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Relazione Honsell su DDL 90

Mentre sto preparando questa relazione, il Presidente della Regione ha da poco dichiarato ai giornali che “il FVG rischia di non pagare i medici”, suscitando così un forte allarme presso la popolazione, soprattutto anziana, duramente provata da oltre due messi di confinamento a causa dell’emergenza epidemiologica e dai martellanti messaggi volti a metterla in guardia dai paurosi effetti dell’epidemia. Mi sarei dunque immaginato di dover relazionare su un’analisi responsabile e puntuale di tutte le poste in bilancio approvate lo scorso dicembre, come del resto era già stato sollecitato in occasione della discussione sul DDL 86 o ad un’ancora più accorta programmazione delle spese. Mi sarei aspettato che venissero messi in sicurezza gli approvvigionamenti dei farmaci e gli stipendi degli operatori sanitari, almeno fino a quando l’epidemia fosse solo un ricordo, invece nulla di tutto ciò. Questo DDL non parla di come fare fronte alle drammatiche dichiarazioni del Presidente. Assistiamo ancora una volta ad una variazione di bilancio francamente erratica e improvvisata, tra l’altro veramente cospicua se si pensa ai 28 M dell’art. 13 comma 8, fatta in “zona Cesarini” con un emendamento e senza nessuna discussione metodologica o strategica preventiva. Mi interrogo quindi, senza trovare risposta, su quale sia la corrispondenza tra le dichiarazioni fatte ai mezzi di comunicazione dalla Giunta e i fatti contabili, cerando di adoperarmi per contribuire a far ritrovare un po’ di sereno equilibrio legislativo a questa Regione. La Giunta continua infatti a operare in modo estemporaneo dicendo che tutti i fondi saranno ripristinati. Ma ci si domanda come ciò sia possibile se non ci sono nemmeno le risorse per pagare i medici? I conti non sembrano tornare!

Questo DDL poi, approvato in Commissione V, in tutta fretta, quando forse certi emendamenti avrebbero dovuto essere valutati in Commissione I, come da me suggerito, avrebbe necessitato di un po’ più di tempo per cogliere l’impatto di tutte le proposte. Di fatto è un omnibus, o forse dovrei dire una macedonia normativa. Mescola articoli chiaramente emergenziali e molto importanti come l’art. 3 che autorizza i Comuni a esenzioni e riduzioni dei tributi comunali, contribuendo per il 50% al finanziamento del mancato gettito dei tributi comunali, insieme ad altri articoli, sempre emergenziali, ma di scarsissimo rilievo perché conseguenza della confusa riforma dell’assetto degli enti locali, come l’Art. 1 o l’Art. 6. A questi si aggiungono articoli che nulla hanno di emergenziale e in questi casi il DDL 90 diventa una norma di manutenzione, come nel caso degli Art. 9, 10 e 12. Ci si chiede che senso abbia disseminare certe problematiche su una pluralità di atti normativi. L’impressione che si ricava è di grande confusione e mancanza di obiettivi chiari in un momento di emergenza.

Nella sua attuale formulazione questo DDL non può ricevere il nostro voto favorevole. Come è nostra abitudine però, fiduciosi, cercheremo di contribuire a migliorare il testo con degli emendamenti.

