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Relazione su ddl 37 di modifica alla Legge regionale 13/2018 sul diritto allo studio

Mentre mi accingo a scrivere questa relazione su un disegno di Legge relativo al Diritto allo Studio, il mio pensiero non può non distogliersi dalla condizione dei migranti a bordo della Sea Watch, che a meno di due miglia dalla costa italiana, sono costretti dal nostro Governo a vivere in condizioni di profondo abbruttimento, come deterrente contro futuri arrivi. È tremendo parlare di un diritto quando di questo diritto non potranno godere mai i tanti giovani in fondo al mare Mediterraneo, che hanno cercato in un inutile viaggio di poterne finalmente godere, o di quelli sulla Sea Watch, il cui destino è quanto mai incerto. Forse garantire a quei minori, anche se non residenti, questo diritto sarebbe l’esempio più educativo che potremmo dare ai nostri giovani!

Una cappa grigia e pesante sta calando sul mondo della Scuola in Friuli Venezia Giulia: il DDL 37, che va a modificare subdolamente e dopo meno di un anno la Legge regionale 13/2018.

Gli spunti chiari ed espliciti sono minimi. Alcuni sono pienamente condivisibili: come le precisazioni sugli interventi relativi alla sicurezza e la prevenzione degli incidenti sul lavoro e nella scuola (art. 15) o le precisazioni su come articolare la “scuola in ospedale e la didattica a domicilio” (art. 9). Ci si poteva fermare qui o tutt’al più includere solamente quelle normette di assoluto dettaglio, che precisano in modo maniacale tutti i passaggi burocratici dell’erogazione di taluni contributi e sembrano quasi un regolamento per scaricare tutti da qualsiasi responsabilità amministrativa come nell’art.36, che riguarda i fondi ex-provincia o nell’art. 33 che riguarda i contributi per la tutela della minoranza linguistica slovena.

Ma prima di entrare direttamente nel merito un rilievo metodologico sull’iter di questo DDL va fatto. Come commissari di Open Sinistra FVG e Partito Democratico siamo stati obbligati ad andare sopra le righe per rivendicare le audizioni dei portatori di interesse, ai quali non è poi stato lasciato tempo sufficiente per riflettere sulla proposta. La Commissione è stata poi costretta ad operare accavallando i lavori con quelli di un‘altra Commissione per poter giungere in modo sollecito all’approvazione. Ci si chiede quale fosse l’urgenza, se non quella simbolica di poter affermare che è stata approvata un’altra legge, indipendentemente dalla sua rilevanza, o dal voler marcare subito, politicamente, un restringimento regionale dell’orizzonte culturale della nostra scuola. L’alto numero di emendamenti presentati dopo le audizioni dalla stessa Assessore come, ad esempio, la reintroduzione delle misure a sostegno dei giovani con disturbi specifici dell’apprendimento, dopo che con grande meticolosità era stato puntualmente espunto in tutto gli articoli, danno la misura di come questa Legge sia stata poco meditata, se non nella sua volontà ideologica e soffra di improvvisazione.

Questa legge prevede una sottile, ma inesorabile cosmesi lessicale dell’articolato della L.R. 13/2018, che sulle prime può sembrare neutrale o addirittura un’irrilevante questione nominalistica, come negli articoli dove in ossequio a qualche ansia nominalistica ministeriale “l’alternanza scuola lavoro” da oggi verrà chiamata “percorsi per le competenze e per l’orientamento”. Ma ad un’analisi più attenta, si legge in controluce in questo DDL una curvatura che non è solamente linguistica. Con determinazione e coerenza vengono operate modifiche che tarpano le ali a quella creatività e pluralismo che sono la vera tradizione scolastica della nostra regione.

Già nell’articolo 1 la cosmesi lessicale della Legge fa sentire la sua cifra restrittiva. L’ampiezza dell’aggettivo “educativo” viene sostituita dal più materialistico “formativo”, che non sono per nulla sinonimi. I più liberi “percorsi” vengono trasformati in “processi”, diretti dall’alto, forse. Non si migliora però la prosa: permane l’uso infelice della parola “implementazione” immagino con il senso di “incremento” … “gli approcci integrati multidisciplinari” diventano pleonasticamente “integrati interdisciplinari”.  Né si risolve la problematica relativa al trasporto scolastico dei disabili che un tempo era svolto dalla Provincia e che adesso sembra venir attribuito interamente ai Comuni non si sa se con risorse adeguate. Spunti potenzialmente positivi, sono invece gettati creando discriminazione: come nel caso delle scuole che promuovono salute come se ve ne fossero altre non interessate a promuoverla. Spero si volesse dire che si intendeva fornire strumenti a tutte le scuole per promuovere stili di vita sani e sostenibili attraverso progetti di salute fisica, alimentare e ambientale.

All’art. 5 non ci si lascia sfuggire l’opportunità di esplicitare che certi servizi si erogano solamente agli studenti residenti in Regione, senza curarsi di come ovviare all’evidente discriminazione antieducativa, che si viene così a creare.

Tremenda risuona all’art.8 la sostituzione della parola “evitare” con “ridurre” nella frase “evitare la dispersione scolastica”, che adesso suona “ridurre la dispersione scolastica” come se ciò che si cerca di fare sia il regolamentare la quantità di dispersione. Forse il nuovo legislatore ritiene che un po’ di dispersione sia sin salutare. Pesante suona l’enfasi all’art. 10 dell’aggiunta ad un mero titolo, quello del Capo V della 13/2018, dell’aggettivo “non statali”. Dall’articolato era chiaro a chi ci si riferisse, ma evidentemente qui l’obiettivo è la visibilità.

Solamente in un frangente il lessico sembra segnare un’apertura culturale ed è all’art. 19 che modifica l’art. 32/13 sulla promozione della dimensione europea dell’istruzione, perché si parla di internazionalizzazione. Ma l’impressione è di breve durata, si rimane agghiacciati nel rilevare quale ne sia lo scopo, che è quello di promuovere la peggior ideologia anti-europea perché quella che era la “diffusione della dimensione europea dell’istruzione e della formazione” diventa “la diffusione della dimensione internazionale dell’istruzione e dell’educazione”. L’Europa è scomparsa, era forse troppo di sinistra?

Un ultimo commento lessicale va espresso relativamente alla tematica “tempo pieno”,“ tempo prolungato” che a partire dall’art. 20 si trasforma in “tempo integrato extrascolastico”. Era emersa nelle audizioni un’indubbia pluralità di interpretazioni, su cosa dovesse intendersi per tempo pieno e tempo prolungato. Questa era una questione non nominalistica da approfondire, ma non ce n’è stato il tempo. Cosa fa dunque il DDL 37?  Dopo un andirivieni emendamentale cassa tutto, coniando un neologismo: il “tempo integrato extra-scolastico”. Concetto sull’orlo della contraddizione in termini: se il tempo è integrato non può essere extra-scolastico, ma se è extrascolastico allora non si è ancora integrato. Il Legislatore non si perita di chiarire cosa intenda!

Uno dei momenti più drammatici del DDL si raggiunge all’art. 16/37 che va a modificare l’art.29/13 (inserimento scolastico degli alunni figli di immigrati): le iniziative scolastiche di carattere interculturale diventano iniziative volte alla valorizzazione dell’identità culturale regionale. Come se ve ne fosse una e non fosse il FVG di per sé, coacervo di identità diverse e proprio per questa sua pluralità culturalmente più fertile. L’interculturalità è l’unico strumento per l’inserimento. L’identitarismo, tanto caro a questa amministrazione, è stata invece un’ideologia nefasta.

Ho condotto fin qui un’analisi principalmente lessicale, perché penso che suggerisca la cifra secondo cui interpretare tutti gli altri cambiamenti apportati alla Legge 13, dal DDL 37 ovvero gli artt. 22 e 23. Cambiamenti che sono stati aspramente criticati durante le audizioni da tutti gli operatori della scuola. Consistono nell’abolizione degli articoli della Legge 13/2018 che riguardano le modalità della progettazione didattica e i progetti speciali.  Con il nuovo articolato forse saranno ancora possibili queste iniziative, ma alla progettualità verrà sostituita la convenzione. Cosa significa? Quelle ricche e straordinarie iniziative saranno ancora possibili? Forse sì, ma solamente attraverso un controllo maggiore anche da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale. Vi sarà dunque maggior dirigismo, maggiore irreggimentazione, maggiore conformismo a detrimento dell’autonomia scolastica, pure sancita addirittura a principio costituzionale dopo la riforma del 2001. Nella stessa chiave va letta anche l’abolizione di finanziamenti alla Consulta degli Studenti. Tutto deve passare attraverso convenzioni e il vaglio dell’Ufficio Scolastico Regionale, che diventa così il nuovo deus-ex-machina della Scuola in FVG. Quanti progetti speciali, fondamentali per la reale crescita educativa e l’emancipazione dei nostri giovani, che erano ormai consolidati, dovranno ripartire da zero sotto una nuova forma? Quanti non ripartiranno o forse scompariranno? Poco importa a questo Legislatore, si ritorna al concetto di imprimatur. Alcuni tavoli vengono tolti, altri ne vengono costituiti. Vengono costruite anche delle reti, ma non sembrano strumenti per allargare l’orizzonte, quanto reti per impigliare chi non si adatta al processo. Non si parla infatti di contenuti.

In conclusione se la natura e l’evoluzione di questa legge diventeranno lo schema legislativo di questa maggioranza in tema di Scuola sono seriamente preoccupato. È stata caratterizzata da un iter legislativo quasi di rapina, compromettendo le audizioni. Non articola nuove idee ma opera ritocchi corrosivi e parassitari dell’impianto esistente così da rendere la struttura meno aperta alla creatività e alla fantasia.

Questa legge doveva dare energia e risorse nuove alla Scuola, favorendo la libertà di innovazione didattica. Al contrario, tutti quegli strumenti che erano a disposizione per sperimentarla vengono adesso irrigiditi.

Jacotot, all’indomani della Rivoluzione Francese, tra i primi a porsi seriamente il problema della pubblica istruzione universale, aveva individuato un bivio per le istituzioni scolastiche. Da un lato l’emancipazione, la promozione della fiducia in sé stessi, la promozione della curiosità, del gusto della ricerca e della scoperta, dall’altro l’abbruttimento, la creazione di distanze, che inculchino spiegazioni preconfezionate. Il DDL 37 vira purtroppo verso quest’ultima alternativa. Ben altro avrebbe dovuto essere un intervento sulla Scuola, che favorisse in una logica pluralista la liberazione e diffusione delle idee migliori!

La più grande fonte di disparità e di sofferenza nell’epoca contemporanea riguarda la conoscenza. Contrastare tale disparità è nostro dovere, ma anche la nostra unica speranza per un mondo migliore. Questa Legge non va in quella direzione.

Purtroppo, dopo questa legge la scuola sarà più di destra!

Scarica qui l’ultima versione fuoriuscita dalla Commissione e in discussione in Consiglio

Verità e giustizia per Giulio Regeni

Ieri eravamo in molti stretti intorno alla comunità di Fiumicello e ai genitori di Giulio Regeni a rinnovare dopo tre anni l’impegno per “la verità e la giustizia per Giulio Regeni”.

Con quello spirito, il 20 giugno 2018, noi di Open Sinistra FVG, proponemmo la prima mozione di questa legislatura regionale, volta a incitare il nuovo governo nazionale e i presidenti delle Camere nel perseguire il loro impegno di verità.

Perché è così importante chiedere la verità per Giulio quando dopotutto noi già la sappiamo? Il suo sequestro, le tremende torture che subì e la sua morte furono opera degli apparati repressivi dello Stato egiziano. Perché vogliamo sapere quali livelli dello Stato egiziano avevano ordinato tutto ciò?

Lo vogliamo per tutti i Giulio Regeni dell’Egitto e del mondo che in tutte le dittature vengono ogni giorno perseguitati per il loro desiderio di libertà e di emancipazione e vengono torturati e uccisi.

Lo vogliamo perché difendere e promuovere i diritti umani è nostro dovere oltre che un nostro bisogno di vita!

Come ogni anno Paola, la mamma di Giulio ha condiviso tanti pensieri con noi, come il ponte ideale che ha stabilito con le Madri di Plaza de Mayo, che hanno avuto giustizia dopo 40 anni.

Domani, Giornata della Memoria, riaffermiamo nuovamente il nostro impegno perché gli esseri umani non siano mai più considerati come oggetti sui quali scaricare l’odio ed esercitare la barbarie.

Il nostro pensiero però è fisso oggi su quei migranti che da giorni relegati sulla Sea Watch, a meno di due miglia marine dalla costa italiana, vivono un’esperienza tremenda.Un’esperienza voluta dai ministri del nostro governo come deterrente contro futuri arrivi di richiedenti asilo.

Penso che anche questa sia tortura e sento la colpevolezza per non poter fare molto per poterli aiutare ed accogliere.

Ieri a Fiumicello è stata anche ricordata la vicenda della, nave St. Louis che salpò dalla Germania nel 1939 carica di profughi ebrei che cercavano di mettersi in salvo dal nazismo. Fu respinta da numerosi porti da questa e da quella sponda dell’Atlantico e fu costretta a fare ritorno in Europa. Molti di loro non si salvarono dall’Olocausto!

“Ribellione” sindaci al “Decreto insicurezza”: qualche riflessione

La “ribellione” di Sindaci al “decreto insicurezza” di Salvini conferma come l’approccio esclusivamente ideologico con il quale il governo nazionale (e anche quello regionale) affrontano il tema dell’immigrazione sia sbagliato non solo sul piano etico, ma anche su quello pratico. Decidere senza un dibattito, senza coinvolgere gli operatori sul territorio, preoccupandosi più del marketing elettorale che delle conseguenze delle proprie scelte è altamente nocivo e questo emerge giorno dopo giorno. Basti pensare al tema della residenza, necessaria soprattutto per quella “sicurezza” costantemente rivendicata, dato che significa essenzialmente sapere “chi vive dove e facendo cosa”: gettare la gente nell’ombra, rendere irregolari i regolari è solo un enorme favore al mondo perverso del caporalato e della malavita, cosa della quale molti sindaci sono ben consapevoli e preoccupati.
E’ per questa ragione che mi auguro che la Corte Costituzionale si pronunci quanto prima sugli aspetti più controversi del decreto, non solo nell’interesse del decoro giuridico del Paese ma anche dell’ordinato governo delle nostre città e dei nostri territori.

Relazione Honsell su nota di aggiornamento al DEFR 2019

Questo DEFR è un documento magmatico di quasi 250 pagine che descrive in modo piuttosto generico, il proseguimento di azioni, spesso condivisibili nella vaghezza del lessico ricco di keywords, ma drammaticamente carenti rispetto alle problematiche urgenti che il FVG dovrà affrontare nel prossimo triennio.

Colpisce il fatto che il documento non offra nulla quanto a visione, a motivazioni, a programmazione effettiva. A noi di OPEN-Sinistra FVG lascia il dubbio che non ci sia una vera consapevolezza delle problematiche in gioco, e quindi un piano di azione per governarle, ma si mantenga essenzialmente quanto era già presente nella versione precedente della Nota di Aggiornamento e poi si navighi a vista, senza idee chiare per il futuro. Il documento non aggiunge nulla di più preciso a quanto la Giunta ci ha abituati a sentire usando il registro del “futuro”.

Questo DEFR è dunque un documento passivo e statico, di ordinaria amministrazione. Almeno fosse un documento di manutenzione! Il verbo più ricorrente, anche se non ho condotto un’analisi lessicale quantitativa, è “proseguiremo”, ma il perché e il quando non è mai discusso.

Non vi è dubbio che un plauso vada fatto agli uffici che con diligenza hanno cercato di descrivere, a grandi linee e in modo abbastanza completo, molte attività in essere. Ma nel DEFR manca assolutamente la parte politica di motivazioni dalle quale queste linee di sviluppo dovrebbero discendere. Questo DEFR poi non presenta nulla di specifico al triennio in questione. Non vi si trova nulla all’altezza della retorica del Grande Cambiamento condotta in campagna elettorale dalla coalizione oggi al governo, la retorica che descriveva la nostra Regione come un territorio in pezzi, da riaggiustare da cima a fondo.

È dunque molto difficile immaginare che questo documento possa avere alcunché di vincolante e che quindi possa essere di fatto riaperto e consultato da chicchessia prima del suo prossimo aggiornamento. Mi chiedo se sia questo il senso di un DEFR?

Analizzerò adesso alcune missioni, offrendo qualche modesta proposta.

Missione 4 “Istruzione e diritto allo studio”. Manca totalmente la consapevolezza che su questo punto si gioca il futuro della regione e su di esso si vince la sfida dell’equità e del lavoro come diritto. La parte sull’orientamento si poteva scrivere così 30 anni fa, quando il concetto venne introdotto. L’Edilizia Scolastica, che sembra prevedere poco più di 6 milioni in 3 anni, e l’accensione di mutui in un non ben precisato futuro, non parla di collegamenti digitali, e certamente non definisce criteri di dimensionamento. Fa sorridere per il suo ingenuo provincialismo la menzione dell’accordo con l’MIT di Boston, a fronte dell’assenza di qualsiasi strategia per promuovere l’inserimento dei nostri ricercatori nelle, ben più prossime, reti europee della ricerca.

Missione 6 “Politiche giovanili, sport e tempo libero”. Manca totalmente l’attenzione alla promozione di stili di vita sani e attivi. Questi sono il primo gradino della prevenzione sanitaria. Come più volte sottolineato non si prevede un sostegno attivo allo sport di cittadinanza, inteso come diritto, soprattutto in una fase di crisi economica che vede spesso le famiglie rinunciare all’attività sportiva dei figli, come prima misura di contenimento delle spese. Andrebbe replicato su scala regionale il progetto “F.A.R. Sport oltre la crisi” sviluppato dal Comune di Udine negli ultimi 4 anni, ma per conoscere questo progetto così come molte delle buone pratiche attivate in regione e fuori regione negli anni sarebbe necessaria maggiore umiltà e attenzione.

Missione 9 “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente”. La parte sullo sviluppo sostenibile è imbarazzante quanto a modestia, genericità e lontananza dal dibattito europeo e mondiale sul tema, del quale non vi è alcuna eco. Manca assolutamente una visione oltre il 2020. Non c’è allineamento con i 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’ONU. Appare scarsa la consapevolezza della reale portata delle problematiche. Mancano azioni volte a migliorare la qualità dell’acqua e dell’aria. Ma spicca per la sua assenza qualsiasi riferimento al clima e alla mitigazione, contrasto e adattamento ai mutamenti climatici. In ogni Commissione ho sostenuto il ruolo degli enti locali nel gestire queste problematiche e la necessità di far sviluppare un PAESC (Piano attuativo per l’energia sostenibile e gli adattamenti climatici) in linea con le azioni virtuose europee del Covenant of Mayors for Energy and Climate Change, ad ogni ente locale, coordinandolo con la strategia globale delle Regione. Purtroppo nulla è pianificato al momento. Non vi è nessun riferimento alla certificazione EMAS, che è uno strumento fondamentale per la gestione attenta alla sicurezza e sostenibilità. Alcuni Comuni come quello di Udine sono già certificati.

Missione 10 “Trasporto e diritto alla mobilità”. Non c’è visione, soprattutto post 2020 per un trasporto pubblico sostenibile di metropolitane leggere, che renda sempre meno essenziale l’uso dell’autoveicolo privato negli spostamenti urbani e interurbani. Mancano analisi quantitative volte a ridurre il traffico parassita e passivo. Non si fa riferimento a quando abbandonare la miope pratica della benzina agevolata per favorire carburanti alternativi. Queste mancanze sono però compensate dall’attenzione dedicata invece alla linea tramviaria Trieste-Opicina (anche se il suo ripristino sembra più questione da trattare a livello comunale) ma nemmeno su questo tema c’è una previsione precisa!

Missione 12 “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia”. I pochi miseri paragrafi sulle problematiche dell’inclusione degli immigrati e dei richiedenti asilo, che in campagna elettorale e nei primi mesi di amministrazione erano così centrali, indica che questa Giunta ritiene di aver fatto scomparire i migranti per Legge, in piena continuità con un approccio al tema rancoroso e ideologico seguito in questi mesi, che sembra del tutto inutile a affrontare soluzioni.

Missione 13 “Tutela della Salute”. La trattazione è ampia e dettagliata, perché è assolutamente in continuità con il passato (a meno della governance), soprattutto circa la prevenzione e per le cure primarie. Ma maggiore attenzione andrebbe posta sulla medicina di iniziativa e sul raccordo della medicina di base. Attenzione andrebbe posta anche sul tema del benessere mentale e relazionale dei cittadini e sul contrasto alla solitudine. La sicurezza in casa andrebbe declinata in questa missione, intendendola come sforzo a ridurre gli incidenti domestici, più che nella missione sull’ordine pubblico, favorendo l’ipertrofia dei sistemi di video sorveglianza.

Missione 14 “Sviluppo economico e competitività”. Ci sono pochissime idee nuove in questo settore nevralgico che ne avrebbe bisogno urgente. Non sembra centrale la promozione dell’innovazione. Assolutamente vago appare il riferimento alle infrastrutture digitali di rete sia quanto a tempi, sia ai soggetti che dovrebbero avere la responsabilità di realizzarle.

Missione 15 “Politiche per il lavoro e la formazione professionale”. Il quadro è ampio, ma propone misure per curare i sintomi delle problematiche, piuttosto che offrire nuove misure strutturali per risolverle. Mancano azioni nuove e forti volte all’inclusione degli scoraggiati, degli inattivi e degli espulsi e un effettivo orientamento strategico verso le attività lavorative di cui c’è realmente bisogno in modo che tali categorie di potenziali lavoratori scompaiano.

Missione 17 “Energia e diversificazione delle fonti energetiche”. Inquietante e cospicuo per la sua assenza il riferimento ai mutamenti climatici e alle politiche attive per l’energia sostenibile, per il PAESC per le Smart Grids, e per l’abbattimento delle emissioni.

Missione 18 “Relazione con le altre autonomie territoriali e locali”. L’azzeramento delle UTI lascia un grave vuoto nella pianificazione di area vasta e nella governance multilivello, cosa si propone in alternativa? Un misero paragrafetto su un possibile futuro organismo intermedio. Nessuna analisi profonda è sviluppata, né che giustifichi la cancellazione delle UTI, né che definisca le caratteristiche che il nuovo ente avrà rispetto alla problematiche delle UTI. Manca altresì qualsiasi ragionamento sul Comparto Unico.

In conclusione la valutazione su questo Documento è totalmente negativa. Sembra sia stato scritto più per assolvere un adempimento, con il solo obiettivo del raggiungimento di un cospicuo numero di pagine. È molto generico e privo di qualsiasi autentiche analisi quantitative che permettano di delineare strategie nuove ed efficaci per affrontare e governare le difficili problematiche che la Regione FVG dovrà affrontare per mantenere l’alto livello di qualità della vita che le precedenti amministrazioni hanno lasciato in eredità a quella attuale.

Il FVG potrebbe giocare a livello nazionale ed europeo il ruolo di laboratorio e di modello di buone pratiche ambientali e sociali, ne ha il giusto livello dimensionale, socioeconomico e strutturale, ma con questa prospettiva triennale all’orizzonte c’è il regresso.

Scarica qui il documento “Nota di aggiornamento al DEFR”