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In ricordo di Elvio Ruffino

Cittadine e cittadini antifascisti,

Elvio Ruffino ci ha lasciati… e ci sentiamo tutti più soli.

Ai figli Luca e Matteo, alla moglie Dania, alla sorella Silvana vanno le nostre condoglianze più sincere, il nostro affetto, la nostra vicinanza, ma sin da quando si è sparsa la terribile notizia alcuni giorni fa, abbiamo sentito il bisogno di scambiarci tutti, reciprocamente, le condoglianze, perché Elvio oltre che dei suoi familiari, lo sentivamo anche un po’ di tutti noi.

Ringrazio la famiglia di Elvio per avermi dato il privilegio di condividere oggi in questo luogo così ricco di significato, la memoria e gli insegnamenti di questo grande uomo. Sono certo che altri avrebbero voluto e certamente potuto farlo meglio di me. E ringrazio tutti coloro che hanno voluto condividere un ricordo di Elvio con me, perché oggi me ne rendessi interprete. Spero di esserne all’altezza.

Inizierò ponendo una domanda: come mai proprio Elvio Ruffino, così schivo nel cercare riconoscimenti o allori personali, così generoso e pronto a mettersi a disposizione nel modo più semplice, anche in quelle fasi difficili della vita quando finisce un’esperienza di vertice, perché proprio Elvio che era l’antitesi di questa nostra sciagurata stagione politica devastata dai personalismi, e dai protagonismi , come mai proprio Elvio era tra noi la persona datata del carisma più forte, della maggiore autorevolezza, colui che con un sottointeso, con un non-detto, con uno sguardo, sapeva dare significato e indirizzo a ciascuno di noi?

La risposta la sappiamo, anche se non l’abbiamo mai dichiarata. Elvio Ruffino era una vera guida politica proprio perché non cercava di esserlo, semplicemente lo era, perché ogni sua azione era autenticamente politica, frutto di ragionamento politico. Elvio agiva con un rigore assoluto, sempre accompagnato da un pizzico di ironia, nell’interesse di quello spirito collettivo, di quel “noi” che si riconosce in un’idea, in un’ideale.

La forza dei suoi ideali, che affondavano le radici nella Resistenza era di acciaio e con il passare del tempo erano diventati ancora più inossidabili. Valori antifascisti di libertà, di rispetto, di solidarietà, di tolleranza, di inclusione e con essi la condanna e il rifiuto di qualsiasi discriminazione, disparità, disuguaglianza. La sua vita è stata dedicata a vivere e ad attuare politicamente l’eredità civile della Resistenza. Ed Elvio Ruffino sapeva bene che questi valori potevano consolidarsi solamente su una collettività, sul popolo.

“Un politico si misura dalla sua coerenza” ribadì più volte. Con ciò non intendeva certo quanto superficialmente alcuni hanno detto di lui in questi giorni, che fosse uomo legato ad un passato che non c’è più. La coerenza di cui parlava era onestà intellettuale quella di chi ha posti a fondamento della propria vita i valori della sinistra, i valori democratici, i valori di lealtà verso la propria comunità. Anzi, il suo concetto di coerenza si esplicitava proprio nella capacità di leggere gli avvenimenti, di cogliere i cambiamenti del presente alla strenua ricerca del senso delle cose. Elvio non ha mai smesso di interrogarsi fino in fondo su ciò che stava accadendo, e su come agire politicamente perché i valori della Resistenza e della Costituzione si potessero concretare davvero.

Non uomo chiuso, uomo del passato, ma uomo aperto, del presente, che guarda lontano, fu Elvio Ruffino. Uomo sempre calato nel presente di cui essere attento osservatore per poi essere autentico attore. Mai passivo, mai indifferente, anche alle vicende più piccole di chi gli stava intorno. Mi hanno avvicinato in molti oggi per ricordarmi tanti episodi di generosità di Elvio e della sua famiglia. Nelle cose grandi quali l’affidamento per numerosi anni di giovani ragazzi che poi fecero studiare, come in quelle più piccole quali convincere qualcuno ad adottare un randagio. Elvio era sempre impegnato nel volontariato e in particolare con gli Amici della Terra.

