Propongo una certa idea di futuro diversa da quella verso la quale altrimenti stiamo marciando come sonnambuli.
È una certa idea di futuro impegnativa. Perché è sempre più difficile contrastare le disparità socio-economiche che negano pari opportunità e fanno crescere la povertà.
Perché è necessario invertire il processo di riscaldamento globale e mitigarne gli effetti. Perché l’economia del mondo è retta da logiche di mero profitto che schiacciano i diritti delle Persone e del Pianeta.
È una certa idea di futuro solidale, fondata su formazione e lavoro dignitosi per tutti, affinché ciascuno possa costruire un progetto di vita: un futuro che non pratica il linguaggio dell’odio, ma all’opposto quello dell’amore, dell’inclusione, della comprensione, della curiosità rispettosa, dell’innovazione consapevole, della difesa della biodiversità.
Perché il futuro o è per tutti oppure non è: è nostro dovere impegnarci per questa certa idea di futuro ed è anche la nostra unica speranza.
Sin dalle mie prime letture, risalenti a quasi mezzo secolo fa, del Cerchio da Chiudere di Barry Commoner (1972), che delineò per primo l’economia circolare e che, sulla fascetta esterna, poneva l’interrogativo “La crisi ambientale è davvero irreversibile?”, insieme al Rapporto Meadows sui limiti dello sviluppo, commissionato dal Club di Roma (1972), mi risultò chiaro che lo sfruttamento e il saccheggio indiscriminato della natura, da parte dell’uomo, avrebbero potuto innescare una nuova estinzione di massa la cui vittima sarebbe stata l’uomo stesso! Sin da allora mi sono adoperato, in tutti i ruoli gestionali e amministrativi ricoperti, a mettere in pratica i principi dell’ambientalismo riassunti nelle tre parole dell’indimenticato Bernard Langer: Lentius, suavius, profundius, con le quali parafrasava il solenne motto olimpico: Citius, Altius, Fortius.
La lotta di Liberazione ci ha consegnato un documento straordinario: la Costituzione della Repubblica Italiana. I suoi primi 12 articoli, ovvero i Principi Fondamentali, individuano in modo chiaro ed al tempo senso conciso i valori che ispirarono quella lotta e la Resistenza armata o civile al fascismo. Costituiscono il pilastro non solo della nostra Democrazia, ma esprimono anche i valori ideali a cui tendere in futuro: la sovranità del popolo; i diritti dell’uomo; la solidarietà politica, economica e sociale; la libertà, l’uguaglianza e il diritto alla piena espressione della propria personalità e alla partecipazione; il diritto al lavoro; l’unità nazionale nel rispetto delle autonomie; la tutela delle lingue; la laicità dello stato; la libertà di culto; la promozione della cultura e della ricerca, la tutela del paesaggio, dell’ambiente e della biodiversità; l’accoglienza dei richiedenti asilo; il ripudio della guerra e l’impegno per la pace.
La crisi energetica che stiamo vivendo avrà gravi conseguenze sociali ed economiche nel prossimo autunno. L’impennata del costo delle bollette elettriche e del gas sta portando alla chiusura temporanea di alcune linee produttive in molti impianti industriali, mette a rischio di chiusura decine di migliaia di aziende con la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, e sta condannando milioni di cittadini ad una pericolosa povertà energetica che metterà a rischio la loro salute.
Secondo l’ISTAT nel 2019 in Italia la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale era pari al 25,6%, ovvero oltre 15 milioni di persone. In FVG la percentuale scendeva a 13,8% ma il valore assoluto era comunque impressionante: oltre 160.000 persone a rischio. La situazione, dopo la pandemia, è peggiorata. Nel 2021, in Italia sono in povertà assoluta 1,9 milioni di famiglie, ovvero il 7,5% del totale (erano il 6,4% nel 2019) e sono circa 5,6 milioni le persone in povertà, il 9,4% del totale (erano il 7,7% nel 2019). I minori in povertà sono 1,4 milioni. Alla luce dei valori che sta raggiungendo nel 2022 l’inflazione, valori che non si vedevano in Italia da oltre 40 anni, tutte questi numeri sono destinati a crescere ulteriormente.
Questo è un tema ambivalente, perché ogni innovazione presenta dei vantaggi ma anche dei costi sociali e ambientali scatenando effetti rimbalzo spesso paradossali. Va dunque guidata con consapevolezza.
