno scadimento non solo politico e amministrativo, ma anche morale della politica leghista. Ma forse questa Giunta risente delle intimidazioni di Casa Pound, megafonamente espresse recentemente in Consiglio Regionale?”: ha dichiarato Furio Honsell di Open-Sinistra FVG.

“Chi opera nelle istituzioni deve smettere di fare campagna elettorale per affrontare con senso di responsabilità la realtà , per quanto possa essere molto più difficile di quanto credesse quando si candidava.”

Qui sotto l’articolo del Messaggero Veneto:

Il trionfo dell’antipolitica

Tra il “prima” dell’irruzione fascista e il durante non c’è stato un vero salto lessicale. “Clandestini, la necessità di foto-trappole, termo-scanner, l’inattività di un governo centrale colpevolmente disinteressato…” erano le parole che risuonavano nell’aula del Consiglio Regionale durante gli interventi della maggioranza mentre la VI commissione era riunita per approvare il Piano Regionale dell’Immigrazione che in verità nulla aveva di piano. E “clandestini, esercito, basta…” furono le parole megafonate dal nutrito manipolo schierato a falange a protezione del proprio oratore-leader. Tutti in tenuta balnear-eversiva affinché le nudità tatuate esternassero la massima valenza mediatica. Tante braccia alzate per raccogliere con il telefonino quelle immagini che rinnovavano imprese di “legionari” del passato a cui si ispiravano.
Ma come è stato possibile che siano potuti accedere in un palazzo nel quale normalmente bisogna firmare per entrare e dimostrare che la propria temperatura corporea è più vicina a quella del rettile che del mammifero? E perché nessuno ha avvisato l’aula del loro imminente arrivo nel tempo che ha richiesto alla falange, seppur muscolata, di raggiungerla percorrendo 4 rampe di scale?
Fatto sta che io sono dovuto scattare in piedi per poi uscire dall’aula reclamando a gran voce un intervento del Presidente della Commissione e dell’Assessore, scandalizzandomi che seppur interrotti ascoltassero, e non c’è stata una tempestiva presa di posizione da parte della Giunta.
Sì di un vero e proprio attentato alla democrazia si è trattato quanto è avvenuto la mattina del 4 agosto 2020 nell’aula del Consiglio Regionale. Di un attentato alle istituzioni. Tacerò delle reazioni che hanno avuto i Consiglieri anche perché molto è già stato detto e condannato, per concentrarmi invece sul fatto in sé.
Quanto è avvenuto è grave e pericoloso, anzi pericolosissimo. Dimostra che non si è ancora capita la forma più alta di civiltà politica che l’umanità ha saputo esprimere dal Paleolitico inferiore: la democrazia rappresentativa. È ben più sottile della democrazia diretta tanto rivendicata da coloro che hanno cavalcato e cavalcano l’anti-politica e certamente incommensurabilmente superiore alle dittature e ai fascismi. Ne richiamo i principi. I rappresentanti politici sono coloro che incarnano il dialogo, la mediazione. E mediazione significa soprattutto innovazione, superamento del limite del pre-giudizio del pre-concetto. Poi solamente dei rappresentanti possono essere sottoposti al giudizio dell’elettorato: facendo così in modo che chi è controllato non sia anche controllore. Solamente in un Consiglio di rappresentanti democraticamente eletti l’opinione delle minoranze può essere salvaguardata, perché non sono più solamente il numero di tatuaggi o la circonferenza dei muscoli a contare o l’ostinazione massimalista, ma la forza persuasiva delle proprie idee.
Il Consiglio poi non è il luogo dove si cerca di realizzare il mito della giustizia assoluta, che sarebbe altro nome per dittatura. Parafrasando Amartya Sen, il meglio non è realizzare la verità assoluta perché questa non esiste, come ci insegna l’altra grande conquista dell’umanità ovvero il metodo scientifico. Il meglio è il progresso ottenuto riducendo ogni giorno un po’ di ingiustizia. Il Consiglio non è il luogo dove non si compiono degli errori ma è il luogo dove da tali errori si dovrebbe sapere imparare.