Venendo al dettaglio. Gli Artt. 1 e il 6 sono la conseguenza della sciagurata archiviazione impulsiva delle UTI e prevedono la revisione di tutte le scadenze, oltre a trattare del tema scivoloso della spartizione finale del patrimonio di ex-Province ed ex-UTI. In tutto questo marasma istituzionale ci sarebbe da chiedersi che ne è dei rivoluzionari Enti di Decentramento Regionale che dovevano ripristinare le Provincie tanto rivendicate in campagna elettorale. Ma ci asteniamo dal farlo, perché potrebbe suonare come un’ironia. L’Art. 2 in una pluralità di commi minori fa emergere l’autorizzazione ad usare per spese correnti l’avanzo di amministrazione. Dell’Art. 3 si è già detto e dispone contributi fino a 11 milioni per compensare al 50% il mancato gettito di TARI, TOSAP e COSAP. È articolo certamente molto importante, se non fosse per il fatto che non è chiaro a scapito di chi e di che cosa venga raggiunta la copertura. Il principio della partecipazione rende poi l’articolo troppo rigido nell’applicazione. Non vi è dubbio che alcune attività economiche duramente colpite dalle devastazioni sociali provocate dall’emergenza epidemiologica hanno bisogno di risorse, ma l’articolo non pone nessun vincolo alle riduzioni o esenzioni dei tributi e tariffe. Sarebbe stato opportuno nel rispetto dell’autonomia di ciascun Comune, affermare i principi di equità e di riduzione del danno in proporzione al reale bisogno. Questo sarebbe necessario soprattutto perché i vincoli di carattere nazionale sui regolamenti dei tributi e tariffe non permettono interventi, se non in modo omogeneo per categorie. C’è la reale preoccupazione che possa piovere sul bagnato. L’Art. 4 è doveroso in quanto riguarda la conferma dell’impegno della Regione a fronte della circolare della Cassa DDPP. Gli Artt. 5, 7 e 8 sono piuttosto confusi e generici, e mostrano tutte le difficoltà alle quali si va incontro avendo cambiato la Legge 18/2015, relativa alla concertazione con le UTI, in favore di una concertazione puntuale con i Comuni. Questi spesso hanno fatto scelte poco strategiche o hanno dimostrato scarsa capacità di spesa. L’art. 9 risulta assolutamente spurio rispetto alle problematiche emergenziali, sembra puramente cosmetico, ma rimane la preoccupazione che sopprimere tavoli di confronto, che forse avrebbe senso mantenere, non sia opportuno in questo momento. L’art. 10 riguarda modifiche di enti cooperativi. Meriterebbe maggiore attenzione e non si capisce perché vada fatto con tale urgenza. L’art. 11 è tipicamente emergenziale e dunque coerente. Mentre non si vede cosa c’entri l’Art. 12, sarà pure opportuno, ma ha senso sparpagliare modifiche normative sui parchi scientifici di questo taglio in questa norma?

Si giunge infine all’Art. 13 e al famigerato Comma 8. Qui andrebbero ripetute tutte le analisi svolte circa il Disegno di Legge n. 86 sull’“impinguamento del fondo di riserva”. Sono modificati gli stanziamenti su capitoli molto importanti che vanno dai fondi per l’edilizia sociale, ai fondi per il funzionamento delle società di controllo ambientale come l’UCIT, ai fondi per start-up innovative di cui ci sarebbe molto bisogno… mentre non sono toccati altri capitoli come quello per il progetto dei “I favolosi Onu 17”. Certamente la situazione “è grave ma non seria” per citare Flaiano. Non vengono date assicurazioni esplicite né su quando né se verranno ripristinate queste risorse. Forse alcuni dei passaggi sono anche giustificabili, ma al riguardo la Giunta non ritiene di svolgere alcun ragionamento. In Commissione ancora una volta l’Assessore ha dato la parola ai “tecnici”. Conclusione: le modifiche sono importanti, ma la Giunta non ne prende la responsabilità. Inoltre il Comma 8 assegna risorse che certamente non riguardano le autonomie locali. Quindi ci si ri-chiede perché non ne sia stata informata la Commissione I°. Infine nemmeno qui vengono fissati criteri di distribuzione “secondo il bisogno”. Auspico che tali risorse non siano distribuite in modo lineare, altrimenti sarebbe veramente iniquo.

Per tutti questi motivi non darò voto favorevole se non verranno affrontati seriamente i punti sollevati. Questa assemblea deve garantire una qualità alle leggi, che in questo caso sembra mancare, anche se questo DDL certamente soddisfa certamente tutti coloro che in base ad esso riceveranno contributi. Ma la soddisfazione di alcuni, ancorché legittima in sede di campagna elettorale, non può essere la cifra di una legislatura che deve invece garantire tutti.

Per visualizzare l’ultimo testo approvato dalla Commissione clicca qui.

Relazione su DDL 83 “Contributi per interventi per la manutenzione delle reti stradali comunali”

Questo DDL sarebbe da censurare anche se non dovessimo approvarlo in questo contesto tanto tragico da sembrare irreale, dopo una sospensione di quasi due mesi di molti diritti civili e democratici, quali la possibilità di salutare e dare sepoltura ai nostri cari (che come ricorda il filosofo Agamben, è un diritto riconosciuto dai tempi di Antigone), il diritto di andare a scuola, di muoverci liberamente, di cercare un lavoro, di svolgere elezioni. C’è oggi la piena consapevolezza che nei nostri piani per le emergenze erano state clamorosamente trascurate le emergenze epidemiologiche, e che il nostro sistema sanitario era esemplare nella medicina di prestazione ma era invece poco flessibile a gestire grandi numeri di pazienti. C’è inoltre la presa di coscienza che le conseguenze economiche delle misure sociali prese stanno colpendo pesantemente tantissimi lavoratori e le loro famiglie e lo stanno facendo in modo iniquo colpendo proprio le fasce più fragili.