L’innovazione è certamente indispensabile per assicurare lo sviluppo in un quadro di risorse limitate. È alla base di qualsiasi efficientamento nella produzione (di tipo energetico, idrico, di materie prime) ma anche nel prodotto. Siamo gravemente in ritardo nella realizzazione di un’economia circolare e una sharing economy, ovvero nel chiudere quel cerchio che è l’unico modo per raggiungere la sostenibilità. Troppe materie preziose finiscono in discarica o vengono incenerite o esportate.
Le Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia 2022-2026, pubblicato dall’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) e Unioncamere sono paradossali: nei prossimi 5 anni non c’è livello occupazionale o professionale nel quale la domanda di lavoro non sarà quasi il doppio dell’offerta. Eppure i nostri tassi di occupazione sono bassi, con una quota di NEET inaccettabili – anche nella nostra Regione raggiunge il 16,2%. Vanno dunque avviate azioni mirate di formazione e istruzione, ma anche di riqualificazione retribuita. Le trasformazioni industriali che si prefigurano in questo quinquennio decisivo aggraveranno il tema della riqualificazione e non si può attendere le crisi aziendali per assicurare un futuro dignitoso ai lavoratori e alle lavoratrici.
Rispetto al divario di genere, l’Italia è ferma al 63° posto su 146 paesi, secondo il Global Gender Gap Index 2022 del World Economic Forum, ovvero il rapporto che misura il raggiungimento degli obiettivi di parità tra uomini e donne in diversi campi: la partecipazione economica, il livello di istruzione, la salute e la partecipazione politica.
In Italia, su dieci lavoratori le lavoratrici sono solo quattro. Nel 2021 il tasso di occupazione femminile (15-64 anni), infatti, è di 49,4% inferiore a quello maschile di 17,7 punti percentuali (67,2%). Il divario con il resto d’Europa è notevole: in Germania il tasso di occupazione femminile è 73,2% (79,1% tasso maschile), in Francia è 63,6% (68,7%). Il divario tra il tasso di occupazione maschile e femminile in presenza di un figlio in Italia, poi, cresce a 28,3 punti percentuali, la media UE è di 17,9%.
La legislazione italiana prevede un sistema sanitario universalistico, pubblico e accessibile, ma la logica dell’aziendalizzazione e degli utili di bilancio, che ormai orienta il sistema, sta progressivamente riducendone l’efficienza in termini di tempi di attesa, l’efficacia in termini di appropriatezza delle cure, e di distribuzione territoriale i termini di presidi di rete sulle 24 ore. Ciò è vero soprattutto in questa Regione, dove la spinta verso la privatizzazione, e il progressivo allungamento delle liste di attesa sta creando enormi disparità in salute.
Vi è un crescente divario tra l’Italia e la media UE rispetto agli indicatori statistici dell’istruzione: lauree 20% in Italia (32% UE), diplomati 62% in Italia (79% UE), uscite precoci dal sistema formazione-istruzione (abbandoni scolastici) 13,1% in Italia (9,9% UE). Se si disaggregano questi dati emerge un quadro ancora più inquietante, quello di un paese squilibrato. I valori sono drammaticamente peggiori nel Mezzogiorno o quando il livello di istruzione o di occupazione dei genitori è basso. Ridurre il divario rispetto all’UE di tutti questi indicatori statistici deve essere una delle principali priorità politiche. Ciò va fatto però evitando che si accresca ulteriormente la disparità educativa, pertanto vanno contrastate quelle azioni, come l’autonomia differenziata a favore delle regioni più ricche, che potrebbero creare ulteriori povertà e disuguaglianze.
La solidarietà autentica incomincia dal rifiutare con fermezza qualsiasi discorso d’odio e con l’articolare, invece, il discorso di amore, che purtroppo risuona ancora troppo poco in questo paese. Questo è il discorso che Dante rese immortale al verso 103 del canto V dell’Inferno “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. Questo è il discorso di Simone Weil ne La personne et le sacré: ”Dalla prima infanzia alla tomba, c’è in fondo al cuore di ogni essere umano, qualcosa che malgrado tutta l’esperienza dei crimini commessi, sofferti e testimoniati, si aspetta invincibilmente che gli si faccia del bene e non del male.”