I falangisti che hanno fatto irruzione nel Consiglio Regionale interrompendo con la loro violenza il dialogo democratico, non l’hanno capito. Sono i beneficiari di una civiltà che progredisce, seppure lentamente, attraverso meccanismi che non sanno comprendere ma rischiano di alterare. I meccanismi democratici sono delicatissimi e facili da distruggere, come ci mostrano gli autoritarismi del passato e del presente, e sono difficilissimi da ripristinare una volta spezzati.
Il pericolo di quanto è avvenuto è molto concreto poi, proprio per la contiguità dei concetti e delle modalità di espressione di questi giovani con tanta dell’attuale politica.
In primo luogo il tema: i richiedenti asilo. Tema certamente antico ma sempre più importante a fronte delle disparità planetarie che stanno emergendo.  I migranti sono stati i capri espiatori di tutta l’ultima campagna elettorale, basata dalla destra che ha vinto, sulla paura del diverso. Io stesso sono stato ri-accusato non più tardi di qualche settimana fa dallo stesso Presidente Fedriga in aula di essere “uno di quelli che li vuole”. Innumerevoli sono stati e saranno ancora i comizi davanti alla Cavarzerani e gli altri luoghi di accoglienza o detenzione da parte di tanti uomini politici avidi di facili consensi. Il tema dei migranti è invece un tema difficile perché investe la nostra etica, il nostro diritto di sentirci parte di un’umanità. Non va trattato in modo semplicistico come “chi è a favore degli arrivi” e “chi, invece, è contrario”. Il problema va posto altrimenti e insieme a quelli più gravi dei quali è conseguenza, come la pace, lo sviluppo sostenibile, i mutamenti climatici, la pandemia. Va detto senza mezzi termini: i sentimenti e i pensieri di questi squadristi, sui migranti, sono stati aizzati dagli apprendisti stregoni oggi in maggioranza in Regione, che hanno cavalcato e cavalcano le paure. La mostruosità antidemocratica di quanto è avvenuto è amplificata anche dalla contiguità delle modalità mediatiche da loro frequentate. Il significato dell’irruzione sarà la sua risonanza mediatica lo scopo era fare un video. (Ricordate quello del citofono al presunto spacciatore dell’ultima campagna elettorale in Emilia Romagna?)
Il Presidente Fedriga disse in Consiglio poco tempo fa “Mi rivolgo a quelli che ci seguono anche da casa…” Il dibattito politico nei luoghi deputati sta scomparendo. Tutto è fatto attraverso dirette FB senza confronto, ben più difficile è sostenere invece una tesi in Consiglio Regionale.
Quanto abbiamo visto qualche giorno fa è l’apoteosi del pensiero antipolitico. È la conseguenza delle urla che sentivamo alcuni anni fa, “Tutti a casa”, di coloro per cui la difficoltà dei problemi non esiste per cui le soluzioni non hanno chiaroscuri.
Carissimi giovani e carissimi colleghi l’unica verità è che la soluzione non c’è sempre. Sempre, invece, la si deve cercare! E gli strumenti sono quelli del metodo scientifico, del dibattito nella democrazia rappresentativa, che hanno fatto abbandonare ad alcuni di noi la clava del Paleolitico e qualsiasi altro tentativo di intimidazione per rispettare invece le regole e i tempi della democrazia.
Cari concittadini, pensate anche a quanto è successo qualche giorno fa a Trieste, quando dovrete votare in settembre al prossimo referendum sul numero dei rappresentanti in Parlamento. Pensate al cosiddetto “paradosso del sorite” di Eubulide di Mileto: “se da un mucchio di chicchi di grano, o di rappresentanti, ne togliete qualcuno, resta sempre un mucchio, ma dopo un po’ per quanto fosse grande il mucchio iniziale rimane solamente l’ultimo chicco, ovvero il dittatore”.

Relazione Honsell “Assestamento del bilancio per gli anni 2020-2022”

Questa legge di Assestamento del bilancio non è una legge di assestamento del bilancio! E in questa antinomia, che a leggere bene non è tale, per la mutazione della lettera iniziale di “assestamento” dall’A maiuscola, nel nome della norma, all’a minuscola del complemento di specificazione della copula, è già condensata la mia relazione.