Un DDL approvato in questo contesto emergenziale, per rispetto verso la tanta sofferenza intorno a noi, avrebbe dovuto essere indirizzato a mitigare almeno in minima parte quanto sta avvenendo nelle case di riposo e nelle RSA o avrebbe dovuto affrontare altre misure di contrasto al Covid-19 e inaugurare una nuova stagione di edilizia sanitaria ed edilizia assistita.  Avrebbe almeno potuto prevedere interventi per il completamento delle infrastrutture telematiche che hanno tanto penalizzato una percentuale significativa di cittadini in questi mesi.

Invece questo DDL è improntato al più imbarazzante “facciamo finta che non sia successo niente”. E per di più non è innovativo ma è figlio della più banale operazione propagandistica “vecchio stampo”. E pertanto sarebbe stato da censurare anche in epoca “avanti Covid”.

Di cosa ci occupiamo invece? È francamente imbarazzante: di micro interventi di manutenzione stradale. La Giunta strizza l’occhio in modo propagandistico ai sindaci amici premiando quel tipo di campagna elettorale che non ha saputo guardare in alto alle strategie di grande respiro, ma ha alimentato e fatto leva in modo populista su quell’availability bias, su quella distorsione cognitiva che non ritiene che nulla sia significativo se non quanto abbiamo davanti al naso che si può sintetizzare parafrasando il detto latino: Fiat asphlatum et pereat mundus “Che non ci sia la buca davanti casa, e vada pure a fuoco il mondo!”

Si fosse poi voluto proprio parlare di strade si sarebbe potuto indirizzare gli interventi in direzioni strategiche di sostenibilità ambientale. Si pensi all’utilizzo delle tecnologie dell’Internet of Things applicate alla sicurezzanelle infrastrutture stradali, viarie e ciclabili, ai nuovi macchinari per la manutenzione delle strade oppure ai temi dell’eco-sostenibilità e dell’innovazione nei progetti di manutenzione, come ad esempio alla realizzazione di asfalti fonoassorbenti con materiali riciclabili, alle cd. “barriere connesse” o all’illuminazione a LED. Si pensi alla prevenzione e al recupero e al contrasto delle instabilità geologiche.

Ma no! Vietato guardare in alto! Non c’è assolutamente nulla di strategico e innovativo. La Giunta si riserva di fissare autonomamente i criteri nel bando e quindi di orientare la graduatoria, udite anticipatamente le richieste in via confidenziale, così da rendere le domande un mero adempimento formale. Tanto le cifre messe a disposizione sono scarse, e verranno frantumate tra i piccoli comuni. Si parla dei piccoli Comuni che sono interessati in modo sistematico ai transiti dei trasporti eccezionali. Ma obiettivo della legge è la sicurezza di alcuni o di tutti? Ma importanti non sono le opere, è lo “spot elettorale”. La Regione finalmente si adopera per la GRANDE OPERA (tutto maiuscolo) di sistemare qualche decina di metri di asfalto, tappare qualche buca (per poi richiedere i rallentatori) o di marciapiede, mettere qualche lampione. Se poi succederà poco… poco male, il messaggio propagandistico è partito, tutto il resto sarà colpa del Governo Nazionale, o dell’Europa, o dei migranti, o di qualche sindaco di parte politica avversa.

Dico basta con queste operazioni di piccolo, anzi minuscolo cabotaggio. Ben altro deve essere il ruolo della politica. Questa dovrebbe indirizzare, stimolare all’innovazione, ispirare, liberare le visioni degli amministratori dagli stereotipi! Se c’è un modo per dare un senso alla tanta sofferenza di questi mesi è proprio quello di cambiare radicalmente il modello di sviluppo che ha ispirato questi ultimi sciocchi decenni.

Nel contesto drammatico nel quale stiamo vivendo ci vorrebbe ben altro piglio!

Noi ci rendiamo comunque funzionali proponendo spunti e osservazioni che tradurremo in emendamenti che possano dare un po’ di slancio a questa legge miserrima nel suo impianto e certamente nei possibili effetti.  

Passo quindi ad offrire un contributo sulla mobilità sostenibile per far comprendere quale tipo di politica vorrei sentire e discutere in questo Consiglio. Spero vengano recepiti.

