Egregio Presidente, gentili colleghe e colleghi,
ci sarebbero molti modi per trattare il tremendo capitolo della storia italiana che riguarda l’esodo delle tante famiglie di lingua italiana che furono spinte ad abbandonare le loro terre di origine in Dalmazia e in Istria nell’indifferenza o addirittura nel disprezzo di coloro che rimanevano o di coloro che le accoglievano.
Ci sarebbero molti modi per trattare gli orrendi crimini commessi nelle terre del confine Italo-Jugoslavo dalla fine della prima guerra mondiale fino al 1945, rendendo così omaggio rispettoso ai morti ammazzati e alle altre vittime, soprattutto quelle innocenti.
A distanza di oltre settant’anni si dovrebbero affrontare tali tragedie basandosi solamente sui fatti accertati dagli storici e comunque solamente con l’intento di cercare di comprendere il dolore e la sofferenza, in primo luogo quella “degli altri”, prima ancora della propria. Solamente così si potrebbe superare il concetto di confine in una prospettiva europea. Ma soprattutto, si dovrebbero evitare le semplificazioni. Questo oggi è il crimine più grave: trattare in modo superficiale vicende che hanno bisogno ancora di tante spiegazioni senza ipocrisie, ma che mai più dovrebbero essere strumentalizzate o ancor peggio mistificate. Sarebbe una mancanza di rispetto imperdonabile nei confronti di tutte le vittime. Nessuna violenza può giustificare un’altra violenza, ma le centinaia di migliaia di morti nella Prima Guerra Mondiale spiegano la pretesa italiana su quelle terre non è possibile affrontare il tema degli scomparsi alla fine della Seconda Guerra Mondiale senza parlare dei crimini di guerra commessi dalle truppe italiane nella loro guerra imperialista in Jugoslavia e le politiche di italianizzazione forzata e di repressione compiute dal fascismo nelle terre di confine sulle popolazioni di lingua slovena fin dal 1921.
Affrontare queste tematiche nell’aula del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia mi sembra importante ma solamente se vale come esempio di come si ragiona in modo consapevole e rispettoso, e non essere un’occasione per perpetrare un’atroce propaganda che non saprei come definire se non anacronisticamente “antislava” o “anticomunista”. Stiamo assistendo in meno di due anni, invece, ad un martellamento di mozioni e proposte di legge all’insegna della strumentalizzazione politica delle “foibe”.
La PDLN che viene proposta e che prevede l’aggiunta di “solamente” le quattro parole “dei massacri delle foibe” va in una direzione pericolosa che non aiuta a costruire uno spirito di pace, di reciproca comprensione e tolleranza. La locuzione infatti è di calco propagandistico e gergale, piena di sottintesi, una sineddoche che anche nel registro linguistico mal si accorda con il riferimento molto più sobrio, e per questo molto più rispettoso con il quale il legislatore si riferisce allo sterminio di milioni di ebrei e altri “diversi”, ovvero con la parola “Shoah”. La proposta invece cristallizza una simbolica raccapricciante smarcandola rispetto a quanto successivamente viene articolato nel testo di legge, in primo luogo i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra.
La proposta di legge da un lato si riferisce in modo squilibrato alla complessità delle vicende del confine italo-jugoslavo dall’altro vuole porla sullo stesso piano della Shoah non ritenendo di ricomprenderla tra i crimini contro l’umanità. La proposta di legge non coglie che la Shoah è qualcosa di incomprensibile proprio per la sua tremenda razionalità e banalità quasi industriale, e pertanto sfugge a qualsiasi tentativo di spiegazione. Proprio per questo, della Shoah saremo tutti colpevoli per sempre, anche chi dovrà ancora nascere, perché pesa come macchia sul genere umano per l’eternità. Molti sono stati altri crimini feroci contro l’umanità, i genocidi e i crimini di guerra che l’uomo ha compiuto contro i suoi simili, ma non sono stati elencati e non per questo sono dimenticati dalla norma o rimane impunita la loro apologia. Le natura tremenda delle vicende del confine Italo-Jugoslavo alla fine della seconda guerra mondiale sono già riconosciute con la Legge 30 marzo 2004 n. 92. Non sono stati invece riconosciuti i crimini contro l’umanità commessi dall’esercito italiano nel ventennio fascista.
Io ho conosciuto il dolore di chi è rimasto e di chi è stato espropriato, di chi non ha visto più rientrare a casa il figlio, il padre, il marito, di chi ha dovuto cambiare il cognome per avere un lavoro e di chi lo perse perché ebbe l’orgoglio di non farlo. Per questo ho difeso la scuola bilingue di San Pietro al II Natisone quando ero rettore e ho intitolato un parco alle “vittime delle foibe”, primo sindaco a Udine. Nome che il mio successore ha voluto strumentalmente e poco rispettosamente per le vittime cambiare in “martiri delle foibe”. Ho chiesto scusa al cimitero di Gonars ai rappresentanti della comunità slovena e al sindaco di Granollers. Ricordo come, in qualità di Sindaco di Udine, città che aderisce all’associazione Mayors for Peace (Sindaci per la Pace) e il cui presidente è il Sindaco di Hiroshima, un giorno incontrai il suo vicepresidente. Era uno spagnolo, sindaco della città catalana di Granollers. Gli chiesi cosa l’avesse spinto ad un ruolo così preminente nell’associazione. Mi disse che la sua città subì uno dei primi bombardamenti contro obiettivi puramente civili della storia, quello compiuto dall’aviazione fascista che il 31 maggio del 1938 distrusse la città provocando oltre 250 morti.
Abbiamo il dovere di parlare di queste vicende ma solamente allo scopo di superare i pregiudizi e i rancori. Solamente così è possibile rendere omaggio alle vittime di tutti gli imperialismi che ci sono stati e che potrebbero continuare ad esserci se non ci adoperiamo per la riconciliazione, senza strumentalizzazioni per guadagnare un pugno di voti.
Voterò dunque contro a questa Proposta di Legge Nazionale in quanto va nella direzione della capitalizzazione politica del dolore e del rancore senza alcun rispetto per le “Vittime delle Foibe”.
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