Sempreché non giungano, come da mala tradizione, emendamenti importanti che rendano tutti i ragionamenti apparentemente non più attuali. Dico “apparentemente” perché se degli emendamenti di rilievo arrivano quando ormai tutto il processo istruttorio di approfondimento svolto nelle Commissioni si è completato, significa che ancora una volta la Giunta sceglie di cortocircuitare le regole della prassi democratica, e agisce “di sorpresa” correndo inoltre tutti i rischi di una decisione impulsiva e affrettata.

Questo DDL di assestamento non è un DDL di assestamento perché non lo accompagna un DEFR pluriennale degno di questo nome al quale possa appoggiarsi, nel rispetto del principio programmatorio che invece dovrebbe informarlo ai sensi del DL 118/2019. L’assestamento non dovrebbe infatti ridursi ad una lettura meramente contabile dello stato dell’arte. Ma il DDL 99 non è un assestamento soprattutto perché le relazioni di accompagnamento della Giunta ai documenti e le dichiarazioni del Presidente in questo periodo relative all’incertezza sulle entrate e all’enormità delle spese previste, sembrano indicare che il bilancio non è né assestato né forse assestabile. Dunque, al di là della preoccupazione oggettiva per questo fatto, emerge la domanda: quale contenuto è dunque chiamato ad approvare questo Consiglio con questo DDL?

La risposta c’è, ma è banale: il DDL 99 è l’ennesima norma di manutenzione non strategica che questa Giunta ci somministra con cadenza mensile ormai da più di due anni. Ricordo che il DEFR sarebbe il primo atto che individuerebbe l’orizzonte di arrivo di questa Giunta, si chiama infatti DEFR 2021-2023!  Ma cosa aspetta questa Giunta a dire quale sia la sua strategia e delineare un futuro coerente per i nostri cittadini?

Insomma, prendiamo atto, come se ce ne fosse ancora bisogno, che nemmeno nei momenti topici della vita amministrativo-gestionale della legislatura, quale l’assestamento-DEFR pluriennale, questa Giunta riesce o vuole programmare. C’è indubbiamente un deficit di leadership! L’ho detto ormai molte volte. Si preferisce navigare a vista. Certamente ci sono delle incertezze quanto al gettito fiscale sia diretto che compartecipato e ci saranno spese sanitarie impreviste per prevenire un possibile secondo picco autunnale del COVID ma, dall’altro lato sono previsti contributi straordinari dallo Stato per parecchie centinaia di milioni, e sono prevedibili ulteriori risorse a seguito degli accordi sul Recovery Fund europeo e forse anche dal MES.

Come ho scritto nella relazione al DEFR ce ne sarebbero di interventi strategici da pianificare! Dal contrasto al fenomeno degli inattivi in regione (il cui numero è impressionante e in continua crescita) e della contemporanea diminuzione degli occupati, a come consolidare l’infrastruttura telematica, a come ridurre il ritorno a stili di vita dall’impronta carbonica insostenibile. Questo DDL, invece, come ormai siamo abituati, snocciola in modo caotico un’antologia di norme non strategiche ma puntuali, così di minuscolo cabotaggio al punto che non ha nemmeno senso commentarle in sede legislativa, in quanto sono meri dettagli gestionali. Alcune sono anche totalmente condivisibili come L’Art. 8 comma 2 e successivi, che proroga la Misura attiva di sostegno al reddito lungo quelle linee che non sono incompatibili con il Reddito di Cittadinanza. Altri sono necessari come i commi, sempre nell’art. 8, relativi al ripiano delle perdite degli enti del Servizio sanitario regionale. E qui va detto per inciso che sarebbe stata opportuna un’analisi nel DEFR sulla natura di tali sbilanci: quali sono contingenti, ovvero dovuti all’emergenza epidemiologica, e quali invece sono strutturali? Ciò sarebbe opportuno soprattutto alla luce delle accuse di “spese fuori controllo in sanità” che erano state mosse da chi attualmente ha le redini di tale assessorato a chi le aveva in passato. Forse non lo erano dopotutto?