Un Disegno di Legge necessario per affrontare le grandi sfide che la mobilità ci impone oggi dovrebbe partire dalla considerazione che le modalità con le quali i cittadini si spostano all’interno di un Comune o tra più Comuni limitrofi sta evolvendo: secondo le ultime ricerche ISTAT (2018) il 21,1% della popolazione sceglie una forma “attiva” per gli spostamenti, ad esempio va a piedi il 17,4% o va in bicicletta il 3,7%. Inoltre, sono sempre di più i cittadini che compiono anche piccoli tragitti con la propria autovettura, condividendoli con altri soggetti mediante formule di sharing mobility. Oltre all’evoluzione di questi fenomeni vi è la nascita di nuovi mezzi, come ad esempio il monopattino elettrico.

In questo DDL non si parla però di “infrastrutture ciclabili” al comma 2 dell’articolo 2. È fondamentale invece investire risorse economiche importanti in infrastrutture ciclabili.La costruzione e la manutenzione delle infrastrutture ciclabili rappresenta l’unica leva per incentivare l’uso sicuro della bicicletta. Inoltre, la loro costruzione ha un impatto inferiore rispetto a quello richiesto per le corsie destinate al traffico motorizzato con una conseguente riduzione dei costi di costruzione delle opere per la viabilità e un più contenuto consumo di suolo. La European Cyclist Federation (ECF) ha stimato come nella UE-28 il minor impatto delle ciclo-infrastrutture sul territorio, rispetto a quelle dedicate ai veicoli a motore, ha un valore di 2 miliardi di euro a livello europeo che con gli attuali livelli di ciclabilità (il 4,25% del dato UE) significa oltre 85 milioni di euro per l’Italia.

Sostituire gli spostamenti in auto con quelli in bicicletta, inoltre, determinerebbe anche un minor inquinamento del suolo derivante dall’uso di combustibili fossili e altre sostanze nocive con una riduzione della pressione sul suolo. Da considerare, inoltre, che usare l’automobile costa sei volte in più che pedalare. Per non parlare dei risparmi su: il sistema sanitario, il tempo (misurato in ore di traffico in meno), la produttività e l’efficienza logistica e dei trasporti pubblici, il minore inquinamento acustico, ambientale e la riduzione degli effetti sul cambiamento climatico. Un ciclista medio poi non si scoraggia soltanto per l’assenza di infrastrutture adeguate ma dalla mancanza di predisposizione di tutta una serie di strumenti che consentano di rendere l’uscita in bicicletta sicura: basti pensare alla carenza di parcheggi adeguati, di attrezzature per la riparazione di piccoli danni alla propria bici o all’assenza delle rastrelliere.

L’uso della bicicletta e quindi il potenziamento della viabilità ciclabile ha significativi risvolti di salute. La sedentarietà è la quarta causa di mortalità a livello globale, secondo il WHO (World Health Organisation) per la correlazione con l’insorgenza di patologie legate a obesità, disturbi cardiocircolatori, diabete, depressione, etc. I tassi di inattività fisica risultano elevati in tutto il mondo e correlati con il progresso tecnologico. Svolgiamo meno attività fisica rispetto alle generazioni precedenti. Se a questo aggiungiamo errate abitudini alimentari, il rischio di insorgenza di patologie legate all’obesità aumenta. Le cosiddette forme di trasporto attivo (camminare, pedalare e utilizzare trasporti pubblici), incentivando l’esercizio fisico sono state riconosciute come possibili rimedi a cattivi stili di vita. In conclusione politiche sinergiche per favorire la mobilità attiva in tutta sicurezza e l’esercizio fisico hanno importanti finalità di salute pubblica.

Al comma 2, art. 2 si parla di manutenzione dei marciapiedi e degli attraversamenti pedonali. Bene! Ma quali criteri devono essere adottati per realizzare queste manutenzioni! Vanno eliminate le barriere architettoniche per i soggetti con problematiche di disabilità motorie o ipovedenti, per le persone più anziane o per le famiglie con bambini piccoli. Si pensi solamente agli scivoli per le carrozzine, alle fermate dei bus predisposte per le persone con disabilità o con problemi fisici oppure agli ascensori o alle rampe nei sottopassi stradali o pedonali. Ricordo molto bene nella mia recente esperienza di Sindaco di Udine il costo molto elevato per la sistemazione in sicurezza dei marciapiedi: si parla di parecchie centinaia di euro al metro. Si devono sistemare le canaline, le plotte tattilo-plantari, gli scarichi, gli scivoli. Con i micro finanziamenti di questa legge si fa ben poco di tutto ciò.