Ricordo le sue ultime azioni politiche di ampio respiro, di cui ci ha fatto dono, quasi fossero i suoi testamenti spirituali. Probabilmente già malato si adoperò per due libri: il diario di Mario Lizzero, un suo maestro, che disse “è meglio sbagliare insieme che avere ragione da soli” e Civiltà e Barbarie, dove pose a confronto i più alti contributi all’affermazione della dignità umana e del progresso civile espressi dal secolo breve alle più atroci pagine della barbarie fascista e nazista. Così scrive Elvio riferendosi alla Resistenza “si sentì il bisogno non solo di armarsi per resistere e vincere, ma di elaborare una piattaforma civile e politica che contenesse un’idea diversa di organizzazione del mondo, della convivenza fra i popoli, della tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della dignità umana. La seconda guerra mondiale fu una grande lotta di liberazione”.

Era irraggiungibile la naturalezza con la quale Elvio Ruffino sapeva comunicare i suoi ideali a tutti. Parlava con la stessa semplicità e chiarezza, ma anche con drammatica efficacia, sia più giovani nelle scuole, come ai politici più esperti. Ricordo alcuni suoi interventi al monumento ai Partigiani a Cussignacco alla fine della recitazione che i bambini avevano preparato per il 25 aprile. Faceva loro capire il senso della libertà di cui oggi possono godere proprio attraverso la gioia di poterla condividere insieme. Lo ricordo geniale nella sua capacità di trovare le modalità più dirette per stigmatizzare la degenerazione della nostra società, come in quella ricorrenza presso le mura esterne del Cimitero di Udine quando Elvio espresse tutto la sua indignata condanna per l’offesa al tricolore del quale uno xenofobo si era cinto dopo aver compiuto il suo crimine razzista, e che le forze dell’ordine non gli avevano immediatamente tolto lasciando che tutti i media lo ritraessero con la bandiera, creando così un nesso identità di patria-razzismo. Elvio aveva immediatamente smontato l’inganno, e ci aveva fatto immediatamente riconoscere il rischio di quelle immagini. In quelle poche parole, non certo retoriche ma di straordinaria efficacia, ci aveva fatto capire i gravi pericoli a cui sfuggire. Lui uomo certamente non esperto di nuovi media ma consapevole dei nuovi meccanismi della manipolazione e della propaganda occulta.

E voglio, infine, ricordare quell’altro grande lascito collettivo che è stata l’organizzazione della prima Festa della Costituzione lo scorso 2 giugno.

Devo moltissimo del mio impegno politico antifascista all’On. Elvio Ruffino, come penso gliene dobbiamo tutti noi. Elvio aveva la capacità di comprenderci tutti nella nostra individualità e peculiarità, con eccezionale altruismo e sensibilità. Anche se sapeva essere duro, non lo faceva mai con violenza, quella durezza era solamente l’espressione della forza del suo convincimento. Un suo bonario commento poi aveva, invece, per la sua autorevolezza un valore di incoraggiamento ben più grande di qualsiasi successo, perché era sempre uno sprone per continuare ad agire. Ci duole molto sapere che non potremo più ascoltarlo.

Elvio Ruffino è stato un uomo che ha saputo farsi guida quando percepiva che il popolo ne aveva bisogno perché capiva ciò di cui aveva bisogno. Come nel 2008, all’epoca del liberismo imperante, quando ideò la Festa della Liberazione, il pomeriggio del 25 aprile dopo la manifestazione, che oggi è diventata una tradizione determinante per il popolo antifascista di Udine. Momento autentico di conviviale e creativa celebrazione di gioia per la Liberazione. Ogni anno cresce di più nelle adesioni, nelle iniziative, perché risponde ad un bisogno di impegno. Anche qui il rigore degli ideali, la consapevolezza dell’alto debito verso tutti i caduti e gli eroi della Resistenza erano da lui coniugati alla gioia di poterli vivere insieme con le nostre famiglie, allargate.

Come Italo Calvino, Elvio sapeva coniugare la fermezza della coerenza alla leggerezza. Forse l’una non può esserci infatti senza l’altra. Al citius altius fortius fascista sapeva opporre l’antifascista lentius, profundius, suavius del popolo, che però sa riscuotersi e risollevarsi e lottare per la propria Liberazione. Ed Elvio ha lottato tutta la Sua vita per il progresso dei popoli e del popolo, per la loro emancipazione.

DI Elvio si potrebbe parlare molto a lungo: del suo impegno da parlamentare, di come raccolse il testimone da Arnaldo Baraccetti e Silvana Schiavi Facchin, dal segno che lasciò come Presidente del consiglio Comunale di Udine, di Presidente Regionale dell’ANPI. Furono ruoli che interpretò in modo perfetto, esemplare.  Sempre senza arrogante pesantezza, ma con intelligente e delicata autorevolezza perché nel più profondo era convinto che la forza penetrante della verità è maggiore di qualunque imposizione drastica e che la verità alla lunga non può non venir riconosciuta.

Ricordo un incontro a Gattatico all’Istituto Cervi insieme a Elvio e durante il viaggio di ritorno a Udine la condivisione e la gioia dell’impegno politico e antifascista. Elvio fu capace di cogliere da quel luogo di tragedia e del più alto sacrificio, un messaggio, uno slancio straordinariamente positivo, quasi ottimistico. Era un po’ come se si fosse portato via anche un pezzetto del “mappamondo” dei fratelli Cervi, quel grande oggetto di conoscenza che i fratelli scelsero di acquistare insieme al loro primo trattore per soddisfare la loro curiosità del mondo, quella voglia di progresso gioioso che accompagna la marcia collettiva verso un futuro migliore per l’umanità. Ragionammo anche a lungo sulle scelte difficili che di lì a poco ciascuno di noi avrebbe dovuto fare, con coraggio e coerenza, senza seguire onde o maree, sempre pensando con la propria testa, guardando lontano.

Dobbiamo tutti essere orgogliosi che Elvio Ruffino sia stato il nostro maestro di antifascismo. Autentico interprete dei valori della Resistenza che pur non aveva vissuto direttamente. Fu partigiano dei partigiani, come ieri, a Saciletto di Ruda, la Presidente dell’ANPI, Carla Nespolo, ha definito l’antifascismo di chi non è stato partigiano. Ruolo ancora più difficile oggi che nel passato, in questo tempo così stupidamente superficiale, così spregevolmente incapace di costruire, ma solamente di sfasciare decenni di impegno politico collettivo e di civiltà.

Voglio concludere questa commemorazione assolutamente inadeguata di una personalità così attenta agli altri, così generosa e altruista, ricordando quanto Elvio disse in occasione dell’ultima volta nella quale prese la parola alla cerimonia presso le carceri di Udine per onorare i 29 partigiani trucidati nell’aprile del 1945. Condivise con noi tutti una vicenda, anche personale, che manifestò la sua sconfinata umanità, ma che ci fece anche intravedere il punto di appoggio di quell’alto senso di coerente riflessione politica che informò tutta la sua vita. Condivise infatti un ricordo del padre ovvero l’emozione dolorosa e la fermezza eroica della decisione presa dalla segreteria politica del Partito Comunista di Udine, alla quale apparteneva suo padre, in quell’aprile del 1945 quando comunicò in carcere ai comandanti “Tribuno” Mario Modotti e “Guerra” Mario Foschiani, condannati a morte, che non dovevano chiedere la grazia. Così riporta infatti la lettera che egli commentò:

“Comprendiamo che è duro morire perché ognuno di noi ama la vita. Comprendiamo che non è facile morire nella tortura morale a cui sottopone il barbaro nazismo e i suoi sgherri schifosi. Comprendiamo tutto questo ma vi diciamo: incoraggiate i deboli, insegnate loro come si deve morire. Un compagno che muore da eroe non è mai perduto per la grande causa, un compagno che crolla di fronte alla morte, muore due volte. A dei compagni che da venti giorni attendono il plotone di esecuzione è duro dire queste parole. È duro ma vi devono aiutare ad essere forti. Dite ai compagni di non fare domanda di grazia. Voi siete dei patrioti, siete dei soldati. Esigete un trattamento da soldati fatti prigionieri. Noi non disperiamo ancora di potervi salvare. Ma non dovete chiedere nessuna grazia.”

Elvio condivise con noi tutti, ammutoliti, il sentimento che serpeggiò in quella riunione della segreteria politica, che lui aveva appreso dal racconto del padre. “Allora quella era l’etica, ci disse Elvio, quella era la forza degli ideali, quello era il modo di vivere la Lotta di Liberazione, come lotta di combattenti per la libertà dei popoli, per la democrazia: l’individualità di ognuno di fronte a quel compito non scompariva come superficialmente poteva sembrare, ma anzi ne veniva esaltata.” E i prigionieri si rassegnarono e accettarono con coraggio, anche se quella era l’ultima flebile speranza. Sarebbe stato un tradimento cedere alla debolezza dell’individualità di fronte all’ideale di una collettività che è la sola a dare senso e significato alla vita di tutti noi.

E questo ideale carissimo Elvio tu hai saputo reinterpretarlo e comunicarlo tutta la tua vita, questo è stato sempre il tuo messaggio, un messaggio quasi inarrivabile per la maggior parte di noi. Il tuo stesso trascurare la malattia che ti ha strappato a noi, nasceva dal senso del dovere che ti fece partecipare seppur con il bastone, sul quale facevi dell’ironia, faticosamente alla commemorazione delle vittime innocenti in occasione dell’anniversario della promulgazione delle leggi razziali e ai tanti altri incontri di quest’ultimo autunno. Sono questi gli  esempi di come tu sia sempre stato un partigiano combattente che ha posto la sua individualità, la sua persona dopo, all’ultimo posto rispetto ai tuoi doveri di militanza politica antifascista.

Elvio, partigiano dei partigiani combattenti della lotta di Liberazione, eroe, proprio perché sapevi che non ci sono eroi, ma c’è solamente un unico eroe il popolo unito, che dobbiamo servire con abnegazione pena la perdita di significato della nostra stessa vita individuale.

Il ricordo del tuo esempio Elvio Ruffino possa rimanere sempre vivido e si possa noi essere sempre degni di poterne trarre ispirazione.

Viva il Partigiano Elvio Ruffino.

Viva la Resistenza.

Linee di indirizzo alla Commissione Paritetica Stato-Regioni

Nelle linee di indirizzo alla Commissione Paritetica Stato-Regione, sottoscritto da tutti i capigruppo da tutto il Consiglio, Open-Sinistra FVG è riuscita a far riconoscere nelle premesse l’urgenza di affrontare le problematiche ambientali e climatiche nonché a sottolineare il ruolo di “Regione Laboratorio” che il FVG può svolgere a livello nazionale, data la sua piccola ma significativa dimensione, la sua diversità di ambiti ecologici e socio-economici, e soprattutto il suo potenziale di ricerca e innovazione.

Oltre a spronare la Commissione a concretare tutte le potenzialità della specialità e dell’autonomia per quanto riguarda gli ambiti demaniali, fiscali, economici e relativi ai rapporti internazionali Open-Snistra FVG si è però adoperata ad arginare velleitari progetti di regionalizzazione della scuola e dell’università.

Relazione Honsell su Ddl 40

Dopo aver sfasciato le UTI, questa Giunta e questa Maggioranza rinunciano ancora una volta ad affrontare il tema importantissimo di una riforma organica degli Enti Locali ma, in modo improvvisato, o forse opportunistico, intervengono invece su un aspetto puntuale. E, in zona Cesarini rispetto alle prossime elezioni, propongono questa pseudo-legge, “pseudo” in quanto, moralmente, non hanno certo dignità di legge questi 5 articolini. Una pseudo-legge simil-omnibus che rimuove il divieto al terzo mandato consecutivo ai Sindaci dei comuni con meno di 2000 abitanti!? Con quale giustificazione? La “crisi di vocazioni” a Sindaco. Quindi ad oltre 50 comuni in FVG, che andranno al voto in maggio, vengono sparigliate le carte.

Open-Sinistra FVG ritiene che non sia questo il modo di intervenire sulla figura apicale dei Comuni, il Sindaco, e tanto meno si possa attraverso questo espediente compensare la scarsità di vocazioni.

Così non si rispetta lo spirito degli eredi di quel Comune Rustico, che il Carducci immortalò nelle sue Rime:

Non paure di morti ed in congreghe
Diavoli goffi con bizzarre streghe,
Ma del comun la rustica virtù.

A nostro avviso la figura del Sindaco è fondamentale per quella tradizione civile ancora così viva nei Comuni.

Ma le donne piangenti sotto i veli
Invocavan la madre alma de’ cieli.
Con la man tesa il console seguiva:

“Questo, al nome di Cristo e di Maria,
Ordino e voglio che nel popol sia”.
A man levata il popol dicea, “Sì”.
E le rosse giovenche di su ‘l prato
Vedean passare il piccolo senato,
Brillando su gli abeti il mezzodì.

Le vocazioni a sindaco-console si possono incrementare solamente valorizzandone la figura, non stuzzicando la sua vanagloria!

Oggi fare il Sindaco di un piccolo Comune, erede del Comune Rustico, significa assumersi responsabilità enormi svolgendo compiti amministrativi con indennità minime, significativamente inferiori al costo di un funzionario.  Non è possibile valorizzare questa figura senza incrementare le indennità dei Sindaci e togliere ridicole limitazioni come l’incandidabilità ad altri ruoli. Intendiamo proporre un ordine del giorno, in questo senso, infatti. Togliere il limite ai mandati non è certo un tabù, sono moltissimi gli Stati europei nei quali questo limite non c’è, ma questa Maggioranza non può ritenere che cittadini volonterosi possano continuare a togliere le castagne dal fuoco nella gestione dei Comuni. In FVG sono 55% i Comuni con meno di 2000 abitanti e 65% quelli con meno di 3000 abitanti. Se questa Maggioranza vuole continuare a mantenerli totalmente indipendenti dopo la soppressione delle UTI, deve per lo meno immaginare di assumere più personale e investire più denaro nel loro funzionamento. Non può pretendere che i cittadini migliori si prestino a colmare il deficit di risorse attraverso una forma di volontariato chiamato Sindaco.

Ancora una volta però, la Maggioranza si dimostra strabica. Non è il numero di mandati di un Sindaco il problema, ma la mancanza di un progetto degli Enti Locali. Oltre 200 Enti Locali per una Regione di meno di 1,2 milioni di abitanti sono troppi, se si intende mantenerli con il grado di scoordinamento attuale. I primi a fare le spese di questa frammentazione sono i cittadini e le imprese, che non possono avere servizi uniformi e di qualità. Le UTI dovevano essere migliorate, non cancellate! Continuare a pensare che dei Sindaci-Figaro- tuttofare-h24 possano essere un modello percorribile non farà mai entrare la nostra Regione nel XXI secolo. 

Questa Legge contiene anche tutta una serie di micro-modifiche non sostanziali a leggi precedenti oppure correzioni di “meri errori materiali” suggeriti dalla Ragioneria. Nel corso del dibattito in Commissione la maggioranza ha cercato di introdurre ulteriori articoli, giudicati però non conferenti. Su cosa? Ma ovviamente sulla sua fissazione: la sicurezza. Questa volta declinata nella possibilità di dare il comando della Polizia Locale ad una figura che provenga da altri Corpi di Polizia. Dimostra così la propria intenzione di rendere questo ruolo, che tradizionalmente rappresentava un riferimento civile di quartiere e il garante del rispetto dei regolamenti comunali, in una nuova tipologia di operatore di quell’ordine pubblico che si ritiene messo in grave pericolo! Immagino già di vedere i post su Facebook che ritraggono il vicepremier a petto gonfio, con la divisa e il cappello da vigile!

Per fortuna sono stati stralciati anche i commi dell’Art. 4, che consolidavano una visione dirigistica dell’innovazione, che da oltre vent’anni viene ovunque riconosciuta come sbagliata. Ancora una volta infatti veniva confermata la delega dell’innovazione ad un unico soggetto, certamente di grande prestigio internazionale, ma eccentrico rispetto alla Regione. L’innovazione è un processo che si innesca solamente valorizzando esperienze capillari, certamente non con la bacchetta magica di un mago-demiurgo!

Infine, OPEN-Sinistra FVG vuole denunciare la prepotenza procedurale che ha caratterizzato questo provvedimento di legge, che è stato: illustrato, emendato e forzato ad essere approvato due giorni prima della discussione in aula, senza audizioni! Non è nuovo questo modo di legiferare che, oltre ad essere poco rispettoso, non assicura un percorso ponderato. Il titolo stesso di questo DDL dimostra infatti una metodologia legislativa che già in passato avevamo stigmatizzato, una metodologia che procede in modo caotico, parassitario e corrosivo su impianti legislativi preesistenti, invece di proporre un quadro organico.

Drammaticamente, continua a mancare a questa maggioranza, abile nello sfruttare opportunismi puntuali, qualunque strategia di ampio respiro! 

SCARICA QUI L’ULTIMA VERSIONE DEL DDL 40 IN DISCUSSIONE

Necessità di mobilitazione affinché si valutino a fondo gli effetti e si modifichi di conseguenza il Decreto Sicurezza

VISTO il Decreto Legge 4 ottobre 2018, n. 113 recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” detto anche “Decreto Sicurezza” che contiene disposizioni urgenti in materia di rilascio di permessi temporanei per esigenze di carattere umanitario nonché in materia di protezione internazionale, di immigrazione e di cittadinanza.

PREMESSO che il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità il Decreto Legge 4 ottobre 2018, n. 113 su immigrazione e sicurezza, approvato in seguito nelle opportune sedi parlamentari col voto favorevole dei senatori del Movimento 5 Stelle e della Lega.

RICORDATO che:
– il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 4 ottobre ha firmato il decreto con preciso richiamo: “Avverto l’obbligo di sottolineare che, in materia, restano fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se espressamente richiamati nel testo normativo, e in particolare, quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia”;
– che la VI commissione del Consiglio superiore della Magistratura ha espresso un parere di incostituzionalità per la parte del Decreto che si occupa di migranti e richiedenti asilo.

CONSIDERATO che:
– il dato relativo ai migranti sbarcati è stato nel 2016 di 144.574, nel 2017 di 108.538 e nel 2018 (al 12 ottobre) di 21.426, confermando un trend in calo che dunque non evidenzia la necessità di misure straordinarie;
– nella Relazione sul funzionamento del Sistema di Accoglienza presentata alla Camera dei Deputati lo scorso 14 agosto il Ministro dell’Interno Matteo Salvini definiva il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) “un ponte necessario all’inclusione”;
– il decreto suddetto trasforma l’accoglienza nelle reti SPRAR (l’unico strumento di accoglienza che coinvolge le amministrazioni locali), prevedendola solamente per i titolari di protezione internazionale e per i minori non accompagnati e questa scelta indirizza il sistema di 2 accoglienza verso i grandi centri (CARA, CAS), sovradimensionati e spesso relegati in luoghi isolati, sfavorendo quel processo d’inclusione sociale che dovrebbe essere elemento portante di una strategia di integrazione che vada a vantaggio sia dei richiedenti asilo che delle comunità ospitanti; – la prima disposizione del Decreto prevede l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e disciplina casi speciali di permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario. Il presente articolo, apportando modifiche al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, prevede l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, valevole per due anni e convertibile in lavoro;
– l’impossibilità per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe prevista dal Decreto Sicurezza impedisce loro di accedere a servizi basilari come la sanità, creando oggettivamente un rischio per la salute pubblica; e che, inoltre, l’esclusione dal registro anagrafico, impedendo l’accesso alla residenza e il rilascio della carta d’identità, esclude la possibilità di essere beneficiari di un contratto di lavoro, favorendo l’emersione del lavoro nero e dell’illegalità in generale che genera problemi di pubblica sicurezza all’interno delle comunità;
– i minori stranieri non accompagnati rischiano, al compimento del 18° anno di età, di uscire dai percorsi di accoglienza e di finire in strada o, alternativamente, di richiedere il prosieguo amministrativo con rette a totale carico del comune, fino al compimento del 21° anno di età;
– l’ANCI (Associazione Nazione Comuni Italiani) ha stimato in 280 milioni di Euro i costi amministrativi conseguenza diretta del decreto sicurezza che ricadranno su Servizi Sociali e Sanitari territoriali e dei Comuni, per l’assistenza ai soggetti vulnerabili, oggi a carico del sistema nazionale;

CONSIDERATO che il Decreto Legge in oggetto:
– elimina la possibilità per le commissioni territoriali e per il Questore di valutare la sussistenza dei gravi motivi di carattere umanitario e dei seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano, abrogando, di fatto, l’istituto del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari e introducendo una tipizzazione delle tipologie di tutela complementare; – estende il periodo massimo di trattenimento dello straniero nei centri di permanenza per rimpatrio da 90 a 180 giorni;
– elimina gli sportelli comunali che forniscono attività informative, di supporto e di assistenza agli stranieri che intendano accedere ai programmi di rimpatrio volontario assistito; – indirizza l’accoglienza verso centri sovradimensionati, riservando l’accoglienza nel sistema SPRAR ai soli titolari di protezione e ai minori stranieri non accompagnati, escludendo di fatto i richiedenti asilo;
– esclude la possibilità ai detentori di permesso di soggiorno attraverso richiesta di asilo l’iscrizione all’anagrafe dei residenti; – estende la lista dei reati che comportano la revoca o il diniego della protezione internazionale e dello status di rifugiato;

RITENUTO che:
– abolire la protezione umanitaria e sostituirla con il permesso di soggiorno per motivi speciali aumenterà i contenziosi giudiziari, atteso che la disposizione che lo prevede contrasta con i principi di cui all’articolo 10 della Costituzione italiana, e accrescerà le presenze di irregolari sul territorio;
– vengano vanificati gli sforzi fatti da tutti quei Comuni d’Italia che, attuando nei propri territori la rete SPRAR, hanno fornito un notevole contributo per assicurare un’equa distribuzione sostenibile su tutto il territorio nazionale, evitando che fosse per lo più concentrato nelle grandi aree urbane;
– il trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo nei Centri di permanenza per il rimpatrio non può diventare di fatto la norma e non può andare oltre le esigenze della prima identificazione; e che, considerata l’oggettiva difficoltà di effettuare rimpatri volontari e l’assenza di ulteriori accordi con i paesi di origine, i richiedenti asilo trattenuti nei CPR, al termine dei 180 giorni, rimarrebbero in Italia senza avere diritti e questo potrebbe favorire marginalità estreme, disoccupazione e illegalità;
– l’estensione dell’elenco di reati che comportano la sospensione della domanda d’asilo e causano l’espulsione immediata, con l’inserimento tra gli altri di oltraggio a pubblico ufficiale, contrasti con il principio secondo cui ciascun individuo ha diritto a ricorrere in sede giurisdizionale contro un provvedimento giudiziario in ogni ordine e grado. La Carta costituzionale contempla infatti la “presunzione d’innocenza” fino al terzo grado di giudizio;
– viene leso il diritto dei richiedenti asilo effettivamente soggiornanti in un territorio ad essere iscritti all’anagrafe di un determinato comune (o municipalità);
– il decreto così come articolato, per la parte relativa alla nuova regolamentazione della condizione degli immigrati comporterà per gli amministratori locali notevoli disagi sia di ordine finanziario che in materia di sicurezza pubblica;

Tutto ciò premesso

impegna la Giunta regionale: 1) ad inviare la presente mozione alla Presidenza della Repubblica, al Governo, ai parlamentari del territorio, invitandoli a considerare gli esiti positivi dei percorsi avviati e ad analizzare con maggiore dettaglio l’impatto negativo del Decreto; 2) a richiedere al Governo di istituire un tavolo di concertazione con l’ANCI al fine di valutare la modifica della normativa in essere, tenuto conto delle ricadute concrete sulle realtà locali, in termini economici, sociali e rispetto alla sicurezza dei territori; 3) a chiedere al Ministro dell’Interno, al Governo nazionale e al Parlamento italiano, attraverso nuove misure di legge, di ampliare l’accoglienza SPRAR o istituire un nuovo sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, a controllo diretto delle Amministrazioni locali, in modo da garantire, con il prezioso supporto delle realtà del terzo settore, un utilizzo trasparente dei fondi ed interventi di “accoglienza integrata” che superino la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di formazione ed inserimento lavorativo e socio-economico; 4) a chiedere al Ministro dell’Interno, al Governo nazionale e al Parlamento italiano di presentare nuove misure di legge che contemplino la possibilità per tutti i Sindaci dei Comuni d’Italia, in quanto garanti dell’ordine e della sicurezza pubblica, di conoscere con certezza il numero dei richiedenti asilo effettivamente presenti sul proprio territorio, attraverso l’iscrizione all’anagrafe.