Nel quadro fosco e inquietante, che ci consegnano le relazioni di accompagnamento e le dichiarazioni del Presidente, risaltano però due fatti contabili di contesto, e quindi estranei in senso stretto al DDL 99, che però ne costituiscono premesse fondamentali. Tali fatti risultano poco comprensibili e pertanto estremamente preoccupanti. E poiché temo che non si chiariranno a meno di emendamenti dell’ultima ora, condizioneranno negativamente la nostra valutazione globale di questo DDL.

  1. L’avanzo di amministrazione non è stato applicato, pur essendo dichiarato nella nota di accompagnamento al DDL che sia “possibile individuare un avanzo di amministrazione effettivamente disponibile di 98M”.
  2. Con una facilità oserei dire funambolica, che ricorda quella degli Harlem Globe Trotters degli anni ’60, ci viene presentato un palleggio di spesa di circa 60 milioni, tra titoli e capitoli diversi rispetto ai precedenti, a copertura delle poste delle Leggi regionali n. 9 (Roberti) dello scorso maggio e la n. 11 dello scorso giugno (Bini). Quanta disinvoltura, quanta nonchalance! A titolo di esempio nella Legge 9 si trovano 7M in meno sul Programma 2 Titolo 2: “Edilizia residenziale pubblica e piani di edilizia economico popolare”, ebbene, nell’Art. 5 Comma 2 del DDL 99 sono reinseriti 7M nella Tabella E sul Titolo 2 Capitolo 3300/S (Misure di sostegno per l’attuazione delle politiche abitative). Non è successo niente in edilizia! Dov’è stata dunque scaricata la spesa? Non penso valga la pena di fare la caccia al tesoro tra i capitoli del bilancio per vedere che cosa sia stato ripristinato e che cosa non lo sia stato, rispetto a quanto era stato tolto meno di due mesi fa, e da dove quindi sia adesso, ma solo per il momento, stato tolto per raggiungere la somma di 60M. Altrimenti, non solo ci si perderebbe in questa catena di Sant’Antonio del Bilancio che forse solo l’Assessore Zilli e il suo più stretto Dirigente riescono a seguire, ma soprattutto non è detto che le coperture non cambino tra qualche mese, al prossimo assestamento!

Questi due fatti ci spingono a fare le seguenti considerazioni.

Circa il primo fatto, rinunciare ad applicare l’avanzo d’amministrazione vuol dire azzerare alla radice qualsiasi tentativo strutturale per reagire alla situazione emergenziale. Molte sarebbero le direzioni lungo le quali utilizzarlo per rendere più resiliente la nostra regione: dall’infrastruttura digitale a quella sanitario-preventiva o a quella delineata nella recente delibera relativa alla sessione europea, che prevedeva un forte impegno nella transizione energetica. Tale avanzo se ben indirizzato permetterebbe di avviare nella regione un piano di innovazione industriale che faccia leva su quegli aspetti che sono emersi nel periodo del lockdown, dalla necessità di un potenziamento della sanità territoriale, e delle reti sociali, a quello del ruolo ineliminabile dei negozi di vicinato, dal sostegno agli stili di vita e di lavoro più smart e meno impattanti dal punto di vista climatico, al potenziamento del settore manifatturiero e in particolare medicale. Come ho evidenziato nell’analisi al DEFR si dovrebbe puntare a coinvolgere quella risorsa inestimabile ma attualmente sprecata che sono gli oltre 200K cittadini attualmente inattivi che purtroppo sembrano destinati a crescere in numero. Perché dunque rinunciare ad usare l’avanzo?