In questo DDL manca completamente l’innovazione e la ricerca di sistemi o materiali efficienti e sostenibili. Desidero elencare qui alcuni esempi di best “practices” italiane ed europee che secondo me possono essere valutate in questa tipologia di legge:

  • Quando si parla d’illuminazione (comma 2, art. 2) bisognerebbe indicare come migliorare l’illuminazione e la qualità della vita dei cittadini. Nel mio mandato di Sindaco ho portato a termine un progetto innovativo per la sostituzione dell’intera illuminazione pubblica della città con sistemi a Led, con la precisa finalità di riduzione delle emissioni di CO2 da fonti fossili e per un efficientamento energetico. Ma il progetto era strategico, d’intesa con l’azienda che gestisce l’illuminazione pubblica. Un micro finanziamento non permette nulla di tutto ciò.
  • Se si parla di asfaltature si devono incentivare quelle “eco-sostenibili”, quali ad esempio il fresato d’asfalto per la produzione di conglomerato bituminoso che permette ampi risparmi, il bitume realizzato con pellet polimerici, prodotto da materiali riciclati dalla plastica, o ancora l’asfalto “modificato” con l’aggiunta di polverino di gomma riciclata da PFU (Pneumatici Fuori Uso) che permette una maggiore resistenza all’usura e alla formazione di crepe e buche, e che dura pertanto fino a 3 volte più degli asfalti convenzionali, con un conseguente contenimento dei costi di manutenzione, e inoltre una riduzione del rumore generato dal passaggio dei veicoli fino a 7 dB.
  • Le ultime generazioni di vetture sono sempre più connesse e smart vanno pertanto sfruttate queste innovazioni. Ad esempio un’azienda italiana ha creato una barriera laterale e spartitraffico interattiva che possiede un sistema di illuminazione integrato automatico che, tramite sensori, si illumina in caso di nebbia. Inoltre, sempre grazie ai sensori, è in grado di allertare autonomamente e in tempo reale i soccorsi in caso di incidente ed è integrabile con le applicazioni delle auto vetture. Queste sono le smart road, le strade del futuro, sulle quali i veicoli possono comunicare e connettersi tra di loro! La smart road è in grado di agevolare la mobilità grazie all’implementazione di sistemi di rilevazione del meteo e del traffico, deviando i flussi di traffico nel caso di incidenti, suggerendo traiettorie alternative, intervenendo sulle velocità per evitare situazioni di congestionamento, gestendo accessi, parcheggi e rifornimenti, permettendo interventi tempestivi in caso di emergenze. Ciò sarebbe importante soprattutto nelle strade dei Comuni montani o dei Comuni che sono interessati in modo sistematico ai transiti dei trasporti eccezionali.
  • Un’altra tecnologia, che però richiede ben altri investimenti, ma è utile per la maggiore scorrevolezza del traffico e sicurezza per i pedoni e i cicli e quindi una diminuzione dell’inquinamento per il minor tempo di arresto delle auto, è il Sistema intelligente per la sincronizzazione degli impianti semaforici. Questa è un’altra tecnologia che dovrebbe essere spinta maggiormente nella legge. Questo sistema è molto interessante in particolar modo per i Comuni interessati in modo sistematico ai transiti dei trasporti eccezionali.

Segnalo inoltre come nel DDL manchi uno specifico riferimento ad un coordinamento con i progetti delle cd. “Zone 30” che spesso caratterizzano i piccoli comuni della nostra regione.

Infine nella relazione introduttiva si parla di “manutenzione ordinaria e straordinaria”, di “mantenere la qualità delle infrastrutture viarie comunali adeguata alle funzioni svolte”, di “priorità alla sistemazione dei tratti degradati e dissestati” ma mai da nessuna parte, e ciò è grave, si parla di manutenzione di ponti e gallerie comunali che avrebbero reali necessità di interventi urgenti, al fine di evitare inutili tragedie come quelle che abbiamo ancora impresse nella memoria

Il parere su questo DDL è quindi molto negativo, e ci vedrà contrari se non verrà modificato in sede di discussione tenendo conto delle osservazioni qui espresse: in questo senso il nostro gruppo proporrà una serie di emendamenti e/o ordini del giorno.