Circa il secondo fatto, il funambolismo finanziario rilevato è indice di alcune dinamiche agghiaccianti nella loro gravità. Vi sono pieghe del bilancio nelle quali si disperdono decine di milioni, tanto che poca differenza fa dove si dice che si tagliano 60 M e dove si dice invece che si intenderebbe spenderli, in quanto non si spendono comunque!  Non c’è capacità di programmazione e quindi non c’è capacità di spesa! I 7M dell’edilizia sono emblematici. Con ogni probabilità li ritroveremo ancora parcheggiati lì insieme a chissà quante altre voci non spese anche nel prossimo futuro. Vi sono troppe “poste” che vengono “poste lì” solo con intento mediatico. Fu sorprendente la spazzolata al bilancio fatta lo scorso maggio per racimolare parecchie decine di milioni. Noi dell’opposizione ci scandalizzammo, pensando che fosse cosa seria. Oggi apprendiamo che era solo un “gioco delle tre carte” molte delle poste sono ritornate. Ma poiché la variazione è sostanzialmente a somma zero, altre poste sono temporaneamente tramontate. Ma niente paura, non se n’è accorgerà nessuno, non ci sono effetti! Tanto tutto è fermo comunque!

Perché allora in questa situazione, tutto sommato pingue, dobbiamo assistere alle lamentazioni delle fedrighiadi sullo “Stato matrigna”? Sulla necessità inderogabile, pena il tracollo della sanità, di non corrispondere più il contributo per il saldo di finanza pubblica? È tutta solamente una sceneggiata di propaganda politica giocata sui social in vista delle prossime consultazioni elettorali o come ci disse l’ultima volta il Presidente in aula, è rivolta “alle persone che ci seguono da casa” scambiando il Consiglio con il più classico talk show?

È veramente avvilente che la programmazione sia diventata mera occasione di narrativa propagandistica, che la logica che presiede alle scelte politiche non sia più apodittica, ma meramente persuasiva! Nell’era dell’affabulazione, che è il degrado di quella pasoliniana, tutto è dicibile perché il momento della verifica dell’adaequatio intellectus et rei viene sempre rimandato.

E veniamo brevemente, infine, alla legge in sé e per sé.

Circa l’articolato ci sono due aspetti che mi sembra importante evidenziare. Il primo è finalmente il riconoscimento, nell’Art. 6 comma 9, dell’importanza dell’ERPAC. Avrebbe dovuto già essere soppresso, non fosse stato per il Covid, ma i ritardi sono stati provvidenziali e dunque sebbene in fase pre-agonica l’ERPAC ha ancora sufficiente vitalità per essere lo strumento migliore, grazie alla sua flessibilità, per procedere nell’avviamento del MESS, ad esempio. Forse l’Assessora e la sua direzione dovrebbero ripensare la decisione della liquidazione dell’ERPAC. Che non sia forse dopotutto uno strumento che mancherà alla Regione? Perché privarsene?

Circa l’art. 9 oltre a rilevare positivamente che almeno si è saltato un turno nel rimpinguare ulteriormente le poste relative alle telecamere per la sicurezza (forse ci si è accorti finalmente, che se di sicurezza si tratta la priorità è un’altra) si assiste però ad un patetico, per la sua dimensione lillipuzziana, avviamento dei tanto declamati Enti Regionali di Decentramento di area vasta, gli EDR. C’era proprio bisogno di 4 nuovi enti regionali e uno stuolo di dirigenti, per procedere alla sanificazione delle aule di pochi plessi scolastici!

Moltissime sono le altre norme di proroga emergenziali o dettaglio.

Circa le importanti tabelle si è più volte raccomandato di rivedere il bilancio di previsione dello scorso dicembre per scoprire quali uscite non sono più necessarie per i mutati stili di vita dei cittadini e quali risparmi sono stati compiuti rispetto alle maggiori spese previste. Un esempio fra i tanti: la spesa per la cosiddetta “benzina agevolata”. Ogni anno l’assestamento vedeva un “rifornimento” di una decina di milioni per il “rifornimento”. Quest’anno non sembra sia avvenuto per ora. Forse queste risorse andavano investite nell’anticipazione in salsa friul-giuliana del Green Deal europeo tanto decantata dall’euroclasta Assessore Scoccimarro?

In conclusione si esprime la più severa censura metodologica su un DDL che avrebbe dovuto essere, secondo la riforma della finanza regionale del 2011, ovvero ai sensi del decreto legislativo 118/2011 e suoi allegati, un documento fondamentale e che invece è misero nelle idee, nelle proposte e fragilissimo nella struttura finanziaria.

La Giunta propone di non proporre, sceglie di non scegliere, assesta ciò che dichiara non poterlo essere e quanto è peggio non approfondisce. Nel giro di due mesi cambia idea su cosa tagliare per far fronte alle spese delle leggi emergenziali 9 e 11. Qualifica questo suo atteggiamento come “prudenziale”. A noi sembra la strategia dello struzzo. Immagino che le molte risorse straordinarie che arriveranno ulteriormente dallo Stato, oltre a quelle già arrivate e non riconosciute, possano assestare questo bilancio, che altrimenti sembra una zattera nella tempesta.

Qui il documento “Assestamento di bilancio per bilancio 2020 – 2022”

Sul Documento di Economia e Finanza Regionale 2021: la mia relazione

Come un mantra viene ripetuto in modo martellante nei documenti che ci sono stati consegnati (addirittura 3 volte verbatim) l’affermazione “In attesa della definizione del quadro finanziario […] non risulta attualmente possibile effettuare una puntuale previsione finanziaria e di conseguenza non si rilevano margini per operare scelte strategiche né per la seconda parte dell’anno 2020 né per l’inizio dell’anno 2121.”

A fronte delle oltre 100 pagine del DEFR 2020, il DEFR 2021 si articola solamente in 24, manca completamente tutta la parte programmatica ovvero quella relativa alle cosiddette Missioni.

Con osservanza religiosa, in un clima paradossale, la maggioranza ha comunque approvato questo “importante documento programmatorio con cui la Regione determina gli obiettivi dei propri bilanci annuali e pluriennali”, ai sensi del decreto legislativo 118/2011, secondo le modalità previste dall’allegato 4/1, che definisce il sistema di programmazione. Insomma è stata approvata la programmazione vuota!

La cosa non mi stupirebbe se stessimo parlando dell’universo cantoriano della gerarchia degli insiemi di Von Neumann, che costituisce il quadro ontologico-fondazionale della matematica più condiviso e che si può riassumere con la formula apparentemente paradossale “tutto si fonda sull’insieme vuoto”. Ma rimandare l’intera programmazione alla Nota di Aggiornamento del DEFR 2021 da approvare contestualmente al Bilancio pluriennale 2021-2023, il prossimo dicembre, sembra un classico “mandare la palla in tribuna” per usare una metafora calcistica molto frequentata in questo Consiglio.

Sebbene sia condivisibile l’incertezza sulle stime del gettito fiscale, sia diretto che compartecipato, a seguito della recessione innescata dall’emergenza epidemiologica, e sia certamente prevedibile un aumento delle spese volte alla prevenzione di un secondo picco dell’epidemia in autunno, si profila però a compensazione di ciò una quota significativa di entrate derivante dal Recovery Fund, ed eventualmente anche dal MES, per la nostra regione. Inoltre ci sono i contributi statali straordinari attualmente in discussione che dovrebbero ammontare a quasi 500M per il FVG. Si rimane dunque sconcertati nel riconoscere che la Giunta ha rinunciato a delineare una rotta in un momento così difficile. E constatare che preferisca sancire il principio della navigazione a vista non solo sul piano immediato ma anche su quello programmatico.

Ricordo al riguardo che le fonti legislative che disciplinano la riforma del 2011 dell’ordinamento finanziario e contabile delle Regioni, ispirato al principio programmatorio, ben sottolineano come carattere qualificante della programmazione siano la valenza pluriennale del processo e soprattutto la lettura non solo contabile dei documenti nei quali le decisioni politiche e gestionali trovano concreta attuazione.

A nostro avviso con questa scelta è venuto meno un dovere programmatorio della Giunta, e il DEFR proposto è ai limiti dell’illegittimità amministrativa. Non ha senso sospendere il principio programmatorio a seguito di una congiuntura meramente finanziaria, per quanto complessa. Tanto più che moltissimo ci sarebbe da pianificare!

Più volte ho detto che così operando viene meno un ruolo fondamentale da parte di coloro che si sono candidati a guidare la Regione e hanno ricevuto tale mandato attraverso le elezioni. Così operando, manca nella loro azione politica l’aspetto più importante ovvero la leadership, cioè la capacità di ispirare la regione e di indicare un possibile percorso. È la leadership la qualità che deve essere presente soprattutto nei momenti critici.

Analizzando più in dettaglio questo DEFR mutilato nelle sue parti macroeconomiche emerge una regione FVG nella quale oltre il 60% si dichiarava soddisfatto della propria qualità della vita e nella quale oltre l’80% percepiva positivamente la propria condizione di salute. Emerge un FVG che si collocava tra le regioni più innovative a livello italiano. Insomma una regione ad alto tenore di vita. Sarebbe importante almeno indicare come si intenda mantenere queste caratteristiche.

Certamente emergono nel DEFR zone di criticità che destano forte preoccupazione e si sarebbero dovute affrontare già prima del Covid. E che si sono aggravate con il Covid. Spicca l’alto numero di inattivi tra i 15-64 anni, pari 216 K a fronte 544 K di occupati (tra cui rientrano però anche coloro che dichiarano la propria attività non interrotta da più di 3 mesi). Il numero di inattivi è cresciuto in questi mesi ed è destinato a crescere ulteriormente. Ciò è molto grave per una regione che aveva un indice dipendenza di oltre il 60%  già prima dell’emergenza. Desta inoltre preoccupazione il fatto che il 71% del nostro valore aggiunto complessivo fosse dovuto al settore terziario, tra cui sono classificati i settori del turismo e dei trasporti, che sono i settori che sono stati e saranno i più duramente colpiti dall’emergenza e dai suoi strascichi.

L’emergenza Covid ha fatto emergere anche aspetti potenzialmente positivi se opportunamente orientati. Ne cito due. Il primo riguarda il forte slancio dato ai negozi di prossimità a scapito delle grandi superfici di vendita, mentre il secondo riguarda la riduzione di emissioni inquinanti e dell’impronta carbonica. Purtroppo ci sono segnali in tutto il mondo che i mutamenti nelle abitudini possano non proseguire su questa strada. C’è la preoccupazione che cresca soprattutto l’e-commerce ad ampio raggio. E il risparmio di CO2 di questi mesi si riduca significativamente nel dopo lockdown con un utilizzo ancora più massiccio di autoveicoli privati.

Il DEFR avrebbe dovuto gettare le basi per sostenere e guidare lo sviluppo di questi due processi virtuosi. Avrebbe dovuto prevedere inoltre un impegno ancora più convinto della Regione sull’infrastruttura digitale e sulla sua piena utilizzazione da parte del sistema socio-economico regionale. Avrebbe potuto indicare come arginare il tema degli inattivi, e come riorientare il turismo.

Il DEFR avrebbe dovuto poi fare una ricognizione sulle tipologie di investimenti che forse non sono più sensati a fronte delle ormai definitivamente mutate abitudini e stili di vita di aziende e famiglie nell’era dopo-Covid. O almeno si sarebbe potuta avviare una riflessione.

Questa Giunta e questa Maggioranza hanno preferito invece nascondere la testa sotto la sabbia, sperando che passi la buriana. Intanto sui social viene condotta una guerriglia costante e non strutturata. Contro chi? Contro lo Stato centrale. Schermaglie quindi puramente elettoral-politiche. La Giunta cerca di argomentare che mancano i soldi al fine di non versare i 710 M del contributo al saldo di finanza pubblica previsto dal patto Tria-Fedriga. E continua a non venir fornito un quadro esatto delle maggiori entrate derivanti dai contributi statali, trasformando la richiesta dei 710M in dogma politico.

Originariamente avevo pensato di limitarmi a giocare sul paradosso concludendo questa relazione sul DEFR 2021 limitandomi a “dire che non c’è nulla da dire”, ma dopo la sua lettura attenta rinuncio al gioco di parole per dichiarare invece, con preoccupazione, che la “macchina della Regione FVG è senza guidatore”.

Qui puoi visualizzare il DEFR 2021