Il FVG: una Regione facilitatrice per la ripresa

In questi giorni sui social veniamo bersagliati da documenti da parte di forze populiste e nazionaliste che strumentalizzano la crisi medico-socio-economica dell’emergenza epidemiologica. Molti hanno un fortissimo carattere anti-governativo o anti-europeo. Quotidianamente ascoltiamo infatti dichiarazioni pubbliche di assessori regionali che danno la colpa al commissariamento statale per la scarsità di DPI, o di esponenti politici nazionali che addossano la responsabilità della difficile gestione economica della crisi all’Europa e snocciolano acronimi come fossero l’abracadabra delle fiabe, che secondo loro non vengono posti in atto, ma sarebbero invece salvi(ni)fici. Sembra infatti di essere sempre in campagna elettorale.

Per fortuna da tutta Europa giungono anche appelli importanti dal mondo politico, economico culturale e scientifico, che indicano come l’unica speranza per il mondo dopo il Coronavirus sia un’Europa coesa. Come abbiamo già sostenuto un anno fa in occasione della campagna per le elezioni europee, là dove l’Europa riesce ad essere unita si risolvono i problemi globali. Mentre là dove non c’è ancora riuscita sorgono le difficoltà. È paradossale, anzi errato quindi, concludere che ci vuole meno Europa, bensì il suo opposto.

Il senso di solidarietà europea è l’unico valore sul quale costruire il futuro. L’Europa così può svolgere una funzione anche per chi europeo non è.

Allo stesso modo la Regione FVG dovrebbe candidarsi, in virtù della sua autonomia, non a inasprire i provvedimenti “iorestoacasa” varati dal Governo ma ad essere regione pilota della ripresa. Abbiamo molti ricercatori in questa regione ad alto contenuto di conoscenza che propongono graduali riprese in sicurezza. Il Presidente Fedriga farebbe bene a guidare tale ripresa sperimentando le soluzioni da loro proposte per riavviare le attività economiche, uscendo dalla logica del mero marketing politico e mettendosi con umiltà a disposizione del mondo scientifico ed economico agendo da “facilitatore” della ripresa, non da sasso sul percorso.

Sulle dichiarazioni Riccardi relative alla mancanza di dispositivi di protezione per operatori sanità

Con imbarazzo leggo nei giornali che l’Assessore alla Sanità del FVG Riccardi ha dichiarato che risultano mancanti i principali, e basilari aggiungerei io, dispositivi di protezione (mascherine adeguate, occhiali protettivi e guanti) contro COVID19 per gli operatori sanitari. Ancora l’Assessore ha affermato che “in questa maniera, si rischia una maggiore diffusione dei contagi all’interno delle strutture ospedaliere”.

Sono dichiarazioni gravissime quelle dell’Assessore: il responsabile dell’amministrazione regionale si sarebbe dovuto già attivare alcune settimane fa per verificare la presenza e la disponibilità dei principali dispositivi di sicurezza, validi per tutti gli operatori sanitari (dal medico di famiglia al pediatra, dagli OSS agli infermieri e medici degli ospedali), al fine di prevenire contagi in strutture che dovrebbero curare invece che contagiare o far ammalare le persone.

Tutelare il lavoratore e tutti i pazienti e permettere di operare in modo sicuro nel proprio luogo di lavoro è un reale obbligo e dovere dell’Assessore Riccardi. Basta mettere avanti le mani e chiedere che Fedriga intervenga chiedendo a Conte un intervento mediante invio in Regione del materiale arrivato dall’estero. Dovevano già nel passato essere previsti degli acquisti di questo tipo: più e più volte nelle sedi preposte avevo espresso i miei dubbi relativamente alla carenza di azioni dedicate alla prevenzione per i cittadini e alla necessità di procedere con risorse più adeguate per le borse di specializzazione mediche, ma purtroppo la risposta che ci era stata data, in sede di discussione di una mozione dedicata e dei provvedimenti della Legge di stabilità, si era limitata, liquidandoci, al riferire che tale misura era già stata ampliata con alcune risorse in più. Aggiungerei un’ultima cosa: forse, durante l’ultima stabilità sarebbe stato più opportuno ridurre i fiumi di denaro che sono stati investiti in sistemi di videosorveglianza e foto trappole ai confini, utilizzate come propaganda elettorale, e inserite invece più risorse nelle misure di prevenzione.

Proprio nelle scorse leggi di riforma sanitaria avevamo proposto diversi emendamenti, molto importanti sul tema della prevenzione, ma purtroppo in quelle occasioni erano stati bocciati.

Qui sotto l’articolo del Messaggero Veneto di oggi: